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Direttore Responsabile
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Canova e l’Orgoglio
Viaggio al centro della scelta di Bassano di staccarsi da Possagno, optando per un Bicentenario Canoviano fai-da-te
Pubblicato il 21-03-2021
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Lo ammetto: quando Vittorio Sgarbi scende in campo, non ci si annoia mai.
Questa volta gli strali del professore multitasking sono stati lanciati in direzione di Bassano del Grappa, per la nota “scissione” da Possagno dell’amministrazione Pavan in merito alle celebrazioni del Bicentenario Canoviano. Contemporaneamente all’Etna, in fase di eruzione, l’altro giorno in conferenza stampa Sgarbi ha emesso una colata di lava contro Bassano, come riferito nel mio articolo “Con mucho Sgarbo”. Va anche detto che le dichiarazioni del presidente di Fondazione Canova Onlus vanno sempre prese con le pinze, perché è già accaduto - anche nelle cronache della Possagnovela - che lo stesso Sgarbi abbia poi smentito o ricalibrato quanto dichiarato il giorno prima. Ma questa volta siamo nel campo delle questioni di principio, assai difficili da rimangiarsi. Scegliendo di fare per conto suo una grande mostra dedicata a Canova nel 2022 e di istituire per il Bicentenario un proprio comitato scientifico ad hoc, Bassano ha spezzato gli equilibri del sistema copernicano che, sgarbianamente, ruota attorno a Possagno. E, così facendo, ha tagliato ulteriormente i fili dei collegamenti istituzionali col territorio circostante, nel nome di una presunta autarchia bassanese nel campo delle iniziative culturali. Ciò può anche andar bene ai sostenitori di Bassano Capitale, ma il problema è che in questa vicenda la città di Bassano è dalla parte del torto, per motivi di strategia politica e di comunicazione. Perché non puoi sbandierare ai quattro venti che hai raggiunto un accordo con Possagno di collaborazione tra i rispettivi Musei per il coordinamento del Bicentenario “Canova 2022”, comunicandolo ai media assieme a Possagno, e poi - come se nulla fosse - optare per il Bicentenario fai-da-te.
Apparentemente, quindi, la scelta di Bassano è al di fuori di ogni logica. Sgarbi ha parlato di “pugnalata alle spalle”, di “scorrettezza palese”, di “azione irragionevole”, di “grave mancanza di rispetto istituzionale”, di “Bassano presa da una specie di delirio autonomistico”. Come dargli torto, se i presupposti di sinergia tra i due poli canoviani del territorio erano tutt’altri? Eppure, se Bassano ha rivoltato la frittata, una motivazione dovrà esserci.
Antonio Canova, Teseo in lotta con il Centauro. Vienna, Kunsthistorisches Museum (fonte immagine: wikipedia.org)
La decisione dell’amministrazione di Bassano del Grappa di ballare da sola in questi nove mesi che ci separano dal 2022 e nel corso dell’anno del Bicentenario Canoviano rappresenta, in sé, un interessante caso psicopolitico. È assai probabile, cioè, che alla base del divorzio con Possagno - benché da via Matteotti si continui a rassicurare la stampa circa la “volontà di collaborare” - ci sia un meccanismo di autosuggestione per reagire al senso di inferiorità che un anniversario celebrato assieme al Museo Gypsotheca di Possagno, e assieme a un presidente della Fondazione del genere, avrebbe generato. È noto inoltre che l’attuale amministrazione bassanese deve ancora dimostrare di saper fare qualcosa di importante nel campo della Cultura, dopo l’anno zero (in tutti i sensi) dell’assessorato alla Cultura affidato a sé stessa dal sindaco Pavan e dopo il rodaggio ancora in progress del nuovo assessore alla Cultura Giovannella Cabion.
Certamente l’amministrazione Pavan sarà anche stufa di sentirsi dire che gran parte delle iniziative culturali proposte in questi quasi due anni sono state un’eredità dell’amministrazione precedente e senza dubbio un ulteriore elemento di frustrazione è costituito dal fatto che gli sforzi degli ultimi mesi per organizzare qualcosa di propria sponte (vedasi mostra del Marinali) siano stati vanificati dalle restrizioni dell’emergenza Covid. Serve un “grande botto”, ma grande davvero, per far dimenticare il poco o nulla del recente passato in campo culturale e per appuntarsi finalmente sul petto una medaglia d’oro da esibire in futuro nel bilancio di mandato. Ma per entrare nel cuore dei cittadini elettori - facendo leva sul perpetuo luogo comune di Bassano Caput Mundi -, il grande botto deve essere Made in Bassano, esclusivamente. E il Bicentenario Canoviano, da questo punto di vista, rappresenta all’interno del quinquennio amministrativo un’occasione unica e irripetibile.
