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Alessandro TichAlessandro Tich
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Italiano do Brasil

Ha abitato quasi trent’anni a Bassano, ora vive ad Asolo. In Italia da 33 anni, da martedì scorso il grande artista brasiliano Bruno Pedrosa è neo cittadino italiano. “Ora mi sento un cittadino pieno”

Pubblicato il 13-01-2022
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Costituzione italiana con candeline. Martedì scorso 11 gennaio, nel giorno del suo 72simo compleanno, il grande artista brasiliano Bruno Pedrosa è diventato cittadino italiano. Italiano come sua moglie Elinor, nata in Brasile da padre piemontese e come le due figlie Andreia e Thereza. Mancava solo lui per completare il tricolore familiare.
Con una cerimonia riservata a pochi parenti e amici nel municipio di Asolo, ha giurato fedeltà alla Repubblica Italiana e ha ricevuto una copia della Costituzione dalle mani del sindaco Mauro Migliorini. Da circa tre anni e mezzo Pedrosa vive infatti ad Asolo. L’ennesimo artista e uomo di cultura che ha scelto la Città dai Cento Orizzonti, nonché uno dei borghi più belli d’Italia, candidata a Capitale Italiana della Cultura 2024, come luogo di residenza e di ispirazione.

Bruno Pedrosa accanto a un suo dipinto nel suo atelier di Asolo (foto Alessandro Tich)

Ma il suo percorso di vita è legatissimo anche a Bassano, dove ha abitato per quasi trent’anni.
E più la sua carriera artistica si è sviluppata a livello internazionale, più l’artista è rimasto affezionato a queste nostre piccole città che guardano il Grappa.
Sto parlando di un Artista con la A maiuscola. Eclettico creatore che si esprime nella pittura, nella scultura, nell’arte vetraria (famosi e straordinari sono i suoi vetri dipinti “Muranos”) e attualmente nel gioiello contemporaneo. Sue opere sono esposte nelle più prestigiose sedi mondiali: dal Museo Nazionale di Belle Arti di Rio de Janeiro al Corning Museum di New York, dal Glassmuseet di Ebeltoft in Danimarca ai Musei Vaticani, dal Jan Van der Togt di Amstelveen in Olanda al MAVA di Madrid, dal MASP di San Paolo del Brasile al Lucca Center of Contemporary Art di Lucca.
Non solo artista, ma anche animatore culturale: la sua carriera è costellata di incontri e di rapporti con i protagonisti della scena dell’arte e della cultura. Memorabili furono gli eventi da lui organizzati con la celebre attrice brasiliana Florinda Bolkan o l’amicizia con Jorge Amado, il grande scrittore brasiliano che per lui scrisse la presentazione del catalogo per i 30 anni di attività, poi presentato all’Ambasciata del Brasile in Italia a Palazzo Pamphilj a Roma. E scusate se è poco.

Quello di Bruno Pedrosa è dunque un percorso senza confini, come senza confini è la sua storia personale e la storia dell’antica famiglia di cui è discendente.
Una famiglia portoghese storicamente attestata dal 1270 e presente in Brasile dalla metà del ‘600: i Pinheiro Pedrosa Ribeiro Campos. I suoi avi si erano trasferiti dal Portogallo nello Stato del Ceará, nel nordest del Brasile, dove lui è nato. Una storia plurisecolare iniziata nell’epoca della piena colonizzazione del grande Paese sudamericano, dove le famiglie portoghesi più in vista possedevano vaste proprietà terriere, in un sistema tipicamente feudale, come vassalli del Re del Portogallo. Godevano di autonomia giuridica e amministrativa e si dedicavano alla produzione di cotone, di canna da zucchero e all’allevamento di bestiame. Quel “feudo” dei Pedrosa di Ceará è stato tramandato nei secoli di generazione in generazione, finché Bruno lo ha donato ai suoi nipoti, che ancora oggi si occupano di allevamento del bestiame. Perché Bruno Pedrosa, nel frattempo, aveva già intrapreso la sua nuova vita in Italia.

