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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Special report

Attualità

Ci vediamo da Mario

Il 2021 è l’anno del centenario nazionale della nascita di Mario Rigoni Stern. Quella volta che gli diedi un passaggio in auto a Bassano, gettando le basi di due indimenticabili incontri-intervista nella sua Asiago

Pubblicato il 24-05-2021
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Brassaï. L’occhio di Parigi

A volte gli incontri importanti nascono da circostanze banali. Anzi: banalissime, come il caso dei miei due indimenticabili incontri-intervista con Mario Rigoni Stern.
Ne scrivo perché adesso il suo nome è ritornato di attualità: il 2021 è l’anno della celebrazione del centenario nazionale della nascita del grande scrittore asiaghese, oltre ad essere anche il centenario di Dante. Anche Rigoni Stern aveva attraversato la sua selva oscura: la ritirata di Russia, che a lui - sergente degli alpini tornato vivo dall’inferno ghiacciato di quella disastrosa campagna militare - ispirò il suo primo celebre romanzo autobiografico Il sergente nella neve.
In occasione del centenario, nell’auspicio di un allentamento della morsa del Covid, si moltiplicano gli eventi in suo onore, secondo un programma di celebrazioni addirittura triennale. Anche dalle nostre parti: domani a Marostica, ad esempio, è in programma una conferenza stampa di presentazione del programma di iniziative “L’ambiente sociale e culturale di Dante Alighieri a 700 anni dalla morte e di Mario Rigoni Stern a 100 anni dalla nascita”. La casella di posta elettronica della redazione continua ad aggiornarmi periodicamente sugli avvenimenti in calendario per l’importante anniversario.

Mario Rigoni Stern (fonte immagine: labottegadihamlin.it)

E ogni volta non posso non ricordare il mio doppio incontro ravvicinato, in esclusiva, con questo gigante della terra veneta che a prima vista, a chi non l’aveva ancora conosciuto di persona, incuteva soggezione.

Me la ricordo eccome, la prima volta che ho incontrato di persona Mario Rigoni Stern.
Era il 1995 e io lavoravo a Telealto Veneto, la prima e storica emittente televisiva di Bassano. Un pomeriggio il grande scrittore arrivò nella sede della Tv in viale Vicenza 150 per registrare un’intervista sul premio letterario della Regione Veneto “Leonilde e Arnaldo Settembrini”, ospitato a Mestre, di cui quell’anno era un componente della giuria.
L’intervista era stata concordata con Telealto dai promotori del premio, non certamente da lui: Rigoni Stern non era un tipo da auto-promozione sul teleschermo. Anzi, era l’opposto: riservato, schivo, isolato. Un orso buono dei boschi dell’Altopiano. Per questo poterlo avvicinare al microfono era un autentico avvenimento. E così ho fatto. Tre o quattro domande e dopo qualche minuto l’intervista televisiva, dei cui contenuti non ho più memoria, era fatta. L’illustre ospite era venuto in Tv assieme ad altre persone. Lo scrittore infatti non guidava l’auto: erano andati a prenderlo e lo avevano accompagnato fino agli studi della mitica televisione locale. Non so per quale motivo chi lo ha accompagnato all’andata non poteva farlo anche al ritorno. Fatto sta che al termine dell’incontro qualcuno mi ha chiesto se potevo dare un passaggio in auto a Mario Rigoni Stern fino alla stazione delle corriere di Bassano, che allora si trovava in piazzale Trento, dove lo scrittore avrebbe poi preso l’autobus per Asiago. E così ho fatto. Lo avessi saputo prima, avrei dato una ripulita ai sedili e ai tappetini nell’abitacolo. Rigoni Stern si è quindi accomodato nella mia Fiat Uno e, con l’autoradio spenta per la sacralità del momento, nel giro dell’oca da viale Vicenza a piazzale Trento ho provato l’ebbrezza del taxi driver con personalità a bordo. Non so che cosa ci siamo detti durante il tragitto, sicuramente io avrò tirato fuori qualche stupidaggine per la famosa funzione fatica (fàtica, con l’accento sulla prima “a”) del linguaggio, quella che serve a tenere vivo il contatto con un'altra persona dicendo cose ovvie come “oggi fa freddo” o “oggi c’è bel tempo”. Comunque sia, ho portato il celebre autore all’autostazione. E lui, scendendo dall’auto, mi ha detto inaspettatamente, probabilmente per ringraziarmi dello strappo in macchina: “Venga a trovarmi ad Asiago, se vuole”. Non credevo quasi alle mie orecchie.
E così ho fatto.

Non ho aspettato molto per rispondere all’inatteso invito del cantore dell’Altopiano.
Nel 1995, edito come sempre da Einaudi, era infatti uscito il suo nuovo romanzo Le stagioni di Giacomo, che racconta le vicende di una piccola comunità e di una famiglia altopianese negli anni fra le due guerre. Era il pretesto perfetto per chiedergli un’altra intervista televisiva: ma questa volta in esclusiva, a tu per tu, senza terze persone e altri accompagnatori. Rigoni Stern incuteva sempre soggezione, ma il “precedente” dello strappo in auto mi aveva dato il coraggio di tentare, telefonandogli a casa, ricordandogli che ero “il giornalista che gli ha dato il passaggio a Bassano” e chiedendogli un appuntamento per l’intervista.
La cosa incredibile è che Rigoni Stern si ricordava di me, e di quel banale episodio bassanese, e ha accettato. Alle sue condizioni, ovviamente, a cui non ho potuto che - opportunamente - sottostare. Niente appuntamento a casa sua, ma in un pubblico locale nelle vicinanze, e acquisto preventivo del libro. Lo scrittore non regalava i suoi libri ai giornalisti: se questi volevano leggerne i contenuti per trarre spunti per le loro interviste, dovevano comprarli. Ma pur di intervistarlo, io avrei comprato anche il segnalibro.

