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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
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Kiev Mon Amour
Venti di guerra ad Est: intervista ad Antonella Orienti, export manager di Solagna, assidua frequentatrice per lavoro dell’Ucraina, appena rientrata da Kiev. “Sono sempre in contatto coi miei amici ucraini”
Pubblicato il 22-02-2022
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Putin che riconosce l’indipendenza delle due repubbliche secessioniste di Donetsk e di Lugansk, il mondo che scopre all’improvviso l’esistenza del Donbass, l’invio delle prime truppe russe in Ucraina, i primi blindati russi che entrano a Donetsk, la diplomazia internazionale in stato di allarme, l’ONU che si riunisce d’urgenza, l’UE e gli Stati Uniti che minacciano sanzioni ai territori separatisti riconosciuti dal Cremlino, la Gran Bretagna che annuncia sanzioni alla Russia.
In queste ore si accavallano le notizie sui venti di guerra ad Est e su una crisi internazionale che con l’incalzante sviluppo degli eventi sta assumendo contorni sempre più preoccupanti. Non siamo ancora alla canna del gas, anche perché il gas russo è l’elemento che pesa di più nella bilancia del braccio di ferro tra Mosca e il resto del mondo, tuttavia lo stato di all’erta è più che giustificato.
L’Ucraina è inevitabilmente al centro dell’attenzione di stampa e televisioni, ma c’è chi, sulla situazione in tempo reale nel Paese dell’Est, riceve informazioni di prima mano. Al suo computer, acceso per motivi di lavoro.
Antonella Orienti in uno dei tanti momenti felici nelle pause di lavoro a Kiev
Antonella Orienti, export manager di una nota azienda del Vicentino del settore edilizia & design, quel computer lo usa da casa per mantenere i contatti coi clienti e per gestire ordini e contratti quando non è in giro per il mondo. Antonella vive a Solagna, dove è molto conosciuta anche per la sua attività nel mondo del volontariato. Appena il dovere la chiama, prende la valigia e parte. Ormai ha perso il conto degli aerei che ha preso negli anni per recarsi nei mercati esteri di sua competenza.
Principalmente Asia, Africa e Europa, con specializzazione per i Paesi ex sovietici.
Il suo passaporto è carico di timbri, ma è soprattutto a Kiev che l’export manager solagnese è di casa. Frequenta per lavoro l’Ucraina da 18 anni, dove è andata in trasferta, epoca della pandemia esclusa, almeno una volta ogni due mesi. “Sono innamorata di quel Paese, sono stata bene fin dal primo minuto”, mi dice. Lì non ha solo intessuto rapporti di lavoro, ma anche amicizie.
E ha continuato ad andarci: l’ultimo suo viaggio a Kiev risale ad appena due settimane fa, quando già il caso-Ucraina stava risintonizzando le antenne dei media planetari. E con l’Ucraina continua a mantenere contatti quotidiani.
Mentre intervisto Antonella Orienti, per sentire le impressioni sulla sua recente trasferta e sulla situazione in corso, dal computer continuano a suonare i “plin” delle notifiche. Sono i messaggi di Julia, direttrice di un’azienda di Kiev cliente dell’export manager di Solagna, ma anche e soprattutto sua grandissima amica.
Dunque Antonella, che situazione e che atmosfera ha trovato due settimane fa a Kiev?
Non era una situazione brutta, onestamente. Era tutto molto calmo, non sembrava assolutamente di essere nella “solita Kiev”, col traffico caotico. C’era una fiera per cui, per quanto piccola, di solito c’è più confusione. Invece era tutto molto tranquillo. Ma anche a distanza di qualche giorno, dopo essere ritornata, non ho riscontrato problemi. Cioè: di lavoro ce n’è. Per cui, se ci fosse qualcosa di pauroso, avrebbero già bloccato le richieste, gli ordini, eccetera.
Gli ordini dall’Ucraina non sono quindi ancora bloccati?
Assolutamente no, anzi. Noi abbiamo tanto lavoro lì, da tanti anni. Siamo stati sempre molto presenti. L’ultima volta ero lì per una visita a clienti e sinceramente c’era un bel clima. Sono uscita a cena, ho visto clienti, una sera sono uscita anche con le mie amiche. Come essere in un mondo normale, in un momento normale.
Per lei, personalmente, l’Ucraina cosa rappresenta?
