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Redazione
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Tre cose di cui non parlare in Marocco
Tre cose di cui non parlare in Marocco: Allah, il Re e il Sahara Occidentale
Pubblicato il 10-01-2012
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Fin dal primo giorno in Marocco avevo sentito ripeterci la stessa storia dalla gente: c'erano tre cose di cui non si poteva parlare in Marocco: Allah, il Re e il Sahara Occidentale. Allah era l'unico dio per i mussulmani, creatore e origine di ogni cosa. Allah era la luce, il cibo, la verità. Il suo giudizio era il fine di ogni azione per ogni mussulmano e la destinazione del percorso che ogni marocchino stava percorrendo. L'unico peccato non perdonabile all'uomo era la credenza umana che potesse esistere un altro dio al di fuori di lui. Allah era uno soltanto e noi eravamo tutti figli suoi, e tutti fratelli tra di noi. Egli non aveva dei figli prediletti, eravamo tutti suoi figli in maniera eguale. Profeti e messaggeri nel corso della storia avevano enunciato la sua esistenza in periodi diversi. Adamo, Abramo, Mosé, Gesù e Maometto erano tutti figli suoi, erano tutti suoi profeti ed erano tutti messaggeri della sua verità. Ogni cosa poteva avvenire quando era la sua volontà a compiersi. Il Re invece era il capo dello Stato, l'ultimo detentore di ogni decisione, un uomo al di fuori della legge, un uomo che rappresentava in sé stesso la legge. Il suo nome era Mohammed VI, era il diciottesimo sovrano della dinastia alawita e il figlio del poco amato sovrano Hassan II. La gente del Marocco affermava sempre di non poter parlare del proprio Re ma in linea di massima ognuno lo considerava una persona giusta e popolare. Era considerato un uomo onesto, forse anche in contrapposizione alla figura dittatoriale del padre e alla maniera dispotica con il quale quest'ultimo aveva governato il paese nel trentennio precedente alla sua morte, un periodo che venne non a caso definito come gli "anni di piombo". Hassan II, figlio del primo Re del Marocco Mohammed V era stato la figura più importante del Marocco moderno, partecipando ai negoziati per l'indipendenza del Marocco del 1956 e diventando poi sovrano alla morte del padre nel 1961. Hassan II rifiutò fermamente di condividere il proprio potere con vari partiti politici, decidendo invece di sciogliere il parlamento e di governare in maniera diretta. Durante quegli "anni di piombo" il regime limitò fortemente le libertà individuali e assassinò centinaia di dissidenti politici. Non pochi furono gli attentati dai quali Hassan II riuscì a difendersi. Mohammed VI si discostò radicalmente dal modo di governare del padre. Salito al potere nel 1999, si impegnò da subito a promuovere una linea di comando molto più moderata, affermando nel suo discorso di incoronazione di voler risolvere i problemi che affliggevano il suo paese, in particolare la povertà e la corruzione. Disse di voler migliorare la situazione economica e il rispetto dei diritti umani nel paese. Con queste azioni Mohammed Vi riuscì ad attirarsi il sostegno popolare, inimicandosi però le forze conservatrici del paese. Alcune storie dell'attuale Re hanno fatto il giro del Marocco. Una di queste racconta l'episodio di un suo viaggio verso una città del Sud e di un suo interessamento, nei dintorni di Guelmin, ad una casa isolata nel deserto. Le pareti esterne della casa erano tappezzate da bandiere rosse con la stella verde al centro e da fotografie che rappresentavano dei diversi momenti della vita del sovrano. All'interno di questa casa viveva una signora tutta sola, in un ambiente di assoluta austerità. Il Re viaggiava solo quel giorno, come amava spesso fare, con una vettura semplice e il volto coperto da un turbante. Al vedere quelle casa nel deserto tappezzata di immagini di lui e ricca di sincero amore per il proprio paese, Mohammed VI parcheggiò la sua auto di fronte a quella casa e salutò la signora, togliendosi il turbante e svelando la propria identità. La signora rimase di stucco. Il Re le chiese di esprimere un desiderio, promettendole che l'avrebbe esaudito. Il miracolo avvenne, dal momento che soltanto due giorni dopo, la compagnia nazionale dell'energia del Marocco cominciò a costruire una rete energetica che si estendeva fino all'umile casa della signora, che si illuminava da quel momento di luce elettrica. Il rispetto tributato al Re si poteva vedere ogni qual volta egli dovesse spostarsi da una città all'altra in veste ufficiale: le strade lo attendevano belle pulite e tutte piene di bandiere marocchine a destra e a sinistra.
