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Elvio RotondoElvio Rotondo
Contributor
Bassanonet.it

Geopolitica

Il Mediterraneo, un crocevia strategico sempre più “caldo”

La difficile ricerca di un equilibrio tra solidarietà, sicurezza e paura

Pubblicato il 22-09-2023
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Il Mediterraneo è uno dei crocevia strategici più vitali del mondo, è stato epicentro di grandi competizioni e conflitti di potere fin dall'antichità.
Già gli antichi Romani chiamavano il Mediterraneo Mare Nostrum (in quanto tutte le terre che si affacciavano in esso appartenevano all'antica Roma), e la definizione viene ripresa più volte nell'età moderna, in rapporto a una politica di affermazione italiana nel Mediterraneo.
Esso è inteso come uno spazio strategico in quanto area di connessione dal punto di vista economico, energetico e infrastrutturale tra Europa, Africa e Asia e continua a essere caratterizzato da innumerevoli fattori di instabilità e conflitto. È un mare che rappresenta solo l’1% della superficie marina della terra, ma attraverso il quale passa il 20% del traffico marittimo.

Per millenni il Mediterraneo è stato un crocevia di civiltà: un luogo di scambi commerciali e culturali, con l'Italia al centro.

Per anni è stato di fatto una zona di retrovia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti che ha ridotto, nel decennio successivo alla fine della Guerra Fredda, la sua presenza, poiché conflitti più pressanti e altri interessi hanno attirato l’attenzione altrove, verso l’Indo-Pacifico, il Golfo Persico, l’Afghanistan etc..
Naturalmente i vuoti si riempiono, e altri tentano di occupare lo spazio lasciato libero. Ne sono un esempio Cina e Russia che stanno aumentando la loro presenza nella regione.
La riconciliazione di Iran e Arabia Saudita e il ritorno della Siria nella famiglia araba hanno portato a partenariati strategici tra Cina e Palestina, oltre che tra Russia e Algeria.

Per la Cina, il Mediterraneo rappresenta la tappa finale del ramo della Via della Seta diretto verso i Paesi occidentali via mare, con la sua marina mercantile che attraversa l'Oceano Indiano, il Mar Arabico e il Mar Rosso, per poi imboccare il Canale di Suez e accedere al Mare Nostrum per proiettarsi da lì verso i mercati dell’Europa occidentale e del Nord Africa. Nel Mediterraneo orientale, la Cina ha firmato con l'Egitto un accordo di partenariato strategico globale simile a quello con l'Algeria.
Nel corso degli ultimi anni si sono viste nel Mediterraneo anche le navi da guerra cinesi di ultima generazione impegnate in esercitazioni.
La visibilità militare della Cina nel Mediterraneo è solo un passo indietro rispetto alla sua visibilità economica. Il dispiegamento militare potrebbe sfociare in una vera e propria proiezione nei prossimi anni, dato che gli interessi cinesi sono in continua crescita nel Mare Nostrum.

Secondo Gianni Bonini, Senior Fellow del think tank “Il Nodo di Gordio” “il Mediterraneo, dopo le primavere arabe del 2011, non è più quello di una volta. Occorre una rilettura del nuovo scenario e la capacità di far pesare la nostra presenza nell'ottica di una stabilizzazione, da contrapporre all'attuale molesto disordine. Il Mediterraneo sempre meno “Mare nostrum” come dicevano i romani, perché la politica estera italiana degli ultimi vent’anni almeno ha abdicato al ruolo geopolitico naturale del Belpaese, a quel ponte naturale inserito proprio nel mezzo del bacino, ponte tra Africa ed Europa, con uno sguardo pure rivolto a quanto accade nel Medio Oriente. La conseguenza di tutto ciò è stata la progressiva irrilevanza dell’Italia nelle questioni geostrategiche mediterranee, con il risultato di essere sempre più soggetti alle ubbie dei ras, capi, capetti e perfino dittatori dei paesi che si affacciano sul Mare ex nostrum, con i dittatori che rappresentano sempre più la categoria preponderante, specie sulle sponde meridionali e orientali del Mediterraneo”.
Un paese che ha rappresentato sicuramente una fonte di instabilità per tutta l’area è la Libia. L’intervento del 2011 di Francia, Gran Bretagna e Usa contro il rais libico, Gheddafi, ha lasciato il paese e tutta l’area del Mediterraneo nel caos. In Libia si sono schierati molti paesi a favore della Tripolitania o della Cirenaica a seconda dei propri interessi strategici. Il sostegno militare al generale Khalifa Haftar, capo dell’Esercito Nazionale Libico, sarebbe finanziato da alcuni paesi come Emirati Arabi Uniti, Egitto, Francia e Russia, mentre Turchia e Qatar supportano il governo di Tripoli. Dall’Italia, invece, si è mantenuta equidistante da entrambi gli antagonisti della crisi libica. Turchia e Qatar sostengono a livello ideologico-politico la Fratellanza musulmana e di conseguenza si sono opposti al governo di al-Sisi in Egitto, ma dopo anni ed anni di gelo Ankara ha riallacciato i rapporti con il Cairo. A margine dell’ultimo G-20 i rispettivi presidenti si sono incontrati e hanno espresso la volontà di rafforzare la cooperazione regionale, in un quadro di rispetto reciproco al fine di mantenere la sicurezza e la stabilità nella regione del Mediterraneo orientale.

