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Cultura del territorio: ovvero dal “turismo” all’“accoglienza”. Il presidente dell’associazione cultgenuss.eu Fausto Castellini indica una via per passare dalla “promozione del territorio” alla “promozione dell’ospitalità del territorio”

Pubblicato il 21-06-2024
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Marchio d’area, attrattività d’area, destinazione turistica, marketing territoriale.
Sono termini ormai ben noti ai nostri lettori, perché è da anni che ne scriviamo su Bassanonet. Si tratta di parole che sono anche riemerse nella lunga campagna elettorale per le amministrative bassanesi, inserite nei programmi di alcuni candidati sindaci.
C’è stata una coalizione che ha persino lanciato la proposta di istituire a Bassano del Grappa un corso universitario di Marketing Territoriale per l’economia turistica.

Foto di Cesare Gerolimetto (per gentile concessione)

Ma il fatto che questi termini siano “noti” non significa necessariamente che siano capiti.
E il perché è presto detto. Sono infatti termini settoriali, che non riguardano la sfera degli interessi quotidiani della popolazione.
Si rivolgono agli addetti ai lavori (albergatori, operatori economici, gestori di strutture per il turismo sportivo, eccetera) e ai cosiddetti stakeholders, secondo una terminologia che abbonda di inglesismi, e cioè ai portatori d’interesse: prime fra tutte le amministrazioni pubbliche che nel campo dello sviluppo turistico del territorio devono rapportarsi col settore privato.
Ma la promozione di un territorio non sarà mai tale fintanto che i veri portatori d’interesse non saranno le persone che in quel territorio vivono e che di quel territorio rappresentano il patrimonio di identità.
Interesse non nel senso del ritorno economico, che spetta legittimamente agli operatori del settore, ma nel senso di appartenenza, di consapevolezza di essere comunità e soprattutto di una cultura del territorio da costruire con la conoscenza e l’amore per la propria terra e con l’educazione.
Cultura del territorio che fa di chi abita nel territorio stesso un testimone dell’apertura nei confronti del visitatore che arriva da fuori, al di là di dove va a dormire e di dove va a mangiare.
Lo può confermare chi vi scrive, che qualche anno fa, durante un soggiorno in una località turistica della Carinzia chiamata Hermagor, uscendo dall’hotel e passeggiando per le vie del paese veniva salutato dai residenti locali, persone del tutto sconosciute eppure portatrici di un marketing territoriale in loro innato, fatto di sorrisi e di cortesia.
Ecco che la “ricettività” si trasforma in “accoglienza” e l’“accoglienza”, a sua volta, diventa “ospitalità” e chi sceglie di pernottare nel territorio o anche solo di scoprirlo non è più un “turista” della zona ma un “ospite” della collettività.
Rovesciare quindi i termini dell’attrattività del territorio passando dal concetto di “destinazione turistica” a quello di “comunità accogliente ed ospitale”.
È la via che viene indicata da una lettera-comunicato trasmessa in redazione da Fausto Castellini, presidente dell’associazione culturale cultgenuss.eu Aps di Velo d’Astico, che presenta tra gli obiettivi della propria “mission” proprio quello di “promuovere la conoscenza e la valorizzazione della “cultura del territorio”, favorendo il coinvolgimento e la consapevolezza della popolazione residente attraverso attività e iniziative di carattere culturale”.
Un interessante invito alla riflessione su questo tema, come dal testo che segue.

COMUNICATO

Ama il tuo territorio come te stesso

Amore, accoglienza, ospitalità e educazione: i quattro punti cardinali della cultura del territorio


