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È arrivata fino ad Abuja, capitale della Nigeria, la tappa di Road to Equality per promuovere i diritti delle donne nei paesi in via di sviluppo. Fondata dalla campionessa vicentina Alessandra Cappellotto, RTE (Road to Equality) è un’associazione sportiva che grazie alle due ruote si sta prodigando per favorire le politiche di pari opportunità, partendo proprio da quelle aree del mondo in cui le donne non godono nemmeno dei diritti basilari.
Alessandra Cappellotto è una superstar del ciclismo italiano, vanta nel suo palmares un oro e due bronzi mondiali, oltre alle partecipazioni alle Olimpiadi di Atlanta 1996 e di Sidney 2000. Già consigliere FCI e vice-presidente ACCPI, nel 2017, ha creato il CPA Women - Cyclistes Professionnels Associés - di cui è managing director. In Nigeria, pochi giorni fa ha presentato un ambizioso progetto di cooperazione per fare della Nigeria un hub del circuito ciclistico femminile africano. La scelta geografica non è evidentemente casuale: la Nigeria è un gigante demografico che si appresta nei prossimi anni a diventare il baricentro economico del continente africano, ma che allo stesso tempo soffre al suo interno di contraddizioni e problemi sociali enormi, con quasi l’80% dei 210 milioni di abitanti che vive con poco più di un dollaro al giorno e dove le strutture istituzionali di base sono praticamente tutte da costruire.

Alessandra Cappellotto in Nigeria (Road to Equality)
La fondatrice di Road to Equality, accompagnata dal promoter bassanese Enrico Cuman, ha incontrato e stretto accordi con Mariya Mahmoud Bunkure, influente Minister of State for the Federal Capital Territory of Nigeria. L’obiettivo principale dei vari meeting con le istituzioni nigeriane è stato quello di porre in essere le prime basi operative per l’espansione del “ciclismo rosa” in Africa. All’evento principale, all’interno della manifestazione “Week of Italian Cuisine in the world”, ha partecipato anche l’ambasciatore in Nigeria, Stefano De Leo, assieme al presidente della Federazione nigeriana di ciclismo, l’italiano Giandomenico Massari.
Ad Abuja è funzionante uno dei tre soli velodromi disponibili in tutta l’Africa e il progetto di far scoccare proprio dalla Nigeria la passione africana per il ciclismo, in una nazione che ha un tasso di sviluppo demografico impressionante, potrebbe in prospettiva creare un movimento con decine di migliaia di futuri atleti. Per passare dalle intenzioni ai fatti servono però risorse, biciclette, caschetti, attrezzatture tecniche, strade agibili e la possibilità che tutti indistintamente – femmine e maschi – possano essere nelle condizioni di praticare il ciclismo.
Questa è la missione africana che si è data Road to Equality, ispirandosi all’obiettivo 5 dell’agenda ONU 2030: “raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze” e “favorire l’uguaglianza di diritti a tutti i livelli di partecipazione”. Proprio su questi presupposti, lo scorso anno Alessandra Cappellotto si è aggiudicata la quarta edizione del premio “Sport e diritti umani” organizzato da Amnesty International e Sport4Society. L’ambasciatrice vicentina del ciclismo inclusivo è stata premiata “per il suo impegno in favore del ciclismo femminile e per la sua promozione anche sulle strade più impervie, dal Ruanda all’Afghanistan”.
Il ciclismo in Africa ha comunque già messo le prime radici: nel 2025 per la prima volta nella storia i mondiali andranno in scena nel continente africano, in Ruanda, lungo le strade della capitale Kigali. Alle prossime Olimpiadi di Parigi nel 2024 correrà invece per la prima volta anche una ciclista nigeriana, la promessa nazionale Ese Ukpeseraye.
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