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Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
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Canova in Buona Parte

Eccezionale esposizione alla grande mostra “Io, Canova. Genio Europeo” al Museo Civico di Bassano, evento clou del Bicentenario Canoviano. “Un personaggio di straordinaria complessità, raccontato in tre capitoli”

Pubblicato il 15-10-2022
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Mettiamoci subito il cuore in Pace.
La Pace, il celebre marmo allegorico di Antonio Canova conservato al Museo Nazionale Khanenko di Kiev, in mostra non c’è. Come pure gli altri marmi canoviani che erano stati originariamente concessi in prestito dall’Ermitage di San Pietroburgo.
Lo avevo già scritto in occasione della conferenza stampa nazionale di Roma e lo ripeto anche adesso. Chiedere a Putin e a Zelensky per ulteriori info.

Antonio Canova, ‘Busto di Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore’ e François Gérard (atelier), ‘Ritratto dell’Imperatore Napoleone I’ (foto Alessandro Tich)

Ma prossimamente la grande mostra “Io, Canova. Genio Europeo” - inaugurata oggi e aperta al pubblico fino al 26 febbraio 2023 - sarà onorata comunque dalla visita della direttrice del Museo Nazionale di Kiev Yuliya Vaganova.
Lo annuncia al vernissage per la stampa Maurizio Cecconi, consulente strategico di Villaggio Globale International, la società di progettazione di eventi culturali che ha affiancato la direttrice dei Musei Civici di Bassano Barbara Guidi nell’organizzazione dell’importante esposizione concepita dalla direzione scientifica dalla stessa dottoressa Guidi e curata da Giuseppe Pavanello e Mario Guderzo.
L’aria che si respira al Museo Civico, rimesso a nuovo proprio per l’evento, è quella del “grande giorno”. E ci mancherebbe, visto che siamo nella settimana clou del Bicentenario Canoviano (l’esatto 200simo anniversario della morte del sommo scultore di Possagno è caduto ieri, 13 ottobre) e che la gestazione della mostra è durata per ben due anni, compreso il periodo distanziante e se volete anche straziante del Covid.
Non mancano alla presentazione di metà giornata che anticipa il taglio del nastro del pomeriggio alcuni big del mondo museale non solo veneto come la già direttrice a Bassano, Verona e Venezia Paola Marini e come il bassanese Davide Gasparotto, Senior Curator per i dipinti del J. Paul Getty Museum di Los Angeles.
Il matrimonio tra Bassano e Possagno, idealmente celebrato a Roma dal presidente del Comitato per le celebrazioni del Bicentenario Canoviano Vittorio Sgarbi, oggi assente, è suggellato dalla presenza della direttrice del Museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno Moira Mascotto.
Menzione d’onore, tra i presenti, per la ricercatrice inglese Alice Whitehead: è stata lei, assieme al dott. Mario Guderzo, a compiere gli studi che hanno portato a rintracciare la Maddalena giacente, pezzo forte della mostra, capolavoro dell’ultimo anno di vita di Canova che dopo i fasti della commissione del primo ministro britannico e secondo conte di Liverpool Robert Banks Jenkinson aveva fatto perdere le proprie tracce finendo negli ultimi vent’anni con l’adornare il giardino di casa di una coppia inglese, ignara dell’autore dell’opera.
Ma a Mrs. Alice Whitehead, Dear Ladies and Gentlemen, dedicherò separatamente il mio prossimo articolo.
Interviene, parlando al microfono del vernissage, anche il presidente del Comitato per l’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova prof. Gianni Venturi.
E, seduta in prima fila, c’è persino Francesca Cavallin: la nota attrice bassanese è tornata infatti della sua città nel ruolo di presentatrice della cerimonia inaugurale ufficiale.
Tutti insieme appassionatamente per rendere omaggio ai tanti volti di Antonio Canova raccontati nella mostra come mai avvenuto prima: l’artista in primis ma anche l’uomo, il collezionista, il diplomatico, l’interlocutore dei potenti dell’Europa del suo tempo che furono anche i committenti delle sue opere (io le chiamerei “Commissioni Europee”) e - non ultimo - il protettore delle arti.
“La mostra vuole restituire a Canova un ritratto a tutto tondo - spiega Barbara Guidi -. Glielo facciamo raccontare di persona attraverso le sue opere, dagli esordi alla tarda maturità.”
“La straordinaria complessità di questo personaggio è raccontata in tre capitoli - aggiunge la direttrice -. Nel primo si ripercorre il suo universo creativo, le sue fonti, sembra di ritrovarsi nel suo atelier. Nel secondo si evidenzia il rapporto di Canova con quell’Europa che lo elesse come il più importante scultore del suo tempo. Nel terzo vengono presentate le intersezioni del percorso che Canova ha avuto con lo svolgimento della storia.”
Antonio Canova, quindi, protagonista assoluto della sua epoca. Capace di rapportarsi pari a pari con Napoleone Imperatore e di riportare in Italia nel 1815 dopo la caduta di Bonaparte, con una Mission: Impossible che neanche Tom Cruise, 249 preziose opere d’arte trafugate dai francesi nelle campagne napoleoniche.
Tu chiamale, se vuoi, intersezioni.

