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Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
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Canova scolpisce ancora

“Canova e Venezia - Fotografie di Fabio Zonta”. Nelle Sale Neoclassiche del Museo Correr a Venezia i grandi scatti del fotografo bassanese allestiti tra le sculture originali della Collezione Canoviana

Pubblicato il 28-10-2022
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Roma, Bassano, Possagno. E adesso anche Venezia.
Ovunque vada, Antonio Canova mi insegue.
Ovviamente sto scherzando, perché sono io che vado da lui. Siamo nel momento clou del Bicentenario Canoviano, si moltiplicano le iniziative celebrative in suo onore e io sento il dovere (che però è soprattutto un piacere) di seguirle per raccontarvele.

Antonio Canova, ‘Paride’ (modello in gesso, 1807 ca.) e Fabio Zonta, ‘Paride’ (due foto del marmo conservato al Museo Civico di Asolo). Foto Alessandro Tich

Sono qui in Piazza San Marco intento ad attraversare le sontuose Sale Neoclassiche del Museo Correr. E non mi trovo qui per caso, perché in questa storica e prestigiosa sede viene presentata la mostra “Canova e Venezia - Fotografie di Fabio Zonta”, aperta al pubblico da domani e fino al prossimo 5 febbraio.
Sono esposti nell’occasione gli artistici scatti del fotografo bassanese, che celebrano l’arte e il mito di Canova immortalando le sue opere conservate qui al Correr, compresi i primi capolavori giovanili, o comunque legate al grande rapporto avuto dall’artista proprio con Venezia. E al di là della riconosciuta capacità di Zonta di creare immagini che da sole giustificano il costo del biglietto, il valore dell’esposizione consiste nel suo stesso allestimento, nel luogo che la ospita e la rende magica.
“Canova e Venezia” si dipana infatti nelle sale delle Procuratie Nuove, in quella grande porzione del Museo Correr nota anche come “Ala Napoleonica” ma anche come “Palazzo Reale”, per il ruolo di edificio coronato svolto sotto Napoleone, quindi sotto gli Austriaci e infine sotto il Regno d’Italia fino al 1920.
Le ultime stanze del percorso di visita sono appunto le Sale Neoclassiche, dove i gessi e le sculture dell’artista di Possagno sono al centro dell’attenzione e dove i suoi bassorilievi in gesso nobilitano le pareti.
Non è stato sempre così, in realtà. Per buona parte del Novecento, a causa dell’oblio riservato a Canova dalla critica dell’arte del tempo, queste opere giacevano seminascoste negli anfratti del Museo veneziano. Poi la riscoperta del genio neoclassico, favorita anche dalla storica mostra su Antonio Canova tenutasi proprio nelle sale del Correr nel 1992.
Le sue sculture ritornavano al centro delle sale del Museo e nel 2015, grazie a una complessa operazione realizzata dalla Fondazione Musei Civici di Venezia - con l’essenziale supporto dell’associazione Venice International Foundation e del Comité français pour la sauvegarde de Venise -, si dava luogo al riordino espositivo delle opere in un nuovo e luminosissimo allestimento.
Qui si può oggi ammirare, tra gli altri, il marmo del Dedalo e Icaro (1777-79), il primo capolavoro di un ancora ventenne Canova. Ma anche, per restare alle opere giovanili, i sorprendenti Orfeo ed Euridice (1775-76) scolpiti in pietra di Vicenza.
Ed è qui, tra le sculture del “genio europeo” in formazione, che appaiono in sapiente collocazione le foto di Fabio Zonta, che entrano in dialogo diretto con le medesime.
Come nella sala dominata dall’imponente gesso del Paride, dietro al quale si stagliano due foto della stessa opera in marmo, conservata al Museo Civico di Asolo.
Il visitatore viene così accompagnato sul doppio binario delle sculture canoviane reali e della loro raffigurazione fotografica, fino al gran finale della mostra nel grande “Salone da ballo” del Correr, dove gli scatti di notevole dimensione di Fabio Zonta circondano tutto l’insieme dello sfarzoso ambiente.
È l’omaggio a Canova del Museo Correr in occasione del bicentenario della morte, avvenuta proprio a Venezia il 13 ottobre 1822. E intende celebrare, come scrive il comunicato della mostra, l’ultimo grande artista veneziano di una secolare tradizione gloriosa, ma anche il primo di un’Italia e di un’Europa non ancora nate, ma già “in potenza”.