Nel 1989, quando con la moglie viveva a Rio del Janeiro, aveva deciso di concedersi un anno sabbatico in Italia. Quell’Italia che amava e dove andava sempre in vacanza.
E quell’anno sabbatico, che doveva durare dodici mesi, si è trasformato nella residenza in pianta stabile nel nostro Paese. Dodici mesi sabbatici vissuti a Busca, tra Cuneo e Saluzzo in Piemonte, paese della famiglia della moglie Elinor. In quell’anno l’artista ha continuato a prendere l’aereo per andare in Brasile e negli Stati Uniti, principale mercato delle sue opere. Poi la scelta di vita: rimanere a vivere in Italia. Non a Busca però, troppo lontana e decentrata dagli aeroporti che servivano all’artista per i suoi spostamenti.
C’era un’altra città, da lui visitata come turista, che gli piaceva tantissimo, non lontana da Venezia e dall’aeroporto Marco Polo. Era Bassano del Grappa. Reduce da Rio de Janeiro, Bruno non voleva trasferirsi in un’altra metropoli o grande città, preferendo di gran lunga i piccoli centri storici. Qui a Bassano, nel 1990, la famiglia Pedrosa si è trasferita ed è rimasta per 28 anni.
Prima in una casa bellissima con vista panoramica, attaccata al Ponte all’inizio di via Pusterla, a pochi passi dall’atelier di via Gamba dove l’artista creava le sue opere. Poi, negli anni successivi, in un grande edificio con giardino a Sarson. Ma le figlie Andreia e Thereza, nel frattempo, erano diventate grandi prendendo le loro strade e quella grande casa di Sarson, abitata da lui e da Elinor, era troppo grande per due sole persone. Era il momento del trasloco definitivo.

Circa sei anni fa Bruno Pedrosa ha aperto un nuovo atelier in via Bembo ad Asolo, attaccato alla piazza principale. E ad Asolo ha cercato e trovato casa: una bella e signorile casetta in via Canova, sempre nel cuore del borgo che ospitò la corte della Regina Caterina Cornaro e che ammaliò Giosuè Carducci, Robert Browning, Eleonora Duse, Freya Stark. Ed è proprio nell’atelier di via Bembo che vado a trovare, questa volta per un’intervista, questo grande artista con cui ci diamo del tu grazie alla lunga frequentazione, non solo professionale, che negli anni abbiamo coltivato in quel di Bassano. Incontrare Bruno Pedrosa - con la sua inossidabile barba, gli altrettanto imperituri occhiali e l’immutabile accento brasileiro - è sempre un’esperienza arricchente, con quel suo modo di chiacchierare, con spirito allegro e arguto, di cose importanti. Grande persona e grande personaggio. Nel suo studio, allestito in un locale che fino alla metà dell’800 ospitava un frantoio, quadri, sculture e libri avvolgono il visitatore in un’atmosfera quasi magica. In un angolo è ubicato un piccolo tavolino dove l’artista si dedica alla creazione dei suoi gioielli: fantasiose spille, ovvero “sculture da indossare”, realizzate in ottone e acciaio. È qui che ci sediamo per questa intervista che vuole raccogliere le sue prime impressioni di italiano do Brasil.

Bruno Pedrosa, come ci si sente da neo cittadino italiano?
Benissimo. Io dico sempre che conosco tutti i Paesi europei, giro dappertutto e li conosco molto bene. Però sono capace di vivere solo in due: Portogallo e Italia. Il Portogallo per le mie radici e per la storia della mia famiglia, molto coinvolta nella storia portoghese. E l’Italia per la sua bellezza. Le sue piccole città veramente sono da vivere. Asolo è una città da vivere, a misura d’uomo, che ti dà pace di spirito e allo stesso tempo è un luogo che ti offre, dal punto di vista culturale, quello che puoi trovare a Venezia. È un piccolo borgo, ma di mentalità metropolitana.

