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Alessandro Tich
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Meglio di Kafka
La categoria dei magistrati, tramite l'Anm, ha sempre sostenuto la riforma della geografia giudiziaria. Ora il Tribunale di Vicenza, dopo l'accorpamento di Bassano, è sepolto da 17mila procedimenti pendenti
Pubblicato il 24-01-2015
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“L'Associazione Nazionale Magistrati esprime forte preoccupazione e ferma contrarietà davanti ad ogni ipotesi di rinvio della riforma delle circoscrizioni giudiziarie. Tale intervento di riorganizzazione - la cui legittimità é stata già riconosciuta dalla Corte Costituzionale - realizza finalmente il risultato di una più razionale distribuzione delle risorse sul territorio, con lo scopo fondamentale di assicurare l'obiettivo di una maggiore efficienza complessiva.”
Così affermava un comunicato stampa del 26 luglio 2013 dell'Anm, l'Associazione di categoria a cui aderisce circa il 90% dei magistrati italiani.
All'epoca il ministro della Giustizia era Anna Maria Cancellieri, e nel dibattito parlamentare qualcuno aveva lanciato la proposta del rinvio di un anno dell'entrata in vigore (fissata il 13 settembre dello stesso anno) della legge taglia-e-accorpa-tribunali, Bassano del Grappa compreso. Sulla questione intervenne anche il Consiglio Superiore della Magistratura, che in un documento pure esprimeva “preoccupazione per il possibile slittamento di un anno dell'entrata in vigore della riforma della geografia giudiziaria, ritenendo che questo possa pregiudicarne l'attuazione.”

La sede del Tribunale nuovo di Vicenza a Borgo Berga
Non c'è da sorprendersi se i maggiori paladini del taglio dei tribunali periferici, accorpati ai tribunali capoluogo, siano stati proprio i magistrati.
La loro Associazione non ha mai fatto mancare il sostegno alla riforma, vista dalle toghe inquirenti e giudicanti come una soluzione “da sempre fortemente voluta dalla magistratura associata in quanto diretta ad una migliore distribuzione delle risorse per garantire maggiore efficienza e contenimento delle spese nell'interesse di tutti i cittadini.” (Comunicato stampa Anm 23 maggio 2013)
La Giunta Esecutiva Centrale dell'Associazione Magistrati esultò anche per la decisione della Corte Costituzionale di dichiarare l'inammissibilità del referendum abrogativo della legge di revisione delle circoscrizioni giudiziarie, ribadendo “le ragioni di una riforma che a regime consentirà un migliore e più razionale impiego delle risorse” e rilevando pertanto “la necessità di passare rapidamente alla fase di completamento” (Comunicato stampa Anm 15 gennaio 2014)
E pochi giorni dopo, a seguito di notizie di stampa “circa la possibilità di interventi che potrebbero snaturare la riforma della geografia giudiziaria” (ripristino di alcuni tribunali cancellati e di alcune sezioni distaccate soppresse, NdR) l'Associazione si stracciava nuovamente le toghe: “Un ripensamento della riforma costituirebbe un arretramento e provocherebbe effetti gravi sul sistema.” (Comunicato stampa Anm 18 gennaio 2014)
Eccetera eccetera, perché potremmo andare avanti ancora per molto.
Inutile nasconderci dietro a un dito: le rappresentanze della categoria dei magistrati, prima dell'entrata in vigore della riforma, hanno supportato il nuovo ordinamento geografico delle sedi giudiziarie a spada tratta.
Qualche eccezione c'è stata, rappresentata sporadicamente dalle sottosezioni dell'Anm delle città sede di alcuni tribunali ordinari soppressi: come Bassano, Pinerolo o Chiavari. Il 14 maggio 2013 l'Anm di Bassano scriveva al ministro della Giustizia lamentando, tra le altre cose, che “tutta l’architettura della revisione della geografia giudiziaria si è svolta fino ad oggi senza una vera attività di coordinamento da parte del Ministero della Giustizia (...) e che siffatta situazione rischia di incidere negativamente, ove non vengano adottati provvedimenti urgenti, sulla gestione del lavoro giudiziario.”
Parole profetiche, rimaste inascoltate. Anche se, alle varie manifestazioni a sostegno del mantenimento del tribunale e della procura a Bassano - che hanno sempre visto in prima linea gli avvocati - i magistrati, controparte interessata nella stessa causa, non hanno certamente brillato per la loro presenza. Per un avvocato, del resto, la cancellazione di un tribunale significa perdita di clienti e quindi di lavoro. Per un magistrato di ruolo, invece, altro non è che il pretesto per una richiesta di trasferimento ad altra sede con possibile avanzamento di carriera.
Così è, se vi pare. Le cose, sul piano provinciale, sono poi cambiate dopo l'entrata in vigore della riforma. A Vicenza, dove già la giustizia lavorava con tempi da Terzo Mondo, si sono ben presto accorti del disastro conseguente all'accorpamento del tribunale di Bassano. Il 7 gennaio 2014 un documento dell'Anm di Vicenza segnalava che il tribunale del capoluogo “versa in una situazione assai critica, essendo sprovvisto di organici adeguati a garantire in maniera efficiente il servizio giustizia necessario all'utenza che, a seguito delle recenti riforme in materia di geografia giudiziaria, raggiunge ora le 850.000 unità”. Ma va'?
Ed è di queste ore l'allarme lanciato dal procuratore capo di Vicenza Antonino Cappelleri, che nella relazione inviata alla Corte di Appello di Venezia per l'inaugurazione dell'Anno Giudiziario ha evidenziato che a seguito dell'accorpamento di Bassano i procedimenti pendenti nel capoluogo berico sono saliti a 17mila, a fronte dei 13mila dell'anno scorso, pari a circa 1700 casi a carico di ciascun magistrato. Una mole di arretrati a dir poco insostenibile, che rasenta la paralisi del servizio giudiziario vicentino. E che rende la rilettura delle dichiarazioni dell'Associazione Nazionale Magistrati precedenti all'entrata in vigore della riforma degna del Teatro dell'Assurdo.
Possibile che la classe togata non abbia previsto che l'accorpamento dei tribunali - ovvero l'addizione aritmetica, in un'unica sede, di uffici e di cause giudiziarie - comportasse il rischio di un clamoroso, e potenzialmente irreversibile, corto circuito del sistema?
Altro che “razionale distribuzione delle risorse sul territorio” e “maggiore efficienza complessiva”: nel caso di Vicenza la strada dei procedimenti giudiziari si è trasformata in un enorme vicolo cieco che risucchia le risorse e che chiude ogni prospettiva di uscita - ovvero di ripristino di un carico di lavoro sostenibile - ai componenti della categoria che, sul piano nazionale, ha dichiaratamente fatto massa critica affinché la riforma della geografia dei tribunali venisse realizzata, e nei tempi previsti.
Verrebbe da dire: ben gli sta. Ma sarebbe ingiusto, perché a pagare le conseguenze di questa irragionevole situazione - che neanche Kafka avrebbe potuto immaginare - non è tanto il magistrato assillato dall'accumulo dei faldoni degli atti giudiziari, quanto il cittadino che chiede giustizia.
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