Il mio primo incontro-intervista con Mario Rigoni Stern ad Asiago risale al 29 dicembre 1995. Ho il riferimento preciso perché la data è scritta nella dedica autografata dell’autore sul frontespizio del volume de Le stagioni di Giacomo. Io e il cameraman eravamo giunti per tempo nel luogo prefissato per l’appuntamento, vicino all’aeroporto di Asiago, dove il grande scrittore è arrivato puntuale. Mi ricordo ancora quando l’ho visto arrivare, a piedi, con addosso un cappotto di loden verde, con le mani in tasca, dalla stradina che collegava al sentiero per la sua abitazione. E quando al termine dell’intervista ha ripreso la via del ritorno, sempre a piedi e sulla stessa stradina, il mio operatore gli ha fatto una ripresa prolungata da antologia. C’era anche un po’ di neve, rendendo iconica quella figura in movimento. Era come vedere una leggenda vivente che, dopo averti concesso il suo tempo, rientrava nel suo mondo e nell’universo dei suoi ricordi per il quale non avevi il permesso d’ingresso.
Quella con l’autore de Il sergente nella neve è stata una bella e lunga intervista, di oltre mezz’ora, certamente una delle più importanti della mia carriera televisiva.
Rigoni Stern era nel “suo” ambiente e si percepiva che era a proprio agio, facendo sentire a proprio agio anche il suo interlocutore. Affabile ma senza eccedere nella cordialità di facciata, disponibile ma senza mai aprirsi totalmente. Il suo ultimo romanzo è stato solo lo spunto per parlare di tante altre cose: la guerra, la pace, l’Europa, i giovani, l’ambiente, la natura, l’Altopiano… E anche nelle sue risposte, come nei suoi libri, nessuna parola era sprecata. Indimenticabile.

Passano le stagioni, anche quelle di Giacomo, ma quello che allora non sapevo è che avrei incontrato e intervistato in esclusiva Mario Rigoni Stern ancora una volta. Sempre alla fine di dicembre, ma del 1999. Quell’anno era invece uscito, sempre per Einaudi, “Inverni lontani”: racconto autobiografico che parla di un mondo perduto di volti e di voci, di cibi e di liquori, di legna e di prove di coraggio. Prove di coraggio come la mia, che mi ha visto nuovamente contattare l’autore a quattro anni di distanza dalla prima lunga intervista, ottenendo nuovamente il suo “sì”. Appuntamento, questa volta, in piazza ad Asiago. E questa volta per un’altra emittente televisiva: l’altrettanto storica TV Bassano. Ero ormai meno insicuro e titubante della prima volta, al punto da dimenticarmi una delle sue regole.
All’incontro in piazza, Rigoni Stern mi ha infatti chiesto: “Ce l'ha il libro?”. E no che non ce l'avevo, accidenti. Ma ho rimediato subito: l’autore in persona mi ha accompagnato all’edicola vicino all’imbocco di corso IV Novembre dove ho immediatamente acquistato il volume. 10.000 lire per la causa. Ho tolto il cellophane davanti a lui, gli ho promesso che lo avrei letto appena rientrato a Bassano e quindi, in un locale del centro che oggi non ricordo, abbiamo fatto un altro quarto d’ora abbondante di domande e risposte davanti alla telecamera.
Non è stata l’ultima volta che ci siamo visti, ma quella è stata la vera e autentica conclusione della mia Mario Rigoni Stern Experience.

Di questi due incontri ravvicinati con uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento mi restano i due libri che ho dovuto comprare per il bene della causa. Nel primo appare sul frontespizio, sacra come una reliquia, la dedica autografata: “Ad Alessandro Tich con amichevole augurio dalla montagna di Giacomo. Mario Rigoni Stern”. Nel secondo, un’altra dedica non meno degna di devozione per il vostro umile cronista: “Per Alessandro a ricordo dell’inverno 1999-2000. Con mille auguri. Mario Rigoni Stern.”
Era il 30 dicembre 1999: il penultimo giorno del Secondo Millennio. Ed è proprio così: sotto la scorza dell’orso dell’Altopiano, dell’autore schivo e riservato che incuteva soggezione, del montanaro insigne rinchiuso nel suo universo per il quale non avevi il pass d’ingresso,
si celava una persona dalla profonda umanità. Ed è così che mi piace ricordarlo, e raccontarvelo, in questo che è l’anno dedicato alla celebrazione nazionale del centenario della sua nascita.
Ma tutto è iniziato da quel breve passaggio in macchina da Telealto Veneto alla stazione delle corriere di Bassano, senza il quale non avrei mai osato pensare di entrare in contatto con lui e di concretizzare il proposito che, dopo aver portato a destinazione un passeggero così illustre, mi era balenato in testa: ci vediamo da Mario, prima o poi.

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