Fino ad ora, per 33 anni, hai vissuto in Italia con un permesso di soggiorno. Cosa cambia adesso?
L’unica cosa che cambia davvero è che adesso sono cittadino e posso anche votare. Io avevo sin dall’inizio la possibilità di avere la cittadinanza, perché sono sposato con un’italiana e le mie figlie sono italiane. Però trent’anni fa il governo brasiliano non lo permetteva. C’era una legge brasiliana del periodo militare che diceva che se io non sono un oriundo, non sono figlio o nipote di italiani, non potevo avere la doppia cittadinanza e dovevo rinunciare a quella brasiliana. Questo per me era impossibile. E allora il Ministero degli Esteri italiano mi ha gentilmente dato un permesso di soggiorno per tutta la vita. Potevo vivere qui per sempre, l’unica cosa che non mi era concessa era il voto.

Ma cosa si prova a tenere in mano la Costituzione italiana?
Adesso io mi sento un cittadino legalizzato. Un vero cittadino del Paese. È una cosa psicologica, mi sento un cittadino pieno. Ti faccio un esempio pratico. Noi a casa abbiamo il gusto della politica. Parliamo sempre di politica e io quotidianamente sto attaccato, parlandone bene e male, alla politica brasiliana. Ma della politica italiana non ho detto mai niente. Le mie figlie e mia moglie discutevano e io dicevo sempre: “io non posso dire niente perché non sono italiano, qui sono un ospite”. Oggi mi sento un cittadino anche con diritto di dire la mia.

Qui ad Asolo come ti trovi?
Molto bene. È incredibile che viviamo qui da appena tre anni e mezzo e oggi mi sento quasi come se fossimo qui da trent’anni, in una città che fa parte della mia storia. Una città di conoscenze, di amicizie, dove ci si sente bene. Asolo è una comunità. Questo ha un fascino per noi. Soprattutto per me che ho vissuto per vent’anni in una metropoli, Rio de Janeiro, dove tu abiti in un palazzo con duecento appartamenti e nessuno conosce nessuno, non sai neanche chi è il tuo vicino di casa. Questa è la giungla della grande città. Ad Asolo invece esci in strada e tutti ti salutano, ti dicono “buongiorno, come stai, tutto bene?”. È una cosa fantastica.

E invece di Bassano che ricordo hai?
Ho bellissimi ricordi di Bassano. Anche perché, piano piano, a Bassano ho avuto la fortuna di fare conoscenze e di inserirmi nell’ambiente intellettuale grazie a un bravo amico, Sandro Scrimin, che mi ha presentato a tutti gli altri artisti e ha creato un nucleo di scrittori, intellettuali e artisti di cui io facevo parte. Ci incontravamo, partecipavamo a vari eventi e io sentivo come se Bassano fosse la mia città. È logico che dopo trent’anni molti amici non ci siano più. Sandro Scrimin ad esempio non c’è più, come altri miei carissimi amici artisti come Pompeo Pianezzola o Bruno Breggion. Però a Bassano torno sempre il lunedì, dove mi incontro con Otello Fabris e un gruppo di altri amici per bere un po’ di vino, chiacchierare, parlare di letteratura e di arte. A Bassano io mi sento quasi un “figliol prodigo” del lunedì.

Un’ultima cosa. Da brasiliano, segui il calcio?
No. Io sono un’anomalia come brasiliano!

Ah, caspita. Ma se ai Mondiali l’Italia gioca contro il Brasile, tu per chi fai il tifo?
Ti rispondo con una cosa già successa. In uno degli ultimi Mondiali l’Italia stava proprio giocando contro il Brasile. Io a casa avevo le due bandiere e se vinceva il Brasile facevo il tifo per il Brasile, se vinceva l’Italia facevo il tifo per l’Italia. Sono un brasiliano totalmente anomalo!

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