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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Giovedì Santo

Intervista a Santo Versace, a Bassano per la presentazione del suo libro “Fratelli, una famiglia italiana”. Il ricordo del fratello Gianni e l’invito ai giovani a proiettarsi al futuro: “Noi siamo figli del Rinascimento italiano e non sparirà più”

Pubblicato il 27-01-2023
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Brassaï. L’occhio di Parigi

Bassano, unica tappa nel nord-est Italia, è la città che Santo Versace ha scelto per presentare il suo libro “Fratelli, una famiglia italiana”.
Con un briciolo di immaginazione si capisce che c’è un forte legame con Renzo Rosso, patron della Diesel, amico della famiglia Versace da anni. Di fatto Santo Versace lo ha voluto al suo fianco durante la presentazione del libro, moderata dal giornalista Gianluca Versace.
Il libro è un viaggio di stupore che si accende su ogni capitolo. Le parole scelte per raccontare la storia dei Versace pulsano con tale regolarità che al lettore pare di sentire un unico battito cardiaco.

Santo Versace, con Renzo Rosso e Gianluca Versace, all’incontro di presentazione del suo libro

Nato a Reggio Calabria il 16 dicembre del 1944, Santo Versace si è laureato in Economia e Commercio all’Università di Messina. Il suo talento per i numeri e il rigore innato lo hanno portano a lavorare prima in banca, poi come commercialista.
Infine nel 1976 è trasferito a Milano dove ha lavorato accanto al fratello Gianni.
Insieme hanno fondato la Gianni Versace. Oggi è fuori dalla moda. È presidente della Fondazione che porta il suo nome e della casa di produzione cinematografica Minerva Pictures. Nella Versace, ormai straniera, Donatella continua ad essere la consulente creativa e sua figlia Allegra si occupa delle campagne pubblicitarie.
Sinonimo di lusso tra gli anni ’70 e ’90, Versace ha tenuto a battesimo le prime top model, ha disarmato la religione del rigore nella moda proponendo abiti che trasudavano di libertà. La stessa libertà che ha consentito a Gianni Versace di dichiarare, nel 1995, la sua omosessualità in tempi molto duri per il mondo gay.
Nei diversi ruoli in cui si è cimentato non ha mai smesso di fare il fratello maggiore. Lui stesso racconta un aneddoto famigliare in proposito. Il padre Nino risponde severo ai figli Gianni e Donatella che l’unico padre che hanno è Santo.
Ci ride sopra Santo mentre lo racconta al pubblico presente all’incontro di presentazione a Palazzo Roberti nel tardo pomeriggio di giovedì, ma è una risata d’orgoglio, pregna di etica e moralità, imparate dagli insegnamenti di una famiglia con alto valore civico.
La mia intervista inizia così, aprendo la finestra nella storia fra passato e presente in perfetto equilibrio. Con la sua Medusa ha fatto del “Made in Italy” una garanzia nel panorama internazionale, con questo libro Santo ci racconta il retroscena, le sfide, le conquiste, il talento e la passione.

La copertina del libro, scevra del brand Versace, ci proietta in una lettura confidente, intima. Perché la scelta di questa immagine?
L’ho trovata una foto straordinariamente vera, bella. Noi due felici, al mare a seguire il vento. Rappresenta il nostro rapporto, che non segue delle regole precise, ma segue le onde della vita. In questa foto siamo felici, ma come accade in mare, un giorno è calma piatta, l’altro mareggiata.

155 pagine sono un bozzetto di un sarto. Le prove tecniche di trasmissione direi io. Ci sarebbe stato molto di più da raccontare. Ci potremmo aspettare un seguito?
Certo, potrebbe esserci un seguito. C’è tanto da raccontare ancora.

Ho letto spesso nel libro la frase: “Io sono il presente e il futuro”.
È la verità. Il presente diventa passato mentre lo vivi, quindi la dimensione reale in cui si vive è il futuro.

Ogni conquista ottenuta è partita da una sfida. Quali sono i requisiti fondamentali per vincere una sfida?
La base di tutto è avere talento. Ma non basta. Ci vogliono grinta, passione e impegno. L’amore per il lavoro, amare quello che si fa e farlo con una responsabilità costante.

Qual è stata la parte più difficile in questo viaggio, durante la stesura del libro?
La parte più difficile è stata incominciare. Il momento in cui si decide che è giunta l’ora di raccontare. Poi, una volta iniziato, tutto scorre semplice, facile. Questa non è solo la storia di un uomo, ma anche quella di un cognome. Questo libro mi ha aiutato a liberarmi, a chiudere un’epoca, soprattutto la tragedia di Miami.

In questo libro ha avuto la capacità di liberarsi di una prospettiva individuale per una trasformazione collettiva. Cioè ci ha concesso di far parte un po’ della famiglia Versace, di sentire e respirare la vostra storia.
Era far capire a tutti cosa significa amare il lavoro e il prossimo. Abbiamo bisogno di questi valori e quindi il libro è un invito ai giovani a proiettarsi al futuro in maniera diversa. Noi siamo figli del Rinascimento italiano e non sparirà più.

Nel libro racconta bene dove si trovava il 15 luglio 1997.
Eravamo a Roma per la sfilata “Donna sotto le stelle” a Trinità dei Monti. Nel primo pomeriggio, con Donatella e il nostro staff ci trovavamo all’Hotel Hassler, presi nei preparativi. Vicino a me c’erano Peppone Della Schiava, presidente della Camera della Moda e Beppe Modenese. Io e Beppe eravamo appoggiati alla balaustra dell’hotel quando alle 14.30, ora italiana, arrivò la telefonata di Stefania Alberti, la mia segretaria. Hanno sparato a Gianni, furono le sue parole. In uno stato di choc, dopo che la notizia mi fu confermata da Beppe, un’ora dopo dissi: “Gianni non è morto, Gianni è immortale.” Di questa frase venni a saperlo molto dopo dallo stesso Beppe. Non ricordo di averla mai pronunciata.

È riuscito a perdonare Andrew Cunanan? Ripercorrendo dentro di sé il dolore, in questa sorta di catarsi, degna sorte della scrittura lo ha perdonato?
I miei genitori mi hanno insegnato che il perdono è la cosa più importante…. È quindi c’è!

La cosa che le manca di più di Gianni?
Sicuramente il suo sorriso, l’amore e la sua gioia di vivere. Come ho detto Gianni era un sognatore, un eterno bambino.

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