Elvio RotondoElvio Rotondo
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Geopolitica

La Cina alla ricerca di nuove basi militari all’estero

Gli obiettivi di Pechino sono la protezione dei propri interessi nazionali, la sicurezza degli investimenti esteri, il trasporto di merci e le azioni antiterroristiche.

Pubblicato il 23-02-2025
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La Cina ha compiuto rapidi e indiscutibili progressi militari da quando Xi Jimping ha introdotto riforme radicali molti anni fa.
In particolare, nel 2015, ha avviato la più ampia revisione dell'Esercito Popolare di Liberazione (PLA) dagli anni ‘50, introducendo una struttura di comando congiunto snella con la trasformazione delle sette regioni militari in cinque comandi di teatro e creato un Dipartimento di Stato Maggiore Congiunto per coordinare operazioni integrate e multi-dominio.
Sono state, inoltre, introdotte la PLA Rocket Force, responsabile dei missili nucleari e convenzionali, e la Strategic Support Force (SSF), incaricata delle capacità di guerra spaziale, cibernetica ed elettronica.

Il governo cinese ha intenzione di proteggere i suoi interessi mondiali e sfidare il dominio militare americano, in primis in Asia.

Il cambiamento ha coinvolto anche la marina cinese, che con molta probabilità sarà considerata una “grande potenza marittima”, idealmente entro il 2035.
Secondo quanto riportato dal sito GIS report online, ad agosto dello scorso anno, la Marina cinese (PLA Navy) vantava circa 370 imbarcazioni/piattaforme, tra cui grandi navi da combattimento di superficie, navi anfibie oceaniche, sottomarini, portaerei, cacciamine e navi ausiliarie della flotta. Questo numero dovrebbe salire a 395 navi entro il prossimo anno e raggiungere le 435 entro il 2030, contro una Marina statunitense che dispone di 296 navi da combattimento, che si prevede scenderanno a 294 entro il 2030. La Royal Navy del Regno Unito, la più grande d'Europa dopo la Russia, ha solo 45 navi.
L'intenso programma di costruzione navale di Pechino degli ultimi anni ha prodotto la più grande forza navale/marittima del mondo, che può operare più lontano che mai dalle coste cinesi.
Pechino starebbe anche modernizzando il suo arsenale missilistico strategico. Entro il 2030, si prevede che avrà più di 1.000 testate nucleari, molte delle quali con una gittata tale da colpire gli Stati Uniti continentali. Tuttavia questo arsenale resta ancora inferiore a quello degli Stati Uniti e della Russia. Il Pentagono stima che Pechino stia aumentando il suo arsenale di testate nucleari di circa 100 all'anno. (CNN)
Come nuova potenza globale, Pechino sta sviluppando la sua presenza all’estero in regioni strategiche per la Cina con la creazione di basi navali.
Pechino ha aperto la sua prima base militare all'estero a Gibuti nell’agosto 2017, supporta il porto navale di Gwadar in Pakistan e avrebbe una presenza militare in Tagikistan, dove starebbe costruendo una base militare, anche se entrambi i paesi smentiscono. Sembra che Pechino stia espandendo segretamente la propria presenza militare in Tagikistan da oltre un decennio. La base è stata probabilmente creata sia per impedire ai Talebani in Afghanistan di estendere la propria influenza in Asia centrale e in Cina, sia per proiettare l'influenza cinese in Asia centrale.

La Cina giustifica l'apertura di basi militari all'estero con lo scopo di proteggere i propri interessi nazionali, quali la sicurezza degli investimenti esteri, il trasporto di merci e le azioni antiterroristiche.
Secondo l’Eurasian Research Institute, è piuttosto evidente che la Cina stia ampliando l'accesso ai porti d'oltremare per predisporre un'adeguata protezione logistica per l'espansione delle attività nei mari a lunga distanza.
La Cina ha iniziato a ubicare le sue basi militari principalmente in Paesi che necessitano di assistenza economica esterna, come la base già stabilita a Gibuti.

Come riportato su Analisi Difesa, Gibuti è un piccolo stato del Corno d’Africa con poco più di 900.000 abitanti, un territorio di soli ventitremila chilometri quadrati tra l’Etiopia e la Somalia. Posizionato all’estremità meridionale del Mar Rosso risulta strategicamente importante. Il Corno d’Africa, si trova nell’intersezione di importanti passaggi marittimi tra cui Bab-el-Mandeb e il Golfo di Aden, vitale per il flusso di petrolio e le esportazioni cinesi e dove le grandi potenze competono per ottenere una base militare.
Considerato una rara oasi di stabilità nell’area, grazie alla sua posizione può favorire il commercio con un terzo del continente africano. Il suo porto è posto all’ingresso del Mar Rosso e del Canale di Suez, su una delle rotte marittime più trafficate al mondo e di fondamentale importanza per la salute dell’economia mondiale. Ogni anno vi passano 20.000 navi con circa il 30 per cento delle esportazioni mondiali.
La decisione della Cina di costruire una base navale dell’Esercito popolare di liberazione (PLA) a Gibuti è stata approvata dal presidente cinese Xi Jinping nel 2013.

Nel 2015 Pechino aveva definito la sua prima base militare all’estero una “struttura logistica”, assegnandole un numero limitato di missioni. Ciò includeva la partecipazione a operazioni di mantenimento della pace (PKO) delle Nazioni Unite, missioni di scorta antipirateria nel Golfo di Aden e aiuti umanitari. La costruzione della base è iniziata nel 2016.
Va sottolineato che il molo di Gibuti che la Cina sta costruendo è abbastanza grande da poter ospitare anche sottomarini e persino portaerei, che non sono propriamente imbarcazioni utilizzate per la lotta alla pirateria o l'assistenza umanitaria.
Secondo alcuni analisti, la Cina avrebbe intenzione di espandere le sue basi anche in altri paesi. Tra questi: Cambogia, Guinea Equatoriale, Namibia, Isole Salomone, Emirati Arabi Uniti e Vanuatu. Ma non sarebbero da escludere Bangladesh e Myanmar, visto che sono dotati di porti e altre infrastrutture che la Cina sta aiutando a sviluppare.

L’obiettivo principale cinese di aprire le basi all’estero è quella di rafforzare l’influenza globale di Pechino e proteggere meglio gli interessi di sicurezza cinesi lontano dalle sue coste, in particolare in Africa e nell’Oceano Indiano.

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