“Vi emozionerete” - anticipa, in stile “Elena Pavan degli inizi”, il co-curatore Giuseppe Pavanello presentando in sala Chilesotti la mostra che sarebbe stata visitata in anteprima di lì a poco. E il prof. Pavanello ha ragione. L’allestimento e il percorso espositivo di “Io, Canova. Genio Europeo” nelle tre grandi sale principali della pinacoteca al primo piano del Museo sono infatti un qualcosa di straordinario.
Il primo colpo d’occhio, già dall’ottagono d’ingresso, stordisce. In qualsiasi delle tre sale espositive (“L’uomo e l’artista”, “Canova e l’Europa”, “Canova nella Storia”) si entri, l’immediato effetto ottico è il nitore del bianco dei marmi che si staglia nella penombra dell’ambientazione. Non tutti sono visibili a prima vista: uno studiato sistema di luci e tendaggi fa intravvedere le ombre o i profili di alcune sculture che si riveleranno procedendo nel percorso. È un dialogo continuo delle opere canoviane con l’universo che le ha fatte produrre: con quei personaggi che hanno fatto da modello, o da committente della scultura, a loro volta ritratti in preziosi dipinti giunti a Bassano per l’occasione.
È il caso, solo per citare un parallelo tra i più significativi, del Busto di Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore, gesso del nostro Museo Civico, affiancato all’imponente Ritratto dell’Imperatore Napoleone I, dipinto post 1805 dell’atelier di François Gérard, proveniente dal castello di Fontainebleau.
Ma in ogni angolo c’è una storia diversa. Ad evocare nella prima sala due dei principali protettori del giovane Canova tra Venezia e Roma vi sono due opere di eccezionale valore: la Stele funeraria di Giovanni Falier dalla chiesa di Santo Stefano a Venezia, affiancata per la prima volta al monocromo in cui l’artista ne studia la composizione e il grande Ritratto del Senatore Abbondio Rezzonico di Pompeo Batoni, eccezionalmente in prestito da Palazzo Barberini.
Ci sono i disegni del genio ancora in formazione, i dipinti della sua collezione privata, la tela di Pompeo Calvi che ritrae lo scultore intento a verificare un grande bozzetto in terracotta e tanto altro ancora. Al centro della sezione “L’uomo e l’artista” i grandi gessi della Maddalena Penitente e della Venere Italica, attorniati dalle “teste singole”, rievocano lo spazio di lavoro.
Ma la vera superstar della situazione, al centro della seconda sala “Canova e l’Europa”, è il ritrovato marmo della Maddalena giacente. “È un’opera dell’ultima attività di Canova, quando l’artista cambia registro - spiega Giuseppe Pavanello -. Le sue statue dal verticale passano a un’orizzontale che apre al sonno e all’inconscio, con una connotazione preromantica.”
Canova, quindi, anche come precursore. E soprattutto interlocutore dei big europei della sua epoca. Delle committenze del ricco banchiere e barone Alexander Baring, ad esempio, sono esposte la testa di marmo di Lucrezia d’Este, oggi alla Daniel Katz Gallery di Londra e il San Giovannino conservato ora in una collezione parigina.
Tra gli altri marmi di spicco - impossibile qui citarli tutti -, la monumentale scultura de La principessa Leopoldina Esterházy Liechtenstein, giunta a Bassano dalla Collezione storica di Palazzo Esterházy ad Eisenstadt, che all’epoca destò lo stupore di tutta Vienna e della stessa principessa austriaco-ungherese, ritratta canovianamente in una posa classica.
Altro che Europa League: il nostro Antonio fu uno scultore da Champions.

