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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it
Il Tribunale, gli avvocati e la gente comune
A proposito della mobilitazione per salvare in extremis il palazzo di giustizia e dello scarso seguito dei cittadini
Pubblicato il 03-09-2012
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Devo dare atto di una cosa: gli avvocati non mollano l'osso. Sono abituati a farlo per lavoro, figurarsi adesso che è in gioco il destino del loro Tribunale, in realtà già segnato dal de profundis del governo Monti.
Ma la classe forense bassanese è sempre lì, in prima linea: raccoglie firme, promuove incontri, organizza manifestazioni, lancia crociate, fa sentire il suo fiato sul collo di una classe politica locale che fino adesso, sul salvataggio del palazzo di giustizia di Bassano del Grappa, si è rivelata superficiale ed impotente.
Quello delle toghe, da un punto di vista umano e professionale, è un atteggiamento comprensibile: perché il Tribunale di Bassano - con il suo bilancio economico ampiamente in attivo, frutto dell'industria burocratica delle pene pecuniarie e ingiunzioni di pagamento - è una macchina di introiti anche per loro.
Foto Alessandro Tich - Archivio Bassanonet
E' giusto quindi che la categoria faccia spirito di corpo per difendere, in tutti i modi e con tutti i mezzi, i propri interessi.
Ma non mi si venga a dire che la questione del Tribunale non faccia dormire la notte i comuni cittadini: l'ho sostenuto sin dall'inizio e la clamorosa assenza dei bassanesi alla manifestazione di giovedì scorso a Palazzo Sturm, presenziata dai politici in blocco e catalizzata dall'intervento di Renzo Rosso, me ne ha dato conferma.
E' vero: a sostegno del Tribunale sono state raccolte oltre 18mila firme, e il dato è incontrovertibile. Ma apporre una firma al banchetto del Comitato è un atto simbolico: quasi un mettersi a posto la coscienza, in pochi secondi, sull'argomento del momento che da problema di effettiva importanza per gli addetti ai lavori si è trasformato, col tempo, in una chiamata generale alle armi contro la lesa maestà alle prerogative della città di Bassano nel loro complesso.
Sia chiaro: la cura-Severino rispetto al complesso di via Marinali è una medicina amarissima che non ha logica, e quei 12 milioni di euro spesi per la nuova Cittadella della Giustizia gridano vendetta.
Da un lato, quindi, è auspicabile e persino ovvio che le istituzioni - e con loro gli ordini professionali e le categorie economiche - tentino ancora di fare l'impossibile per salvare il Tribunale in extremis, ben oltre il tempo massimo, confidando in un capovolgimento di fronte che la politica rende sempre possibile. Non lo facessero, sarebbero colpevoli: in omissioni, parole ed opere.
Ma, dall'altro lato, è altrettanto evidente che la mobilitazione in corso non può fare affidamento sulla partecipazione - reale e convinta - della gente comune, e i promotori della campagna a sostegno del Tribunale di Bassano dovranno farsene una ragione. Sono ben altre le priorità, oggi, per scendere in strada e stracciarsi le vesti - lavoro, crisi, costo della vita - e non lo facciamo neanche per quello.
Eppure il Comitato per la salvaguardia di Tribunale e Procura continua a battere il tasto sui disagi che col trasferimento degli uffici giudiziari a Vicenza si abbatteranno sui comuni cittadini, e mi ha colpito molto lo slogan scritto sul cartello del banchetto per la raccolta delle firme allestito tutti i giorni, le scorse settimane, in piazza Libertà: “Firma per il tuo Tribunale”.
Mi è capitato ogni tanto di varcare la soglia del palazzo di giustizia e di perdermi tra corridoi, cancellerie e sale udienze. Caspita: quel Tribunale era mio, e non me ne ero neanche accorto.
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