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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Elvio RotondoElvio Rotondo
Contributor
Bassanonet.it

Geopolitica

La mai sopita minaccia terrorismo in Bosnia-Erzegovina

In alcune enclave bosniache la radicalizzazione islamista con l’ideologia wahhabita e salafita sarebbe diffusa.

Pubblicato il 04-12-2023
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Brassaï. L’occhio di Parigi

Gli attacchi di Hamas, in Israele del 7 ottobre, hanno, in qualche modo, riportato indietro le lancette dell’orologio al periodo degli attacchi terroristici indiscriminati in Europa, tornando a condizionare la percezione della sicurezza da parte dei cittadini. Ci sono stati infatti, alcuni giorni dopo, degli attentati in Francia e in Belgio, mentre alcuni aeroporti di Francia e Belgio sono stati evacuati per minacce terroristiche. Molti paesi hanno innalzato i loro livelli di minaccia terroristica per non farsi trovare impreparati. Italia, Francia, Germania, Belgio e Spagna hanno dispiegato le forze dell’ordine per vigilare su sinagoghe e scuole ebraiche.

Il terrorismo colpisce chiunque e ovunque. È la sua caratteristica. Viene definito come l’uso di violenza illegittima, finalizzata a incutere terrore nei membri di una collettività organizzata e a destabilizzarne o restaurarne l’ordine, mediante azioni quali attentati, rapimenti, dirottamenti di aerei e simili.

Sarajevo, capitale della Bosnia-Erzegovina


In Bosnia-Erzegovina, il 19 ottobre scorso, il ministro della Sicurezza Nenad Nesic, in seguito alle "crescenti preoccupazioni per le potenziali ripercussioni" derivanti dal conflitto a Gaza, ha rafforzato le misure di sicurezza del paese, alzando il livello di minaccia terroristica e rassicurando la popolazione.
In Bosnia i musulmani bosniaci rappresentano la più grande identità etnica religiosa del Paese e aderiscono in larga misura a un'interpretazione moderata dell'Islam. Tuttavia, si ritiene che una piccola parte di musulmani bosniaci abbia ereditato un'interpretazione violenta dell'estremismo islamico dai terroristi stranieri combattenti durante la guerra di Bosnia (92-95).
Nel 2015, un ex mujaheddin aveva dichiarato alla BBC che la Bosnia-Erzegovina era la “culla” del moderno movimento jihadista. Il paese è stato per molto tempo un rifugio per gli islamici radicali. Durante gli anni '90, centinaia di jihadisti, tra cui Osama bin Laden e due dirottatori dell'11 settembre, arrivarono in Bosnia per aiutare l'esercito bosgnacco nella lotta contro serbi e croati. L'esercito bosniaco includeva jihadisti stranieri nel distaccamento "El Mujahid", noto per la crudeltà dei combattenti e per le decapitazioni seriali. Sebbene la maggior parte dei jihadisti stranieri abbia lasciato la Bosnia-Erzegovina dopo la guerra, i loro seguaci locali sono rimasti e hanno diffuso l’ideologia islamica radicale in tutta la Bosnia-Erzegovina, con il consenso dei funzionari bosgnacchi simpatizzanti di Sarajevo.
Il problema della radicalizzazione islamista in Bosnia persiste, con l’ideologia wahhabita e salafita ampiamente diffuse in alcune enclave. I centri culturali islamici, le madrasse e le moschee, sarebbero prevalentemente finanziate da Arabia Saudita e Turchia e la radicalizzazione sarebbe incentrata non solo nelle roccaforti salafite in aree remote ma anche in alcune zone suburbane intorno alle principali città bosniache.
Che l'ideologia salafita abbia trovato terreno fertile in Bosnia-Erzegovina è dimostrato dal fatto che, in termini percentuali rispetto a tutti gli altri paesi europei, la Bosnia ha contribuito con il maggior numero di cittadini tra le fila dello Stato Islamico.
Alla fine del 2019, funzionari bosniaci hanno stimato che circa 260 dei loro cittadini, di cui 160 tra donne e bambini, si trovavano ancora nei campi siriani. La Bosnia aveva avviato anche un programma di reintegrazione degli ex combattenti stranieri e delle loro famiglie. Nel dicembre 2020, la Bosnia aveva processato e condannato 28 persone per coinvolgimento nella guerra siriana. Secondo un rapporto OSCE, il paese è in attesa ancora del ritorno di oltre 100 di questi individui da zone di conflitto straniere. Resta il fatto che i combattenti rientrati in Bosnia, con molta probabilità, continueranno a rappresentare un rischio significativo per la sicurezza nazionale dei Balcani e non solo. Quando hanno lasciato la Bosnia, molti di loro non avevano alcuna esperienza di guerra. Ora sono addestrati e organizzati. Alcune donne hanno partecipato attivamente ai combattimenti, ma non sarebbero mai state condannate o processate in Bosnia.
Secondo un articolo di Analisi Difesa del 2017 nel Paese vi sarebbero stati, all’epoca, oltre 60 insediamenti completamente in mano a gruppi di musulmani integralisti. In queste realtà non solo non sarebbero applicate le leggi dello Stato, ma sarebbe in vigore la Sharia e i giovani verrebbero tenuti appositamente fuori dal sistema educativo nazionale. Tale notizia è apparsa recentemente anche sul giornale Nezavisne con sede a Banja Luka, nella Repubblica Serba di Bosnia. L’attività di reclutamento dei giovani combattenti sfrutta da sempre il disagio economico e l’emarginazione sociale soprattutto in alcune fasce delle popolazioni residenti nelle zone rurali e più povere della Bosnia. Naturalmente, le influenze straniere hanno trovato terreno fertile incidendo molto sulla già fragile società bosniaca.
Il paese non ha subito attacchi terroristici dal 2015, anche se l'ultimo rapporto del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti sul terrorismo del 2021 riporta, "l'ideologia estremista violenta e i gruppi nazionalisti regionali violenti rimangono potenziali fonti di terrorismo in Bosnia-Erzegovina". Non sarebbe da escludere la possibilità che la regione diventi il nuovo “hub logistico” dei gruppi jihadisti, dove poter radicalizzare nuovi adepti e riorganizzarsi per agire soprattutto in Europa, sfruttando la posizione geografica.
Attualmente, nei Balcani, molti temono che la Bosnia sia vulnerabile poiché debole e frammentata, anche dopo due decenni dalla fine della guerra. Anche nella Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 2020 viene riportato che, la regione dei Balcani è vista come l’epicentro continentale del proselitismo che potrebbe essere il potenziale incubatore della minaccia terroristica verso i Paesi europei. “Nei Balcani occidentali, dunque, il terrorismo potrebbe quindi trasformarsi ulteriormente, sfruttando le criticità dell’area, le sue divisioni interne e la mancanza di un sistema di controllo del fenomeno del terrorismo internazionale”.
Tra le raccomandazioni della commissione dell’Unione Europea nel rapporto 2022, figura la mancata cooperazione sistematica con Eurojust (Agenzia dell'Unione Europea per la cooperazione in materia di giustizia penale). La Bosnia-Erzegovina dovrebbe continuare a impegnarsi nella lotta contro il terrorismo e il traffico di droga. Per questo sarebbe necessario adottare con urgenza una nuova legge contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo in linea con le norme dell'UE.

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