Una gran fetta di amici e tanti clienti. Proprio un pezzo di cuore. Il perché non lo so, però ci sono delle città che ti entrano nel cuore e una di queste è Kiev. La gente pensa che quando si parla di Parigi, Londra, Barcellona si parli della città del cuore. Assolutamente no. Kiev invece è proprio una città che ti dà un’energia e anche un contributo per voler andare avanti veramente molto forte.
Sì, ma perché proprio Kiev? Cos’ha di particolare?
Non lo so. Io ho tre città che sono per me un grande amore: Kiev, Berlino e Baku. Anche Mosca, che però è una città più difficile. Ma queste tre città, che non sono città usuali, hanno tre mentalità completamente diverse però quando io ci vado, arrivo e atterro col sorriso e mi sento a casa.
Passiamo all’oggi. I suoi amici ucraini che messaggi le stanno mandando in queste ore?
Quindici giorni fa erano molto più tranquilli e questa situazione era una cosa lontana da loro. Preferivano non pensarci. Negli ultimi giorni ho sentito chi aveva più paura e chi meno. Chi aveva più paura è perché magari ha parenti a Donetsk, a Kharkov o anche solo a Odessa, perché sono quelle le città che talvolta mettono agitazione. Alcuni mi hanno detto: “abbiamo bambini, adesso ho paura”. Però è stata la cosa di un momento. Già stamattina li ho sentiti, perché con queste persone anche ci lavoro. Ci abbiamo riso anche su perché molti di loro guardano anche i telegiornali italiani, perché lì c’è una grossa fetta di “italianità”, e mi dicevano “dite più cose voi di quello che pensiamo noi”. E questo mi ha fatto sorridere perché per esempio, se ci facciamo caso, il loro presidente non ha ancora pronunciato verbo. Mentre ci sono Macron che parla a nome di tutti e una serie anche di illazioni che loro al momento non vedono. Cioè dicono: “le veniamo a sapere da voi”.
Ma lei mi sta dicendo che qui in occidente stiamo “ingigantendo” la cosa?
Non lo so, perché io non me ne intendo di politica. Però ho notato che quando ero lì i telegiornali non parlavano così assiduamente e costantemente della situazione, mentre qui ogni volta che si accende la televisione c’è una notizia, un’ultima ora eccetera. Qui parlano di Putin come se fosse il loro vicino di casa, e stiamo parlando anche della persona più potente al mondo. Però l’impressione è che ci sia tanta confusione.
L’attuale situazione confusa sconsiglia comunque di andare in Ucraina. Ieri il ministro degli Esteri Di Maio ha chiesto agli italiani che vivono in Ucraina di lasciare il Paese. Questo è un contraccolpo per il suo lavoro?
Al momento no. Non ho paura di andare lì, perché comunque sono già stata lì durante la rivoluzione più di una volta e sono stata lì anche durante i tumulti in piazza del Maidan. Io ho il passaporto italiano e sono vista bene. Noi italiani piacciamo gli ucraini. Mi sono sempre sentita molto sicura a Kiev, devo dire la verità. Non ho mai visto atti sconsiderati verso gli stranieri. Come italiana io non ho avuto paura e non ce l’ho mai. E sono 18 anni che vado a Kiev.
Come sta vivendo in queste ore lo sviluppo degli eventi?
Ovviamente con un po’ di apprensione, non soltanto a livello economico e di lavoro, ma anche a livello affettivo. Perché lì io ho veramente degli amici che sono miei amici da 17-18 anni. Sono persone che ho visto crescere, anche con me nell’attività eccetera. So che hanno bambini, che hanno famiglia e che alcuni hanno già dovuto scappare, perché vivevano per esempio in Crimea, dove poi è successo quello che è successo. Le famiglie sono state sradicate. Penso anche a loro nella maniera in cui si può pensare a una persona che nel giro di pochi anni ha già dovuto sentirsi dire che oggi non è più ucraino ma è russo. Ha dovuto venir via per essere ancora ucraino e probabilmente sta rivivendo la stessa paura. C’è una mia cara amica che ha la famiglia a Kharkov, ma loro sono di Donetsk. Per cui per loro sentirsi dire “oggi non sei più ucraino, ma sei russo” è un fatto che non viene accettato, perché hanno perso tutto. A lei questo fa paura, però dall’altra parte è una persona che lavora con l’Europa, con l’Italia, che ogni giorno parla in italiano e in inglese e mi dice: “so per certo che comunque mi posso rialzare, però non capiamo, perché noi non abbiamo fatto niente, non abbiamo chiesto niente e ci siamo trovati in mezzo a una situazione che comunque tutto sommato non riguarda noi, riguarda solamente gli interessi che altri Paesi hanno”. E questo fa pensare.
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