Anche l’Iran ha una linea diretta di influenza politica e militare nel Mediterraneo attraverso l’Iraq e la Siria e fino al Libano (con la fornitura di missili avanzati a Hezbollah in grado di colpire navi, porti e infrastrutture energetiche). La Russia ha dovuto tenere conto della presenza iraniana in Siria, date le forniture di droni kamikaze iraniani a Mosca. La guerra in Ucraina e le conseguenti sanzioni occidentali hanno reso l'Iran un attore chiave per aggirare le sanzioni. Teheran avrebbe continuato a utilizzare i porti siriani come porta principale per rifornire di petrolio il suo proxy libanese, Hezbollah e il regime di Assad. Nel 2022, l'Iran avrebbe esportato circa l'8% della sua produzione di petrolio attraverso i porti siriani, ogni trimestre.

La Russia è sempre stata presente nel Mediterraneo con molte delle sue navi. La sua marina è presente nella struttura navale russa di Tartus, situata all'estremità settentrionale del porto marittimo della città, a circa 25 km a nord dal confine tra Siria e Libano. Ospita un’installazione navale di approvvigionamento e manutenzione dall’epoca sovietica, nell’ambito di un accordo del 1971 con la Siria. La base fu creata inizialmente nel corso della Guerra Fredda come supporto alla flotta della Marina sovietica nel Mar Mediterraneo. Nel corso gli anni 70, punti di supporto simili si trovavano in Egitto (Port Said) e a Latakia, in Siria. Nel 1977, le basi di appoggio egiziano ad Alessandria e Marsa Matruh furono evacuate e le navi e i materiali trasferiti a Tartus, dove la base di appoggio navale fu trasformata nella 229a Divisione navale di supporto. Sette anni più tardi, il punto di supporto di Tartus fu ristrutturato diventando il 720° Punto di Supporto logistico.
A seguito dell’invasione dell’Ucraina, l'esercito russo si è ritirato da alcune zone di Latakia, prontamente rioccupate dai combattenti filo-iraniani di Hezbollah. Le truppe russe esperte sarebbero gradualmente state trasferite in Ucraina e sostituite in Siria da soldati alle prime armi. Mosca considera ancora la sua presenza in Siria un importante risultato e vede la sua alleanza con Damasco fondamentale e non ha nessuna intenzione di lasciare il paese.

Nel Mediterraneo orientale, permangono alcune questioni aperte tra Grecia e Turchia, entrambe appartenenti alla NATO. Da decenni sono in disputa aperta su una serie di controversie che riguardano i confini marittimi, le piattaforme continentali per l’esplorazione sottomarina e lo status del nord dell’isola di Cipro. Tra periodi di minacce di escalation e altri piccoli ma incoraggianti segnali di distensione si continua a giocare col fuoco nella regione che ospita le più grandi scoperte di giacimenti di gas naturale offshore di questo millennio, con prospettive di ulteriori scoperte significative.
Questo potenziale vantaggio per l’area è tuttavia oscurato da rivendicazioni territoriali concorrenti, aumentando le tensioni già esistenti e aggravando il rischio di conflitto.

Nel Mediterraneo occidentale sono particolarmente serie le ostilità tra Marocco e Algeria. Due potenze di peso geopolitico equivalente bloccate in un'intensa competizione per l’egemonia regionale. La corsa agli armamenti tra i due, accentuata dal riconoscimento da parte degli Stati Uniti e Israele della sovranità marocchina sul Sahara occidentale, ha aumentato i rischi di guerra nella regione.

Infine, il flusso incontrollato di un gran numero di migranti irregolari verso l’Europa che predilige la rotta attraverso Italia e Grecia, sta mettendo in luce la mancanza di capacità dell'UE nel definire una politica migratoria europea efficace (da molto tempo, a dire il vero), lasciando spesso l’Italia sola ad affrontare una crisi umanitaria la cui fine è davvero difficile da prevedere.
..Non sono solo le alte temperature di quest’estate a rendere il Mare Nostrum particolarmente caldo, ma vi contribuiscono, soprattutto, le dinamiche geopolitiche globali in continua evoluzione.

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