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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Don Andrea GuglielmiDon Andrea Guglielmi
Contributor
Bassanonet.it

Pro Vocazione

Pasqua

Meditazioni rapsodiche sullo spazio e il tempo, nel giorno di Pasqua

Pubblicato il 09-04-2023
Visto 5.236 volte

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Il mattino di Pasqua è uno spazio vuoto.
E il vuoto crea un certo imbarazzo; o fa scendere un velo di tristezza: la camera di una persona che non c’è più; le aule inutilizzate di una scuola, dove con il calo demografico diminuiscono gli alunni e le classi; i negozi che chiudono l’attività, perché non è facile sopravvivere per i commercianti nell’epoca di Amazon.
E qui a Bassano, come si fa a non pensare a loro, ai frati cappuccini?!

Ci immaginiamo lo scenario spettrale di un convento che sarà disabitato.
Durante il lockdown, nel 2020, abbiamo vissuto la Pasqua più agghiacciante, isolati e distanziati gli uni dagli altri, nel cuore di una città deserta; qualche settimana prima, papa Francesco aveva pregato da solo, in una diretta televisiva mondiale, nel silenzio assordante di piazza San Pietro.
Duemila anni fa una tomba vuota ha seminato il panico.
Qualcuno ha trafugato il cadavere!
Il primo pensiero pasquale è stato questo; il vuoto fa nascere il sospetto di aver subito un furto.
“Hanno portato via il Signore dal sepolcro”: è la notizia che Maria di Magdala corre a riferire a Pietro.
Più tardi Maria userà anche l’aggettivo possessivo: “Hanno portato via il ‘mio’ Signore dal sepolcro”.

Non vi sembra di sentire l’eco di certe lamentele? “Adesso ci tolgono la nostra scuola!”.
“Portano via da Bassano i nostri frati!”. La sensazione del lutto e della perdita ci spinge a parlare così.
È una reazione legittima: vorremmo trattenere per sempre con noi ciò che appartiene alla nostra identità e agli affetti più cari.
Quando il legame è molto forte non siamo mai pronti a lasciar andare qualcuno o qualcosa.
Maria di Magdala tenterà in tutti i modi di avvinghiarsi al corpo del Signore.
Ma lui non si lascia afferrare; e non accetta certi schemi rigidi che noi abbiamo in testa, come se fosse normale prolungare all’infinito le stesse abitudini e le stesse dinamiche.
Sul monte della trasfigurazione Pietro vorrebbe bloccare il tempo e lo spazio: “Maestro è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè, una per Elia”.
Il Cristo pasquale non trattiene e non si intrattiene; non ama le soste; appena lo riconoscono… scompare; gli incontri sono brevi e lui usa sempre lo stesso verbo: “Andate!”, “Andate in Galilea”, “Andate dai miei fratelli”, “Andate in tutto il mondo”.
Ecco cos’è la Pasqua: un invito ad andare avanti e andare oltre; oltre l’Egitto, oltre il Mar Rosso, oltre il deserto… camminare verso la terra promessa.
“Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra”.
Pasqua è un invito ad alzare lo sguardo e cercare altrove, perché altrimenti ci accomodiamo troppo e la nostra vita non prenderà mai la forma dell’annuncio.

Cosa diventa il ‘kerigma’ delle origini nelle nostre biografie attuali?
Come interpretare oggi l’annuncio pasquale?

Qualcosa di pregnante da coltivare e trasmettere; portare con sé un messaggio da comunicare, un patrimonio spirituale da condividere.
Altrimenti il tempo che scorre è una stanca ripetizione di gesti, parole e sguardi ormai privi di entusiasmo.
Il vuoto potrebbe essere provvidenziale: puoi sentirti derubato e fare la vittima; oppure accetti la sfida di diventare erede.
Puoi lasciare che il tuo animo si carichi di aggressività; oppure puoi far crescere dentro di te il peso della gratitudine. I primi cristiani hanno imparato a fare questo: a celebrare l’Eucaristia, che vuol dire ‘rendimento di grazie’.
Attraversare il vuoto significa raccogliere un’eredità, vivere il passaggio del testimone, attivare insieme a quelli che restano progettualità nuove, mettere in moto la fantasia, aprire strade, rigenerare lo spazio.
Il vuoto allora non è la fine; potrebbe essere invece l’inizio.
A una condizione però: ci vuole lo Spirito giusto.
La creazione del mondo comincia con un grande vuoto: “La terra era informe e deserta”, ma lo Spirito di Dio aleggiava sopra l’abisso oscuro.
Il sepolcro si svuota perché il Padre vuole che il Figlio abbia la vita; il grembo della donna che partorisce si svuota perché il bambino ha il diritto di nascere; l’Egitto si svuota perché il popolo di Israele ha diritto alla libertà.
A Gerusalemme c’era una stanza piena di gente; si erano barricati lì dentro per paura dei giudei; ma lo spazio si svuota perché lo Spirito Santo regala ai discepoli il coraggio di uscire e diventare testimoni, che in greco si legge ‘màrtyres’. Perché lui era stato bravo: “Gesù di Nazareth passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo”.
Ma adesso tocca a noi rischiare la vita.
E Pietro non ha più paura di uscire e dire davanti a tutti: “Noi siamo testimoni”.

Buona Pasqua!

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