C’è poi, nel terzo e ultimo capitolo della mostra-evento, “Canova nella Storia”.
E che storia: quella di un artista carismatico che, partito dalla piccola Possagno e approdato a Roma Caput Mundi, ebbe incontri ravvicinati del terzo tipo con personaggi di livello assoluto. Uno dei contatti più determinanti della sua vita fu quello con Napoleone Bonaparte.
I due si incontrarono per la prima volta nel 1802 a Parigi, da lì partì l’idea del celebre ritratto idealizzato di Napoleone come Marte pacificatore (e se era “pacificatore” lui, figurarsi gli altri…) e il legame col futuro imperatore procurò a Canova numerose commissioni da parte dell’entourage napoleonico. È quello che nel linguaggio di oggi si direbbe “fare rete”.
Tra le opere del periodo esposte, non mancano i ritratti scultorei della Napoleon’s Family: come il grande gesso della madre Letizia Ramolino Bonaparte atteggiata nella posa di Agrippina, giunto dall’Accademia di Carrara o la testa in marmo della sorella Paolina dal Museo Napoleonico di Roma.
Ma è quello stesso Canova che nel 1815 - in piena Restaurazione - prese armi e bagagli per recarsi ancora a Parigi, su incarico di Papa Pio VII, per riprendersi e riportare sul suolo italico molte delle opere d’arte sottratte dai francesi quando nel 1797 il suo amico Napoleone, allora comandante dell’Armata d’Italia, impose allo Stato Pontificio il Trattato di Tolentino.
E proprio alcuni dei capolavori riportati in Italia dal genio di Possagno sono riuniti nel gran finale della mostra: il calco d’epoca del Laocoonte dai Musei Vaticani, il celeberrimo dipinto de La Fortuna di Guido Reni dall’Accademia Nazionale di San Luca, l’Assunzione della Vergine e la famosa La Carracina di Agostino Carracci - prestigiosi prestiti della Pinacoteca Civica di Cento e della Pinacoteca Nazionale di Bologna - e la Deposizione di Cristo di Paolo Veronese dal Museo di Castelvecchio.
“L’idea della mostra è quella di fare un viaggio attorno al Canova, che era un grande viaggiatore - afferma il co-curatore Mario Guderzo -. Il percorso ci offre la comprensione del fatto che Canova è stato un grande in assoluto, che la storia dell’arte aveva dimenticato e che per fortuna negli ultimi cinquant’anni è stato riscoperto.”
“Qui a Bassano, come ha già osservato il professor Pavanello, si compie un piccolo grande miracolo italiano - dichiara il sindaco Elena Pavan -. Si conclude un ciclo, da quando nel 2003 Bassano ha dedicato la prima grande mostra su Canova.”
“In questa mostra - continua il sindaco - vengono raccontate le relazioni di Antonio Canova non solo attraverso le sue opere, ma anche attraverso il suo essere attore dei tempi che ha vissuto.”
“Canova è una personalità che rispecchia il territorio - rimarca l’assessore alla Cultura Giovannella Cabion - e la mostra intende anche valorizzare un grande Museo che abbiamo a Bassano, che proprio grazie ai lavori eseguiti per ospitare la mostra è oggi un Museo nuovo, moderno, molto accogliente, internazionale.”
“La città di Bassano è piccola ma il suo Museo è uno dei più antichi e più importanti del Veneto - sottolinea la direttrice Barbara Guidi -. E pare naturale e fisiologico che sia questo Museo a celebrare Antonio Canova a 200 anni dalla morte di colui che fu non solo un grande artista, ma un uomo speciale.”
Un uomo che, grazie alla mostra, viene raccontato in buona parte.

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