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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Contaminazioni

Iran ti Amo (storia di un viaggio e di un'opinione)

Sull'Iran sono state dette un sacco di cose, ma che ci è stato detto sulle persone? Ho viaggiato tutto intorno al paese per mostrarvi la mia immagine dell'Iran e per raccontarvi in breve come vive la gente.

Pubblicato il 02-05-2013
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Brassaï. L’occhio di Parigi

Potete raccontarmi quello che volete sull'Iran. Potete dirmi che la teocrazia dominante sta lavorando ad un ordigno nucleare, potete dirmi che al governo c'é Hezbollah che supporta il regime siriano di Bashar Al-Assad e potete dirmi che il paese è schierato contro l'America e contro l'arrogante mondo Occidentale in generale. Potete continuare a raccontarmi tutte queste cose ed io sarò lieto di ascoltarvi, ma ora sarò io che in breve vi racconterò la mia esperienza con il paese persiano. L'ostacolo principale è stato il visto, che ho rincorso per mezza Turchia e per il Caucaso e alla fine ho ottenuto a Baku, in Azerbaigian, grazie ad uno dei pochi tipi in gamba incontrati elemosinando aiuto alle agenzie di viaggio della capitale. Sono arrivato al confine di Astara in autostop due giorni dopo Natale, dopo una nottata passata con dei ragazzi azeri mezzi ubriachi della mia età a gironzolare in nove dentro ad un taxi stile Fiat 128 con sedili in pelle nera e una bella lista di cd in bella vista sul cruscotto.

Alle nove del mattino al confine, un'ammasso di persone di spintonava per passare attraverso lo stretto corridoio delimitato da barriere di ferro che portava all'Iran. Una volta passato, mi son trovato finalmente davanti al funzionario iraniano per il controllo del visto e ho ricevuto il trattamento speciale che mi aspettavo e cioè l'ordine di sottopormi ai controlli dell'ufficio immigrazione (e un pizzico di timore dal momento che ho viaggiato in Israele con il mio vecchio passaporto, condizione per la quale i funzionari iraniani avrebbero potuto respingermi). In quell'ufficio, sotto alla fotografia dell'ayatollah Khomeini - leader della "Rivoluzione Islamica" del '79 - ho incontrato due tipi sorridenti che dopo un rapido controllo m'hanno a dato quel "benvenuto in Iran"che aspettavo da molto tempo. Dopo aver "dribblato" i tassisti che volevano spedirmi nelle loro auto e i giovani assetati di dollari da cambiare, son salito su un comodo autobus per la capitale Teheran, attraversando il bellissimo Nord del paese, pieno di vegetazione e straordinarie montagne.


Teheran mi ha accolto in maniera impensabile. Ho passato cinque giorni nella capitale incontrando ogni genere di persone che mi ha raccontato più o meno tutto sulle loro vite. In cinque giorni ho dormito in quattro case diverse senza tirar fuori un centesimo, cenato e pranzato con gente d'ogni tipo che più o meno mi ripetevano la stessa frase: "il 70% degli iraniani non si riconosce nella Repubblica islamica". Ed in effetti governo e popolazione sono due mondi diametralmente opposti, così distanti da dare le vertigini. La gente veniva a parlarmi, a chiedermi da dove venivo e che ci facessi in Iran, proprio perché sono gran pochi i viaggiatori internazionali che hanno il coraggio di visitare il paese persiano. Costoro hanno molto da perdere: solo quando si è in Iran si può capire l'assurdità dell'immagine che il mondo Occidentale ha di questo paese.

La gente è tra le più genuine, oneste e ospitali che io abbia incontrato viaggiando in circa 40 paesi di questo mondo. La maggior parte dei giovani di città ha voglia di vivere, di divertirsi, di amarsi, di liberarsi delle opprimenti impalcature del regime. Ho incontrato giovani vent'anni pieni di potenziale ma entrati in depressione per mancanza di stimoli e possibilità. Giovani con voglia di viaggiare e di scoprire quale mondo si cela oltre i confini del loro paese. Giovani che grazie ad Internet (e nonostante la censura del regime) sono al corrente di come la loro quotidiana esistenza sia limitata dalle regole del sistema, ben più estreme del conservatorismo culturale del paese. Giovani che hanno voglia di conoscere, di aprirsi, di dire al mondo di essere iraniani senza provare vergogna, perché di essere iraniani c'è solo da essere orgogliosi considerando il fiorente passato del paese. La maggior parte dei giovani è ben educata. Ho conosciuto più ingegneri in Iran che in tutto il resto del mondo, che nonostante la laurea devono adattarsi a qualsiasi lavoro trovino.

Ho viaggiato nelle più antiche città del paese per ammirare lo splendore delle costruzioni dell'antica Persia: le magiche moschee di Isfahan, i labirinti della città millenaria di Yatz, la soleggiata e moderna città di Shiraz, le rovine dell'antica Persepolis, Busher nel golfo Persico, Bandar Abbas nel profondo Sud del paese, l'isola tropicale di Quesh per spingermi fino a Zahedan, nel Baluchistan, dove ogni giorno circolano chilogrammi di droghe smistate dai confinanti Pakistan e Afghanistan e dirette all'Occidente. Per nemmeno un attimo mi sono sentito in pericolo, nemmeno quando facevo autostop da solo nelle strade deserte, nemmeno quando a Zahedan i poliziotti iraniani mi hanno messo una scorta alle calcagna, preoccupati della mia incolumità. Con tutta onestà mi son sentito più in pericolo in compagnia di un poliziotto che in quella della gente della strada, che non ha mai la possibilità di parlare con uno straniero e che non ha alcuna fiducia nel governo, nella polizia o in qualsiasi altra autorità del momento.

La gente in Iran è ciò di cui i media dovrebbero cominciare a parlare. Gente che è costretta a vivere nella paura e nell'illegalità. Di nascosto ci si incontra con la propria fidanzata, di nascosto si beve il vino, di nascosto ci si incontra con gli amici, di nascosto si stringe la mano di una donna che forse non si porterà fino all'altare. Uomini e donne non possono fare l'amore prima del matrimonio e così quando si è fidanzati, o semplicemente giovani, si finisce per amare la donna "da dietro" per preservare la sua verginità. Le donne devono per legge indossare il velo e molte di loro per esprimere comunque la loro bellezza si riempiono di trucco e si rifanno il naso. Pure tra gli uomini va di moda rifarsi il naso, come se quelle regole religiose da rispettare imposte dal regime perché i suoi cittadini vivano una vita sobria, non servissero ad altro che estremizzare il bisogno delle persone di libertà.

L'Iran é un mondo di regole da rispettare, ma la gente nel privato vive una vita che è anni luce distante da quella delle strade. In compagnia degli iraniani mi son trovato a bere il vino di Shiraz, ad osservare uomini di sessant'anni "pippare" oppio, a partecipare in feste clandestine dove le donne indossavano minigonne ascellari, a rollare una sigaretta di libertà in cima ad una montagna e ad amare una donna per una sola notte, senza che l'idea di commettere un crimine mi sfiorasse anche una sola volta. Dell'Iran mi sono innamorato, della bellezza della sue città, della gentilezza e della purezza della sue genti, del grandioso potenziale dei suoi giovani. Un paese anni luce distante da quello che il regime vorrebbe creare e da quello che i giornali continuano a ritrarre. All'Iran ho dichiarato amore, un amore che con queste parole volevo condividere. (tutto ciò con la coscienza che ci sono altre cento milioni di cose da dire) Sul mio sito un reportage fotografico sui giovani in Iran: www.nicolazolin.it/2013/iran-generation-malaise?lang=it

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