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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it
Butta giù la pasta
L'irrazionale psicosi per il Coronavirus, Bassano compresa: ditemi che non è vero
Pubblicato il 25-02-2020
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Ditemi che non è vero. Ditemi che sto sognando e che quello che sto vedendo coi miei occhi non è la realtà del nostro vivere quotidiano. Siamo nel bel mezzo della quarantena sociale che nel Veneto, per le misure di precauzione contro il rischio di diffusione del Coronavirus emesse dalla Regione, ha chiuso le porte a tutto. A Bassano, fra tanti altri luoghi pubblici hanno chiuso il Museo Civico dove ci vanno quattro gatti, ma ad esempio l'Ufficio Anagrafe (giustamente) è rimasto aperto, con tutte le sue file di sedie che fanno tanto “aggregazione”. Neanche a messa ci fanno andare e ai matrimoni è concesso l'ingresso ai soli sposi, ai testimoni e ai soli parenti più stretti. La parola d'ordine è evitare assembramenti di gente, attualmente fino al 1 marzo, lasciando ai centri commerciali il compito di accogliere gli esclusi da tutte le altre attività sospese. Contemporaneamente, siamo costantemente bombardati dalle notizie sul Coronavirus, anche perché ce le andiamo noi stessi a cercare, che più che notizie sono bollettini di guerra.
Oggi, seguendo la stampa online, c'è da rabbrividire. Vi leggo il titolo di Rai News, che non è proprio una testata sensazionalista: “Coronavirus: salgono a 11 i decessi in Italia. 28 nuovi casi in Lombardia, 322 casi in Italia”. Tra le quattro vittime odierne del “COVID-19” (che è il nome della malattia provocata dal virus), di cui tre lombarde, una è una donna 76enne di Treviso, con pregresse importanti patologie, il secondo decesso nel Veneto dopo il 78enne di Vo' Euganeo nel Padovano.
Ce ne sarebbe quanto basta, a giudicare dai toni e dai contenuti delle cronache, per prendere la valigia e scappare via all'estero. Ma dove? Grazie a come stiamo gestendo la comunicazione sul contagio in Italia, tra un po' non ci vorrà più nessuno.
Gli scaffali della pasta in un ipermercato di Bassano. Foto Alessandro Tich
È notizia sempre di oggi che Giordania, Mauritius, Kuwait e Seychelles hanno vietato l’ingresso nel loro paese agli italiani o a chi è stato in Italia nelle ultime due settimane. Brasile, Croazia e Lituania effettuano controlli sanitari a bordo degli aerei nei confronti di cittadini italiani. La lista è ancora lunga e si segnalano la Romania, che ha disposto la quarantena per chi arriva dalle “zone rosse” di Lombardia e Veneto e soprattutto la Gran Bretagna, che impone l’autoisolamento di 14 giorni a tutti coloro che arrivano dal Nord Italia e presentano sintomi anche leggeri della malattia. Qualche colpo di tosse, che so, davanti al Tower Bridge e ti fai due settimane di quarantena in stile Brexit.
Si sta inoltre allungando anche la lista dei Paesi, compresa la Francia e anche la Croazia, che sconsigliano ai loro cittadini di compiere vacanze o viaggi in Italia e fioccano al contempo le disdette per le prenotazioni alberghiere.
Tutte cose che sarebbero normali se noi fossimo un Paese di appestati, cosa che non siamo. Ma è proprio l'ansia da prestazione dei titoli delle testate giornalistiche - al di là della giusta misura dell'informazione su un fenomeno che è corretto definire “preoccupante”, ma non ancora al punto da concedere spazio al catastrofismo - a generare la paura che ci sta attanagliando e che distorce nel mondo l'immagine di quello che siamo.
Diciamolo pure, una volta per tutte: ci concentriamo su quello che i media dicono, con i loro pallottolieri di morti e contagi che si aggiornano di ora in ora, senza riflettere su quello che invece i media non dicono, evitando di darci un'informazione completa e equilibrata sulla comparsa e la diffusione del virus “cinese”.
È giusto e sacrosanto stare in allerta per questo nuovo nemico invisibile, che in Italia al momento sta colpendo più che altrove in Europa, ma sarebbe anche opportuno che qualcuno sui giornali ci dicesse, ad esempio, che la maggior parte delle persone colpite da “COVID-19”, circa l'80%, guarisce dalla malattia senza bisogno di cure specifiche.
Non lo dico io, ma il Ministero della Salute.
