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Elezioni europee senza Europa: intervista a Pier Virgilio Dastoli, già direttore della Rappresentanza della Commissione europea in Italia
Pubblicato il 15-05-2024
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C’è un terreno praticamente inesplorato in questa campagna elettorale per le Europee, è l’Europa. Sia a livello nazionale sia in quello più locale e regionale, i partiti si sono praticamente dimenticati dei grandi (e complicati) temi che riguardano il futuro dell’Unione Europea. Si vede qualche slogan di bandiera nei cartelloni elettorali, ma di politica europea non se ne parla. Un peccato perché tra le falle del processo democratico europeo al primo posto svetta proprio il grande distacco che i cittadini, con gli italiani in testa, sentono nei confronti delle istituzioni comunitarie.
Nella circoscrizione Italia Nord Orientale, la nostra per intenderci, gli elettori troveranno molti leader nazionali come capilista, Fratelli d’Italia con Giorgia Meloni, il Pd con Stefano Bonaccini, Forza Italia - Noi Moderati con Antonio Tajani, Azione con Carlo Calenda. Con i leader di partito candidati il dibattito si è avvitato dunque su questioni di politica interna, “niente a cena” per quanto riguarda la politica industriale europea, la transizione energetica, la difesa comune, la competitività rispetto alle altri grandi economie del mondo.
Pier Virgilio Dastoli
Tutte questioni “altissime” che planano poi inesorabili nell’economia, nel diritto e nella società italiana. Qualche esempio eclatante? La normativa sulla plastica o quella sulle case green, per non parlare delle vere e proprie rivoluzioni come è successo con le scelte comunitarie rispetto alle auto elettriche.
Con Pier Virgilio Dastoli, uno dei massimi esperti italiani della “macchina europea”, già direttore della Rappresentanza della Commissione europea in Italia (2003-2009) e con Altiero Spinelli fondatore della storica rivista “Coccodrillo: lettera i membri del Parlamento europeo”, facciamo il punto sulla campagna elettorale europea in corso. Pier Virgilio Dastoli è attualmente è presidente del Movimento Europeo Italia, importante organizzazione che si occupa di promuovere l’integrazione europea.
Mai come per questa tornata elettorale si è vista una così plateale assenza di temi europei.
«Condivido per quanto riguarda in particolare l’Italia, dove il confronto fra i partiti si è polarizzato su temi nazionali e sullo scontro sul peso dei partiti in una logica nazionale».
Perché?
«La preparazione europea delle forze politiche è totalmente inadeguata in un sistema in cui sono di fatto scomparsi i partiti tradizionali, non ci sono più veri congressi e si sono imposte le leadership personali. In questa situazione negativa per la dimensione europea, in cui ci sarebbe bisogno di una maggiore coscienza europea, ha inciso negativamente anche il ruolo della stampa e dei media. Vale la pena di aggiungere l’inconsistenza dei partiti europei a cui il trattato attribuisce la missione di contribuire a formare la coscienza europea dei cittadini. La vita dei partiti europei è praticamente inesistente e non ha certamente aiutato il sistema degli spitzenkanidaten (i candidati di punta) che sono di fatto ignorati nelle campagne elettorali nazionali».
Perché è molto scettico rispetto alle scelte dei leader che si candidano sapendo in anticipo di non optare per l’Europarlamento?
«Le candidature dei leader (Meloni, Schlein, Tajani, Calenda) sono una “ferita alla democrazia europea” come ha detto Romano Prodi e contribuiscono alla polarizzazione nazionale della campagna elettorale italiana».
Una prassi anche nelle altre democrazie europee?
«Si tratta di una prassi introdotta in Italia da Silvio Berlusconi, ma adottata dai leader di tutti i partiti. Non esiste negli altri paesi europei ed è favorita dal nostro sistema elettorale con enormi circoscrizioni e il voto di preferenza. Si dovrebbe introdurre la regola della incandidabilità e non solo della incompatibilità».
Due italiani, Mario Draghi ed Enrico Letta, sono stati incaricati di scrivere i due capitoli economici più importanti dell’Europa del futuro: competitività e mercato unico. Quanto è determinante oggi il ruolo dell’Italia nelle grandi scelte dell’Unione?
«Il fatto che le istituzioni europee si siano rivolte a due italiani mostra le potenzialità del nostro paese. Non è la prima volta però che le istituzioni europee si rivolgono a personalità italiane, ricordiamo Prodi sugli investimenti sociali di lunga durata, Monti sulle risorse proprie, Padoa Schioppa sull’euro. Tuttavia, il peso delle individualità non compensa la leggerezza dell’influenza italiana, aggravata dalle posizioni ondivaghe e sostanzialmente euroscettiche dell’attuale coalizione di governo».
Nel processo di integrazione europea mancano all’appello due grandi temi: difesa comune e politica fiscale. Partiamo dal primo: con la guerra alle porte d’Europa la difesa comune è ancora un miraggio?
«Si inizia o meglio si inizia di nuovo a parlare di difesa europea ma si passa da ipotesi per ora irrealizzabili, come un esercito comune, a proposte o decisioni inconsistenti come la bussola strategica o lo scudo antimissile. Non si tratta di spendere di più ma di spendere meglio e insieme. Questo ci collega alla politica fiscale, perché serve un vero bilancio europeo che investa in una politica industriale di cui deve far parte anche la difesa oltre alla ricerca, la conversione ecologica e la transizione digitale per finanziare beni pubblici europei tassando le “esternalità negative” come l’elusione fiscale».
La politica fiscale è probabilmente più complicata da raggiungere. Abbiamo visto però che nelle fasi di alta inflazione una politica monetaria scollegata dalla politica fiscale produce effetti diversi nei vari Paesi. Su questo step di integrazione siamo molto lontani anni luce?
«Ci vuole un bilancio vero. Non siamo lontani anni luce perché molte proposte sono state fatte dalla Commissione europea e da centri di ricerca come il Centro studi sul federalismo insieme al Movimento europeo, si veda per esempio il nostro Libro Verde (consultabile sul sito www.movimentoeuropeo.it). Il tema diventerà urgente e attuale quando si negozierà sul bilancio europeo 2028-2032».
Con l’European Green Deal l’Europa ha scelto un'agenda molto ambiziosa per l’ambiente, il clima e la transizione energetica. In un mondo di “cannibali” non rischiamo di essere gli unici “vegetariani”?
«No, dobbiamo dare l’esempio ed altri ci seguiranno. La prossima legislatura dovrò completare il cammino della conversione ecologica come la chiamava Alex Langer».
Un appello alla partecipazione al voto.
«Bisogna andare a votare perché la prossima legislatura sarà una legislatura costituente di una nuova Europa e si deve rafforzare la legittimità democratica del Parlamento europeo di fronte all’immobilismo dei governi».
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