Il Re del Marocco aveva diritto ad una speciale dimora in tutte le principali città marocchine. Quella che vidi ad Agadir era immensa. Il prato era verdissimo e veniva annaffiato di continuo anche se il Re non era lì. Erano pochi i cittadini che vedevano questa cosa come uno spreco ma in genere la maggior parte delle persone non voleva parlare di queste cose.
La terza di cosa di cui la gente in Marocco non poteva o non voleva parlare in Marocco era quella disputata terra del Sahara Occidentale. Tale territorio era situato a Sud del Marocco, proprio a un paio di centinaia di chilometri dalla città di Tan Tan, fino al confine Nord con la Mauritania. Questo territorio era stato sottoposto all'occupazione marocchina fin dal Novembre del 1975, quando il governo guidato dall'allora Re Hassan II, coordinò una manifestazione strategica di massa con l'intenzione di forzare la Spagna ad abbandonare il controllo del territorio. Furono 350 000 i marocchini disarmati che si radunarono a Tarfaya e aspettarono il segnale di Hassan II per attraversare il confine con il Sahara Occidentale. Quell'episodio fu famoso nella storia come la "Marcia Verde". Gli striscioni che i 350.000 marocchini tenevano in mano parlavano di "riunificazione con la terra madre"m di "ritorno del Sahara marocchino" e vennero accompagnati da un gran numero di bandiere del Marocco, degli Stati Uniti, dell'Arabia Saudita e della Giordania. Sfilarono inoltre grosse fotografie del Re e del Corano. La marcia fu definita "verde" perché il verde era il colore dell'Islam. Il Marocco con quell'azione rivendicava i legami storici esistenti tra il Sahara Occidentale pre-coloniale e il sultanato del Marocco. La marcia significa per il Marocco riappropiarsi di un territorio che le spettava. La corte internazionale aveva confermato alcuni mesi prima questi legami, affermando però che esistevano analoghi legami di uguale importanza con la Mauritania e con molte altre tribù del Sahara. La corte quindi affermava anche che la popolazione del Sahara Occidentale, che si identica con il nome di Sahrawi, aveva il diritto di auto-determinazione nel territorio. L'azione del Marocco spiazzò il mondo intero e i Sahrawi stessi che cercarono di bloccare l'invasione marocchina aggregandosi nel Fronte Polisario, un movimento politico militante che aveva lo scopo di esercitare questo diritto di auto-determinazione di cui era proprietario e di costituirsi come stato indipendente prima da Spagna, Mauritania e Marocco. La resistenza del fronte fu però inutile e il governo del Marocco inviò nelle città del Sahara Occidentale un consistente numero di militari e forze dell'ordine che tenessero sotto controllo la situazione. Dal 1975 il Fronte Polisario continuò a lottare per la sua casua a Tindouf, nell'Algeria Occidentale e proclamò formalmente la Repubblica Araba Saharawi Democratica, riconosciuta da 76 stati nel mondo, principalmente africani e sudamericani. La Repubblica fu riconosciuta dall'Unione Africana ma non dall'ONU. Nel corso del tempo l'efficacia del Fronte Polisario diminuì e il Marocco aumentò il controllo sul territorio che definisce oggi come territorio del Marocco.

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