Curata da Andrea Bellieni e da Camilla Grimaldi, “Canova e Venezia - Fotografie di Fabio Zonta” presenta una selezione di grandi foto che indagano le sculture del sommo artista neoclassico.
Sono tutti scatti intensi e soprattutto rispettosi delle opere nelle luci e nelle ombre, nelle angolazioni, nella lettura delle espressioni dei soggetti, privilegiando nuovi punti di vista ma assolutamente ligi alle fattezze plastiche delle sculture. Non è il fotografo che si “sovrappone” a Canova, è Canova che viene colto in pieno dall’occhio e dalla sensibilità del fotografo.
Le opere di Zonta vengono affiancate dai contributi dei due curatori Camilla Grimaldi e Andrea Bellieni e di altri esperti, tra cui Vittorio Sgarbi, Gabriella Belli e Paola Bonifacio.
Andrea Bellieni, che del Museo Correr è anche il responsabile e conservatore, è una persona molto cordiale. Quando gli dico che vengo da Bassano mi fa subito i complimenti per la mostra “Io, Canova. Genio Europeo” al Museo Civico, dalla cui inaugurazione dello scorso 15 ottobre è fresco reduce.
Gli dico, sulla base delle prime impressioni raccolte, che “Canova e Venezia” non è solo l’occasione di scoprire l’opera del fotografo bassanese ma rende possibile scoprire anche molto altro.
“Attraverso l’occhio di un interprete come Fabio Zonta è possibile vedere la scultura di Canova sotto un’angolatura inedita - mi risponde -. Per cui certo, aiuta a scoprire Canova.”
“Il senso della mostra - spiega Bellieni - è misurare questo confronto tra l’arte sublime di Canova e un’interpretazione contemporanea di questa stessa arte.”
“Nel caso delle immagini fotografiche, anche queste sono opere d’arte, di un artista interprete come il fotografo Fabio Zonta con accanto, magari, il modello originale - aggiunge -. Un fotografia basata sull’uso della luce che le dà il fotografo. Due artisti, lo stesso soggetto, ma in realtà opere d’arte ben distinte e autonome.”
“Con Fabio Zonta ci siamo conosciuti anni fa perché io avevo una galleria di fotografia contemporanea a Roma e a Londra - mi dice Camilla Grimaldi - Ci siamo incontrati perché ci ha presentato un altro artista, amico di entrambi, e abbiamo ho curato delle mostre di Fabio prima in galleria da me e poi in altri spazi. Ho sempre ammirato il suo lavoro, ho seguito la sua evoluzione per quanto riguarda lo “still life” che ha poi immortalato con la bellezza della natura e della scultura con il Canova.
“La bravura di Fabio è “interpretare” e non “cambiare” ed esaltare i valori del grande maestro Canova - rimarca la co-curatrice della mostra -. Ha l’abilità di rendere la monumentalità e la tridimensionalità di queste sculture, utilizzando anche un unico punto luce, creando questi chiaroscuri, questi giochi d’ombre, disegnando anche la superficie della scultura ed esaltando la brillantezza dei marmi e la pastosità dei gessi. Questa è proprio la prerogativa di Fabio: che non deforma la classicità e la bellezza assoluta del Canova.”

Sembra facile scattare un’immagine al Paride, alla Venere Italica o alle Tre Grazie.
In realtà le statue del grande possagnese, per il loro intrinseco chiarore che può arrivare ad abbagliare nel caso del marmo, non sono tra i soggetti più facili da fotografare.
Qual è dunque la maggiore sfida nell’immortalarli?
“L’aspetto importante, ed è una sfida, è il non sovrapporsi allo stile del maestro che si fotografa - sottolinea Fabio Zonta -. È quello che io cerco di mantenere: lavorare per lo scultore e non personalizzare lo stile delle mie fotografie.”
“Come ha detto Sgarbi - rivela l’artista fotografo bassanese -, le fotografie di Canova che faccio io “sembrano fatte da Canova”, perché non c’è una mano che si sovrappone stilisticamente per dare un’impronta ulteriore a quella originaria del maestro. Quello che io faccio non è sovrapporre uno stile al suo, ma esaltarlo.”
Non è tuttavia la prima mostra fotografica di Fabio Zonta dedicata ad Antonio Canova.
Ce ne sono state altre, la più recente delle quali “Canova/Fabio Zonta” al Museo Civico di Asolo.
“Questa è senz’altro la mostra più importante, in un luogo di una bellezza incommensurabile dove non avrei mai potuto immaginare di esporre solo un anno o due fa - afferma l’artista fotografo bassanese - Ed è decisamente il luogo più adatto a raccogliere le foto e le opere di Canova.”
Non solo il luogo più adatto: le Sale Neoclassiche del “Palazzo Reale” del Museo Correr raccontano da sole una pagina di storia.
“La Collezione Canoviana del Museo Correr è molto particolare, perché è una collezione che si lega moltissimo a Venezia - mi “illumina” Andrea Bellieni -. Sono opere quasi tutte fatte per veneziani e veneziani particolari, compresi i primi mecenati, coloro che incentivavano l’arte di Canova quando lui era ancora un ragazzino. E poi gli eredi le hanno destinate alla città.” “Molte sono le opere giovanili, a partire dal Dedalo e Icaro e ancor prima da Orfeo ed Euridice, fatto per il senatore Falier - prosegue il conservatore -. Sono tutte opere che poi hanno composto questa Collezione che si lega a Venezia in maniera assolutamente stretta.”
“Nella sala del Paride trovate ad esempio un “altare laico”, dedicato al Canova e al suo “culto” veneziano - conclude Bellieni -. Il legame tra Canova, Venezia e i veneziani ha sempre resistito. I veneziani gli sono poi molto riconoscenti perché Canova, ricordiamolo, fu colui che fece ritornare a Venezia dalla Francia dopo il Congresso di Vienna molte opere e molto capolavori veneziani identitari, a partire dai Cavalli di San Marco. Quindi meriti patriottici autentici, conquistati da Canova verso Venezia che era la sua patria ideale.”
Chicca finale: nella ricorrenza del Bicentenario, accanto alle sue opere e alle foto a lui dedicate da Fabio Zonta, al Correr è allestita anche l’esposizione “Le medaglie canoviane”, con un’ampia scelta di pregevoli medaglie dedicate alla figura, all’opera e al ricordo del grande scultore. Tra queste, ce n’è una che nel 1773 il patrizio Angelo Querini volle dedicare a Voltaire, molto probabilmente modellata da un ancora giovanissimo Antonio Canova.

Insomma, una sorpresa dietro l’altra. Dopo Roma, Bassano e dopo Bassano, Possagno e dopo Possagno, Venezia.
Non c’è che dire: Canova colpisce...pardon: scolpisce ancora.

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