Solo 1 persona su 6, inoltre, si ammala gravemente e sviluppa difficoltà respiratorie e le persone più suscettibili alle forme gravi sono gli anziani e quelle con malattie pre-esistenti, quali diabete e malattie cardiache. C'è anche gente che muore per il nuovo Coronavirus, certo: ma sono appunto in grande prevalenza soggetti anziani con patologie pregresse, il cui tasso di mortalità (fonte OMS) è di circa il 2%, in linea con i casi dell'Italia, e sui quali le misure di prevenzione del sistema socio sanitario vanno primariamente concentrate.
Al netto inoltre del fatto che il contagio da nuovo Coronavirus avviene per “contatto stretto” (e non per vicinanza relativa) con una persona malata in un ambiente chiuso, sempre qualcuno tra gli organi di stampa dovrebbe ad esempio ricordarci che per quanto riguarda l'influenza “normale”, quella che si presenta tutti gli inverni, solo nel 2019 (dati del Bollettino di Sorveglianza Epidemiologica dell'ISS, Istituto Superiore di Sanità) in Italia si sono verificati oltre 8 milioni di casi, con circa 800 ricoveri in Terapia Intensiva e quasi 200 decessi. Ma c'è di più: ancora nel 2015, il Dipartimento Malattie Infettive dell'ISS ha stimato che oltre alle centinaia di decessi annuali attribuiti direttamente all'influenza, nel nostro Paese muoiano ogni anno circa 7-8000 persone per le complicanze dell'influenza stessa (come polmoniti e broncopolmoniti) e anche in questo caso si tratta in particolare di soggetti fragili, ovvero anziani e portatori di malattie croniche.
Eppure nessuno, a fronte di questi dati reali, si è mai sognato di chiudere per neanche un minuto una sala riunioni.
Tutto questo sensazionalismo anomalo sul nuovo virus made in China, che sul piano locale si riflette anche sull'improvviso attivismo dei nostri sindaci-sceriffi della salute, sta cambiando i connotati della nostra stessa convivenza civica.
Non riusciamo a parlare d'altro e non riusciamo a pensare altro. Ci hanno instillato il terrore dei contatti a rischio, starnuti e colpi di tosse sono diventati armi improprie.
A Bassano come ovunque, in molti non vogliono neanche più stringerti la mano quando ti incontrano. In qualche azienda della nostra zona, come mi è stato riferito, è diventata persino una regola obbligatoria: l'ospite esterno viene solamente salutato a vista.
Contatti vietati. Giammai fosse che io abbia starnutito, mettendomi educatamente la mano davanti, lasciando tracce del mio Dna sospetto sui miei arti superiori. Salvo poi non porsi nessun problema a toccare le maniglie delle porte dei supermercati e di altri ingressi condivisi da migliaia di altre mani.
La dose di irrazionalità, nei nostri comportamenti di questi giorni, sta toccando punte mai viste. Uffici e sportelli che chiudono al pubblico per prevenire il contagio e impiegati che vi si rinchiudono finché non timbrano il cartellino in uscita, per evitare rischi nel mondo di fuori. La caccia grossa alle mascherine, sempre più introvabili, senza sapere che servono a una reale prevenzione solo se sei tu ad avere la tosse e il raffreddore e non se, da sano, vuoi fare a meno di respirare i bacilli altrui. Ristoranti che si svuotano per evitare di incrociare i virus di chi sta mangiando a cinque tavoli di distanza.
E soprattutto l'assalto ai supermercati: il massimo grado dell'insensatezza.
Gli scaffali vuoti di pasta, latticini, scatolame, salviette detergenti, prodotti disinfettanti e quant'altro ci sono anche da noi e li ho visti coi miei occhi. Spiegatemi, vi prego, la logica di questa devianza consumistica patologica. La corsa sfrenata all'accaparramento dei generi alimentari e dei prodotti per l'igiene ha comunque ed esclusivamente una sua ragione di essere nelle “zone rosse” dei focolai accertati del Coronavirus dove i paesi sono isolati (come nel caso di Codogno, nel Lodigiano, di cui ho scritto in un altro articolo) e le famiglie confinate in quarantena a casa, con la prescrizione profilattica di uscire il meno possibile. Ma laddove non c'è alcun caso neppure sospetto di infezione non sussiste la benché minima ragione per buttare giù la pasta dalle corsie dei punti vendita e riempire le dispense di casa di scorte di cibo. Il virus circola, ma non assedia.
Per questo vi chiedo di dirmi che non è vero, che sto avendo le allucinazioni.
Ma so bene purtroppo che non è così e che è tutto inspiegabilmente reale.
E nel concludere queste righe mi salta in mente la celebre strofa iniziale della più famosa canzone popolare riferita alla nostra città: “Sul ponte di Bassano, là ci darem la mano”. Oggi, e chissà per quanto tempo in questo periodo di assurda e immotivata psicosi, quella strofa è da cancellare.
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