Sarà per questo che, nelle dichiarazioni rilasciate a Bassanonet e pubblicate nel mio articolo “Io ballo da sola”, l’assessore alla Cultura Giovannella Cabion ha testualmente affermato che “noi, come città di Bassano, siamo in grado di essere leader del Canova” e che la grande mostra a Bassano nel 2022 “sarà un prova molto importante per me, per il sindaco e per la direttrice del Museo”. In queste ore sarebbero parole impronunciabili, in un momento in cui l’amministrazione Pavan sta cercando di riannodare affannosamente i fili delle relazioni con Possagno rapportandosi col sindaco e vicepresidente della Fondazione Canova Valerio Favero, certamente meno “esigente”, meno “impegnativo” e meno “ingombrante” di una bomba a orologeria come Vittorio Sgarbi. Ora si ricomincia a parlare di “itinerari canoviani”, di “piena sintonia”, di necessità di “superare le divisioni”.
Ma resta il fatto che al momento fatidico, con tutte le “sintonie” che si vorranno mettere in campo, Bassano e Possagno avranno le loro due grandi mostre separate.
E qui entra in gioco una figura chiave di tutta questa storia: l’ex direttore del Museo Civico di Bassano ed ex direttore della Fondazione e Museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno Mario Guderzo. Considerato dall’amministrazione Pavan un esponente della “vecchia guardia” ai tempi del modernismo dell’ex direttrice dei Musei Civici, ex consulente esterna ed ex aspirante “bidirettrice” di Bassano e Possagno Chiara Casarin, il dottor Guderzo - marosticense come l’assessore Cabion - è tornato improvvisamente nelle grazie di quella stessa amministrazione che agli inizi lo aveva snobbato. Per Bassano si tratta di un grande acquisto: un top player che per contribuire alla buona riuscita del Bicentenario in salsa bassanese sarà spinto da una forza irresistibile. Quella dell’orgoglio.
Responsabile scientifico dell’attuale restauro del gesso della “Ebe” al Museo Civico, Mario Guderzo, assieme a Giuseppe Pavanello, sarà anche il curatore della grande mostra del 2022 su “Canova e l’Europa” al Museo Civico. Guderzo vanta nel proprio curriculum la straordinaria mostra su Canova del 2003, di cui fu uno dei tre curatori. Quella mostra, però, fu allestita congiuntamente sia a Bassano che a Possagno, dove Guderzo era il direttore. Con risultati strepitosi: 149.000 visitatori in riva al Brenta, oltre 80.000 nel paese natale del grande scultore neoclassico. È ovvio che ora sono cambiati i termini della questione: Bassano e Possagno procederanno separate e la risposta del grande pubblico in quello che dovrebbe auspicabilmente essere “l’anno uno” dell’era post-Covid è ancora un’incognita.
Ma è chiaro che le attese sull’evento espositivo dell'anno prossimo sono elevate.
Con un precedente del genere, Mario Guderzo è come un commissario tecnico della Nazionale di calcio che torna a partecipare al campionato mondiale dopo aver già vinto la Coppa del Mondo. E come ogni buon CT che si rispetti, si è portato dietro il suo staff di fiducia. Giuseppe Pavanello, assieme a Sergej Androssov, era stato un altro dei tre curatori della mostra del 2003 di cui la società Villaggio Globale International di Maurizio Cecconi - fresca affidataria dell’organizzazione della grande mostra bassanese del 2022 - curò gli aspetti organizzativi. Per la serie: squadra che vince non si cambia. Ma proprio questo, alla fine della fiera, è il rischio. E cioè che il duecentesimo anniversario della morte di Antonio Canova non si traduca nella celebrazione diffusa di un genio del nostro territorio ma in una competizione a chi è più bravo tra Possagno e Bassano e a chi attirerà più visitatori.
Le dichiarazioni dell’altro ieri di Vittorio Sgarbi vanno già in questa direzione, con le sue parole chiare come il gesso e pesanti come il marmo.
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