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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

RedazioneRedazione
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Enogastronomia

Buono, Pulito e Giusto

La rassegna letteraria Resistere, organizzata dalla libreria Palazzo Roberti, ha portato in città Carlo Petrini fondatore del movimento Slow Food e il suo mondo Buono, Pulito e Giusto.

Pubblicato il 25-06-2016
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Brassaï. L’occhio di Parigi

Carlin Petrini, fondatore del movimento Slow Food, lo troviamo sul palco di Resistere, la rassegna letteraria organizzata dalla libreria Palazzo Roberti, nella splendida, quanto torrida, cornice del Castello degli Ezzelini.
Petrini è un fiume in piena, a poco servono i tentativi di intervento del moderatore Francesco Chiamulera, per placare l’esigenza di comunicare al mondo la sua voglia di un mondo buono, pulito e giusto. Questo il titolo del libro pubblicato dieci anni fa che esce con una nuova edizione con qualche piccolo aggiornamento, e che racchiude tutto il suo pensiero e quello di Slow Food.
Sarà un caso ma la parola Slow Food vicino ad Arcigola appare proprio nel 1986 quando a Roma apre il primo Mc Donald. L’ironia della sorte vuole che queste due identità così opposte, abbiano il loro giorno di nascita in comune. Ma, come dice Petrini, l’uomo è un impasto di bene e male che per forza di cose coesistono.

Francesco Chiamulera e Carlo Petrini

Si professa agnostico Petrini, ma si legge una malcelata spiritualità nelle sue parole, e la stima e il legame che lo lega a Papa Francesco rafforzano il significato deii suoi valori, costruiti nel tempo e che oggi sembrano non avere colore o religione ma far parte di un pensiero universale.
La prefazione dell’Enciclica di Papa Francesco, Laudato si’, è scritta proprio da Petrini, un non credente, che ritrova nel pensiero del Papa piemontese, delle assonanze a quello che è il suo modo di pensare e il suo legame con il creato.
Carlo Petrini racconta alcuni dei passi della sua vita e dello sviluppo del suo pensiero che, come spesso accade, era ritenuto quasi folle negli anni ottanta ed oggi diventa un’esigenza.
Quando ai tempi della fondazione di Slow Food Arcigola, si parlava di biodiveristà, di ecologia o di sostenibilità, il movimento sviluppava questi idee in controtendenza al proliferare del Mc Donalds, i Paninari, gli Yuppies in un mood basato sul consumismo sfrenato, Slow Food guardava alla salvaguarda della salute dei cittadini, del pianeta e delle economie che ruotano attorno ad esso. Oggi forse è più facile ma allora era quasi una rivoluzione.
In un mondo che vive quotidianamente di una pornografia enogastronomica, dove ad ogni ora del giorno c’è qualcuno che scalda una padella o fa ruotare un bicchiere, manca prima di tutto la consapevolezza delle regole economiche che rispettino le materie prime e gli uomini che le producono. Se un litro di latte viene pagato al produttore 28 centesimi, è evidente che un sistema di qualità non può stare in piedi e soprattutto non è dignitoso nei confronti di quel produttore che a quel punto deve sottostare a regole di maggior produzione a discapito di una qualità garantita.
Petrini porta l’esempio del Provolone del Monaco, prodotto con il latte della mucca Agerolese sul Vulture in Campania, formaggio che ha rischiato l’estinzione perché questa mucca autoctona che produce 15 litri di latte al giorno è stata sostituita con la Frisona Olandese molto più produttiva ma che non è in grado di produrre un formaggio come quello. Situazione a cui abbiamo assistito in Altopiano di Asiago o nel massiccio del Grappa con la sostituzione della Burlina (n.d.a.).
Prima di spettacolarizzare la gastronomia con Chef che urlano occorre fare un passo indietro, e capire come sia necessario il rispetto dell’uomo e del suo lavoro e del nostro pianeta. La qualità alimentare è un diritto di tutti, e quindi dobbiamo andare alla ricerca del buono non solo nei ristoranti stellati ma anche nei gesti più semplici nella quotidianità e nella tradizione dei piatti della nonna. Per quanto banale possa apparire questa affermazione, si sta perdendo troppo il ruolo della centralità della donna in cucina. Le donne hanno inventato i piatti più straordinari del pianeta eppure la figura mediatica che appare sempre è quella di un cuoco (Chef), maschio. Ma è la sapienza della donna alla base della cultura enogastronomica mondiale.
La donna, da sempre, riusciva a far tesoro delle poche risorse che la dispensa, l’orto o il bosco forniva per il sostentamento della famiglia. Questo evitava sprechi inutili, o meglio, la situazione di difficoltà, imponeva questo tipo di atteggiamento. Serve quindi una maggior presa di coscienza e un ridimensionamento del consumo del cibo quotidiano e del concetto di nutrizione.
Oggi spendiamo molto più per dimagrire che per ingrassare, cosa che per i nostri nonni , quindi poche generazioni più in la è assurdo, da folli. Siamo tutti caduti nella trappola del prezzo basso e delle grandi quantità. Il milione di celiaci in Italia dimostra che la bassa qualità del grano utilizzata risulta dannosa perché ottenuta in ragione di un prezzo molto basso, quindi da piante studiate per produrre poco ma senza sostanze nutrienti, o addirittura con elementi dannosi.
Noi nasciamo per essere felici, e verso quella direzione dobbiamo andare. Dobbiamo tutti lavorare per dare un volto nuovo alla nostra politica, all’economia e anche al lessico utilizzato spesso troppo aggressivo e violento. Dobbiamo riappropriaci di un andamento lento, slow, il mondo sta cambiando troppo velocemente e in maniera imprevedibile, e noi ci dobbiamo aggrappare ai valori veri della vita, quelli di sempre.

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