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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it
Che barba, che noia
A proposito del richiamo della Camera Penale Vicentina al sindaco Pavan circa il suo post sugli autori del furto e dei vandalismi al luna park in Prato
Pubblicato il 28-02-2022
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Ve lo giuro: la notizia mi era nota già da alcuni giorni. Ma l’avevo tenuta chiusa nel cassetto. Principalmente per non alimentare ulteriormente il clima di polemica che, tra green pass e Ucraina, sta avvelenando la vita social, non avendo più noi a seguito della pandemia una vera e propria vita sociale. Anche perché, dopo essere andato a Sarajevo nei giorni immediatamente successivi alla fine della guerra in Bosnia, da allora cerco di evitare di avvicinarmi ai campi minati. Ma oggi la notizia è stata resa nota dal Giornale di Vicenza e quindi sono costretto a dire la mia al riguardo.
Si tratta di una lettera con la quale la CPV, Camera Penale Vicentina, organismo che rappresenta gli avvocati vicentini che esercitano la professione nel campo del diritto penale, con sede presso l’Ordine degli Avvocati di Vicenza, richiama il sindaco Elena Pavan a riguardo di un post da lei pubblicato sulla sua pagina Facebook in merito all’operazione della Polizia Locale che ha scoperto e denunciato cinque giovani, responsabili degli atti di vandalismo e del furto perpetrato al baraccone del tirassegno al luna park in Prato nella notte tra sabato 12 e domenica 13 febbraio scorsi.
In altre parole il sindaco Pavan, che di professione fa l’avvocato, viene “sgridato” dai suoi colleghi avvocati.
Una foto dei danni recati dai cinque denunciati al tirassegno del luna park
Dell’episodio al centro dell’attenzione ci siamo ampiamente occupati anche noi, come dal mio articolo di cronaca “Mai dire raid”. Lo riassumo in poche righe: una banda di cinque giovani dai 18 anni in su ha compiuto un’incursione vandalica al luna park distruggendo la postazione del tirassegno e danneggiando la macchina dei pugni, i teli per il salto elastico e i vetri di un camion. Non paghi della loro impresa, i cinque vandali hanno svaligiato il tirassegno portando via armi e munizioni (per fortuna armi giocattolo) e numerosi oggetti-premio. Sono stati però individuati e denunciati per danneggiamento e furto aggravato in concorso dalla Polizia Locale, che ha anche recuperato il maltolto.
Alla conferenza stampa di annuncio del positivo esito dell’operazione, convocata al Comando di via Vittorelli, era intervenuta anche il sindaco Pavan. La quale, a notizia pubblicata sui media locali, ha così commentato il fatto, testualmente, sul proprio profilo Fb:
“Grazie alla Polizia locale dell'Unione montana del Bassanese per aver individuato, in tempi record, gli autori di danneggiamento e furto aggravato ai danni delle giostre di prato Santa Caterina. Si tratta di cinque giovani, che si sono giustificati dicendo che soffrivano di noia: tristissima, ingiustificabile storia.”
Che si tratti degli autori della “notte brava” al luna park, per usare un eufemismo, non c’è dubbio. Messi alle strette dalle evidenze dalle riprese delle videocamere di sorveglianza non hanno potuto che ammettere la loro responsabilità, la refurtiva è stata ritrovata nelle loro abitazioni e uno di loro ha indicato agli agenti il nascondiglio dove erano stati celati i due fucili del tirassegno, in una sala della parrocchia della Ss. Trinità.
Eppure quel post del sindaco di Bassano ha provocato la stizzita reazione della Camera Penale Vicentina, nel nome di quel garantismo su cui tutto si potrà dire ma che è alla base costituzionale del nostro sistema giuridico.
Nella lettera a firma del Consiglio Direttivo del CPV, si contesta alla Pavan che “l’additare pubblicamente (ancorché senza farne i nomi) i presunti autori di tali fatti ha, ovviamente, scatenato le reazioni della rete, con alcuni cittadini che si sono lanciati con le più svariate proposte, dal “mettere i nomi” quale forma di educazione, passando per l’immancabile invito a “una condanna esemplare”, finendo per l’insulto”.
“Già queste reazioni - scrive l’organismo degli avvocati - dovrebbero dissuadere un rappresentante delle Istituzioni a cavalcare l’inevitabile reazione populista e qualunquista che simili articoli generano.”
“Se davvero lo scopo è “educare”, come si vuol far credere - prosegue la lettera -, l’unico modo di farlo è entrare nelle scuole a parlare ai ragazzi di legalità (come fa da diversi anni la nostra Camera Penale, assieme ai Magistrati del Tribunale di Vicenza, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Provinciale), anziché colpevolizzare persone, per di più giovani, che fino a quando si celebrerà il processo resteranno dei presunti innocenti.”
“Le norme giuridiche - continua il testo - sono un complesso organico di norme, che va sempre rispettato. Ci sono senz’altro le norme (sacrosante) che sanzionano chi ruba e danneggia. Ma ci sono anche altre norme (altrettanto giuste, forse ancor di più perché segnano un’evoluzione di civiltà e principi) che tutelano la segretezza delle indagini, per non parlare del principio costituzionale della presunzione d’innocenza che anche grazie alla Ministra Cartabia ha avuto un ulteriore recente riconoscimento normativo.”
