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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Il "Tich" nervoso

Pompa magna

Dalla parte del cittadino-consumatore: sui rincari dei carburanti non c’è da essere nervosi. C’è da essere incazzati neri

Pubblicato il 15-03-2022
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Brassaï. L’occhio di Parigi

Qui c’è poco da essere nervosi. Qui c’è da essere incazzati neri.
L’abnorme rincaro del prezzo dei carburanti alla pompa, che si aggiunge ai rincari del gas eccetera, è il mattone definitivo che si infrange sulle nostre povere teste e sulle nostre povere tasche. Altro che superamento della “soglia psicologica” dei 2 euro al litro: qui abbiamo ormai superato la soglia psichiatrica. E non parliamo dei prezzi al “servito” rispetto al self service: qui la soglia è addirittura psicopatica.
L’altro giorno ho fatto 10 euro di diesel, per mettere poco più di quattro litri ovvero quattro gocce di gasolio nella mia macchina e la lancetta sul cruscotto che segna il livello di carburante non si è neppure alzata. L’equivalente di buttare 10 euro nel cesso.

Foto Alessandro Tich

Tra l’altro per la prima volta mi trovo a pagare il gasolio più della benzina verde. E questo perché, come sostengono gli analisti, gran parte del gasolio che prima della guerra in Ucraina importavamo in Italia proveniva proprio dalla Russia. Putinferio 2, la vendetta.
In Italia - diversamente da Stati Uniti e Gran Bretagna - non è stato stabilito l’embargo nei confronti dei prodotti petroliferi e raffinati della Russia, ma attualmente mettersi in affari con i russi per l’acquisto del loro gasolio è improponibile. Nel mercato globale c’è quindi meno gasolio e, come insegnano i saggi dell’economia, più bassa è l’offerta e più i prezzi salgono. Pompa magna. Anzi, magna magna.
Sul web (testate giornalistiche online, non chiacchiere da Bar Facebook) abbondano gli articoli che spiegano da cosa è composto il prezzo dei carburanti, quanto incidono le eterne accise per le quali continuiamo a pagare danni e finanziamenti per cose come come la guerra in Abissinia o il terremoto nel Belice eccetera, a quanto ammonta l’Iva per la quale qualcuno in parlamento sta chiedendo la “sterilizzazione” e altre amenità correlate.
Quello che è poco chiaro è quanto l’improvvisa impennata dei giorni scorsi oltre alla soglia psicolabile dei 2 euro al litro sia realmente e soprattutto in che misura dovuta all’altrettanto improvviso (anche se, a quanto pare, ampiamente annunciato) scoppio della guerra in Ucraina. Certamente rincari e conflitto sono contemporanei: i prezzi alla pompa hanno anzi cominciato a salire in modo preoccupante nei giorni precedenti - quando le tensioni tra Russia e Ucraina erano ormai vicine al punto di rottura - all’attacco russo dello scorso 24 febbraio. Da più parti è stato sottolineato che l’impennata record del prezzo dei carburanti è stranamente avvenuta quando il prezzo del petrolio al barile era inferiore al picco del 2008, quando in Italia benzina e gasolio costavano “solamente” 1,3 euro e rotti al litro.
Da altre parti si rileva tuttavia che l’attuale “bomba inflattiva” che coinvolge non solo prodotti petroliferi e gas ma anche l’intero comparto delle materie prime energetiche (gas naturale, Gpl, metano per auto) incide pesantemente sui costi della filiera di produzione, raffinazione, stoccaggio e trasporto dei carburanti medesimi. Ci si mette anche la minaccia della Russia, in reazione alle sanzioni, di rompere con l’occidente sulle forniture di gas in caso di embargo sul suo petrolio ed ecco che ne consegue un ulteriore trend in aumento dei prodotti raffinati in altre parti del mondo per l’insaziabile legge economica della domanda e dell’offerta.
Ok, il prezzo è ingiusto. Quello che mi ha sorpreso, in questo ancora incontrollabile caos al rialzo, è stata la reazione dei nostri governanti. Anche il “governo dei migliori”, invece di dare precise spiegazioni ai cittadini, è rimasto spiazzato. Non potrei altrimenti interpretare le dichiarazioni dei giorni scorsi del ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, che ha definito l’improvviso e pesantissimo aumento del carburante “una colossale truffa a spese delle imprese e dei cittadini”, per dei “rialzi ingiustificati per i quali non esiste una motivazione tecnica” e per una crescita che “non è correlata alla realtà dei fatti ma è una spirale speculativa, su cui ci guadagnano in pochi”.
“Colossale truffa” da parte di chi? Degli speculatori di Borsa? Dell’OPEC? Delle Sette Sorelle? Delle Quattro Zie? Degli Otto Nipoti? Un’indefinitezza che corrisponde all’altrettanto indeterminato fascicolo d’inchiesta sui rincari di energia e carburanti aperto dalla Procura di Roma per il momento “contro ignoti” e senza ipotesi di reato, allo scopo di “verificare le regioni di tali aumenti ed individuare eventuali responsabili”.
Ecco perché c’è da essere incazzati neri. Stiamo correndo dietro ai presunti colpevoli dei rincari, sempre che si riesca a individuarli e soprattutto a “condannarli”, e non stiamo facendo ancora niente per ridurre gli effetti delle loro colpe. Basterà “sterilizzare” l’Iva e introdurre le “accise mobili”, come richiesto al governo dalle associazioni di categoria dei benzinai, per ammorbidire il peso del mattone che ci cade sulla testa ad ogni rifornimento?
Non lo so, anche perché sto scrivendo da cittadino-consumatore, ovvero da Tich Nervosissimo, e non da esperto. Non vorrei però che la guerra in Ucraina diventi la scusa universale per il tutto e per il contrario di tutto, come è stato negli ultimi due anni con il Covid. Nel frattempo gli effetti del caro-carburanti sono evidenti e ben visibili anche sul nostro territorio. Io di macchine in giro ne vedo molte di meno e questa mattina - cosa che dopo una certa ora non accade quasi mai - ho trovato persino diversi posti auto liberi, con ampie opzioni quindi per la sosta, al parcheggio del Prato 1. È il parcheggio pubblico gratuito di Bassano più vicino come chilometraggio a casa mia. Rispettata la misura della minima distanza utile percorsa. Coi costi che incombono e con l’aria che tira, fare anche un chilometro in più è oggi un lusso da oligarchi.

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