Quando sentiamo parlare gli esperti di turno o leggiamo articoli di stampa che si occupano di “promozione del territorio” siamo circondati da sigle, da formule consuete e da frasi fatte.
“Turismo sostenibile del territorio”, “tavoli di marketing territoriale”, “marchi d’area”, “identità d’area”, “indagini sul territorio”, “consorzi di promozione del territorio”, “organizzazioni di gestione della destinazione” e chi più ne ha più ne metta.
Oppure, come riportato tempo fa in un articolo pubblicato sul noto portale giornalistico online Bassanonet, c’è persino chi ha parlato della “creazione di un tavolo del turismo” il cui compito consisterebbe “nell’affrontare, con l’ausilio di un esperto e in maniera scientifica, la questione dell’attrattività del nostro territorio”.
Sarebbe bello poter chiedere ad una persona che cosa prova ma anche che cosa comprende quando sente nominare questi termini, ma anche chiedere a noi stessi che cosa si intenda per approccio “scientifico” all’argomento.
Pensare di poter costruire un progetto o una strategia di promozione del territorio prendendo spunto da slogan o da titoli non ben definiti o vuoti di contenuti o, ancora peggio, mettendo sullo stesso piano promozione turistica e promozione del territorio significa compiere un errore fatale.
Un territorio è molto più ed è altra cosa da una destinazione turistica, anche laddove il turismo è una voce importante dell’economia locale.
Meglio sarebbe riflettere sull’argomento, chiedendoci se sia possibile parlare di promozione del territorio senza aver dapprima compiuto un fondamentale passaggio preliminare. E cioè un processo di interiorizzazione della storia, dell’ambiente, delle tradizioni e di tutto quanto nel corso del tempo ha caratterizzato e - in modo consapevole o inconsapevole - caratterizza tutt’ora la vita delle persone che nel territorio in questione vivono.
Il territorio, infatti, altro non è che il risultato dell’opera di chi vi ha vissuto, vale a dire della comunità che con passione e amore ne ha determinato l’evoluzione sociale, economica e culturale.
Non abbiamo scritto “con passione e amore” a caso: poiché è del tutto anacronistico formulare una “politica” e “strategia” di sviluppo e promozione se non si prova “amore” per il proprio territorio. L’amore è un sentimento che non vive di interessi e amare il territorio significa dedicargli il nostro tempo, senza pensare già in partenza ad un eventuale ritorno economico.
Affidiamoci in tal senso alla metodologia operativa sviluppata dal filosofo e linguista vicentino Silvio Ceccato, ponendoci la seguente domanda: cosa proviamo quando sentiamo parlare o usiamo il termine “ospitalità”?
Perché accanto al sentimento di “amore” è proprio questo il concetto legato alla vera consapevolezza che sta base di tutto: la cultura del territorio.
La cultura di un luogo è di per sé stessa “condivisione”, come lo è l’accoglienza e quindi l’ospitalità.
Omero, nell’Odissea, fa pronunciare a Telemaco, “sdegnato che lo straniero sostasse a lungo presso la porta”, le seguenti parole: “Salve straniero. Fra noi sarai accolto gentilmente; poi, saziato del pasto, racconterai di cosa hai bisogno.”
Ricordiamoci anche del passaggio contenuto nel Vangelo di Matteo: “Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato.”
Oltre a queste due citazioni, sono molti gli esempi contenuti nei testi sacri e nelle opere letterarie e filosofiche in cui si affronta la tematica dell’accoglienza e dell’ospitalità. Viste con gli occhi di chi oggi opera nel campo della promozione del territorio, l’accoglienza e l’ospitalità costituiscono gli elementi primari attraverso cui la comunità esprime il sentimento di amore e rispetto nei confronti del proprio territorio. Marcando così la netta distinzione fra il turista e l’ospite.
Contrariamente ai turisti in visita nelle città storiche e d’arte o che trascorrono le vacanze in una località turistica, le persone che scelgono di trascorrere brevi o lughi periodi nei territori dell’entroterra sono soprattutto alla ricerca di un ambiente particolare e di una comunità accogliente ed ospitale, alla quale, se messe a proprio agio, si affezionano.
Chi sceglie i territori non cerca hotel o ristoranti di lusso, bensì strutture ricettive semplici e accoglienti e locali in cui gustare la tipica cucina del posto.
Poiché ad accogliere ed ospitare le persone non sono solo i titolari o gestori delle singole strutture ricettive o ristorative, bensì l’intera comunità che le fa sentire a casa propria.
È pertanto di fondamentale importanza che la comunità stessa, supportata dalle amministrazioni locali, si impegni affinché vengano create le premesse necessarie per rendere accogliente ed ospitale in proprio territorio, a partire dalle infrastrutture, dall’urbanistica, dall’edilizia, dalla mobilità.
Tuttavia, non può esistere una cultura del territorio senza un’educazione al territorio.
Come scrive Eric Emmanuel Schmidt nella prefazione alla sua opera teatrale Hôtel des deux mondes (Hotel dei due mondi), ogni mattina in tutte le scuole il programma di insegnamento ai bambini dovrebbe prevedere un’ora di “contemplazione”.
È da qui, infatti, che bisogna partire. Educare i giovani a contemplare e rispettare il paesaggio e l’ambiente che li circonda, per poi riuscire a interiorizzare e coltivare la storia e le tradizioni che caratterizzano il territorio in cui vivono. E stimolare, infine, la loro fantasia e creatività, facendoli partecipare attivamente alla proposta di idee per un futuribile sviluppo del territorio.
Amore, accoglienza, ospitalità e educazione: ecco quindi gli elementi base, senza i quali non è pensabile una cultura e un’evoluzione del territorio e, di conseguenza, di una vera e credibile “promozione del territorio” ovvero - e qui coniamo una proposta - una “promozione dell’ospitalità del territorio”.
Sono i quattro punti cardinali che possono orientarci nella giusta direzione.

Fausto Castellini
Presidente associazione cultgenuss.eu Aps

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