“Proprio il decreto legislativo n. 188/2021 - puntualizza la Camera Penale Vicentina - vieta a tutte le autorità pubbliche - incluse quindi anche le istituzioni locali - di indicare pubblicamente come colpevole la persona sottoposta a indagini o l’imputato fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili, prescrizione a cui evidentemente il Sindaco non si è attenuto, parlando di autori di danneggiamento e furto aggravato.”
“Invocare la legalità - conclude la lettera - significa chiedere il rispetto delle regole. Tutte le regole.”
Fin qui l’intervento del Consiglio Direttivo del CPV. Una lettera dai toni duri e sussiegosi, con i quali si gettano sul tavolo i carichi da briscola: la Costituzione, il decreto legislativo, il concetto stesso di “educazione” eccetera. Ci tornerò tra poco. Perché la questione va analizzata da tre diversi punti di vista.
Il primo è proprio il commento del sindaco Pavan. Anche se lo ha postato sulla sua pagina social personale, rimane sempre il sindaco di un Comune della Repubblica Italiana.
Il decreto legislativo citato dai suoi cari colleghi avvocati, che riguarda “il rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza” al comma 1 dell’articolo 2 vieta effettivamente alle autorità pubbliche “di indicare pubblicamente come colpevole la persona...eccetera eccetera”. Ma c’è di più: al comma 2 si dispone che il presunto innocente “ha diritto di richiedere all’autorità pubblica la rettifica della dichiarazione resa”, ferma restando “l’applicazione delle eventuali sanzioni penali e disciplinari, nonché l’obbligo di risarcimento del danno”.
Pane per i denti degli azzeccagarbugli, ma questo è quanto dice testualmente la legge.
Ora: io posso capire l’entusiasmo del sindaco Pavan per l’operazione portata a termine dalla Polizia Locale. Dal punto di vista dell’amministratore pubblico, che deve rispondere ai propri cittadini anche in termini di sicurezza percepita, è un atteggiamento più che giustificato.
C’è però, effettivamente, modo e modo di esprimerlo.
Ancora in sede di conferenza stampa, Elena Pavan aveva sottolineato il fatto che alcuni componenti del quintetto denunciato “sono figli di genitori di origine straniera”. Non l’ho riportato nel mio articolo, perché aspetto irrilevante ai fini della notizia. Anche perché la verità parallela è che gli altri componenti del gruppo sono figli di genitori italiani.
Che senso ha sottolinearlo, se non quello di ribadire il mantra della delinquenza straniera, così caro alla cultura leghista? Poi la sindaca ha pubblicato il suo post: e se è vero che esiste un dispositivo di legge che vieta ai rappresentanti delle istituzioni di “colpevolizzare” coloro che fino al processo sono presunti innocenti, allora ha sbagliato sia come sindaco che come avvocato non a piena conoscenza della norma legislativa.
Il secondo aspetto della questione è in realtà un problema che non nasce da oggi.
Ed è la reazione che simili notizie provocano nei commenti di bolla sui social network.
Nessuna persona in grado di intendere e di volere penserebbe mai di mettere un “like” all’impresa sconsiderata dei cinque vandali al luna park. Ma una cosa è esprimere parole di sdegno e di riprovazione per quanto accaduto, un’altra è invece vestire direttamente i panni del giudice. La mamma dei giustizialisti da tastiera è sempre incinta: da quelli che invocano appunto “nomi espliciti” - sbattendo sì, in questo modo, il mostro in prima pagina - e “condanne esemplari” a quelli secondo i quali non bisogna parlare di “disagio giovanile” ma di delinquenza pura. Su questo aspetto mi sento di concordare con le osservazioni dei premurosi avvocati della Camera Penale Vicentina. Ma, egregi lettori, solo su questo.
Da un punto di vista normativo e formale, in effetti, la lettera della CPV non fa una piega.
Tuttavia non posso non sottolinearne il significato politico e corporativo, per il solo fatto di essere stata scritta e resa pubblica. L’intervento degli avvocati invoca la priorità del garantismo penale su tutte le altre forme di espressione in merito a fatti di rilevanza giudiziaria, compreso il ruolo dell’informazione. Il post del sindaco di Bassano - che poi, impropriamente, ha cavalcato l’onda dello sdegno per quanto accaduto - è conseguente agli articoli di stampa, compreso il mio, che hanno riferito i fatti esattamente come sono stati compiuti e riferiti dalle autorità di Polizia Locale.
Cosa significa “presunti autori di tali fatti”? In quale accezione va interpretato l’aggettivo “presunto”? Fino a dove arriva il concetto di “presunzione”? Cinque giovani che a seguito delle indagini sono stati colti con le mani nel sacco e hanno ammesso le loro responsabilità sono solamente “autori presunti”? Ogni notizia giornalistica deve attendere il giudizio finale di un giudice o, per i fatti di più grande rilievo, il giudizio della storia?
L’Ucraina è stata invasa dai russi per presunto ordine di Putin?
Morale della favola: il sindaco Elena Pavan è andata oltre le prerogative che le sono richieste quale rappresentante delle istituzioni, ma il Consiglio Direttivo della Camera Penale Vicentina, che raccoglie le istanze della categoria degli avvocati difensori, è andato oltre alle proprie competenze di associazione corporativa nel sottolinearlo pubblicamente con un simile, sostenuto e circostanziato puntiglio. Ne è scaturita una polemica di lana caprina, che alla fine lascia il tempo che trova.
In conclusione quindi, prendendo spunto dalla motivazione addotta per le loro gesta dai cinque incursori al luna park, non mi resta che citare la grande Sandra: che barba, che noia.
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