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Alessandro TichAlessandro Tich
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Turisti per caso

I record al contrario: il pesantissimo crollo del turismo in Veneto nel 2020 e le prospettive per l'anno corrente. Con alcuni messaggi che vanno captati anche dal territorio del Bassanese

Pubblicato il 19-02-2021
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Oggi, egregi lettori, allarghiamo il tiro. Parliamo infatti di turismo. E cioè del pesantissimo crollo del turismo in Veneto nel 2020, l'“anno maledetto” del Covid-19, ma anche delle prospettive di ripartenza del settore in questo 2021 nel quale la pandemia non è ancora andata fuori dalle scatole. Ne parliamo perché Bassano del Grappa, assieme al suo comprensorio, dal punto vista turistico non costituisce una repubblica indipendente ma si colloca geograficamente al centro dei potenziali flussi turistici che confluiscono nella nostra regione. E siccome - come ci insegnano da sempre i promotori del marketing territoriale - il compito del nostro territorio sarebbe quello di “intercettare” i flussi turistici che arrivano in Veneto attratti da altre e più note destinazioni, ecco che una breve analisi su come sono andate e su come potrebbero andare adesso le cose può essere utile per capire come uscire dal fango anche dalle nostre parti.
Partiamo dal presupposto che il Veneto è (anzi, per meglio dire, è stata) la regione turistica per eccellenza in Italia. Venezia, il Lago di Garda, le Dolomiti e le spiagge sono eccellenze che da sole, in tempi normali, sbancano il botteghino.
Oggi la Regione Veneto ha diffuso i dati ufficiali del turismo veneto nel 2020: una vera e propria ecatombe economica. Gli arrivi hanno registrato un crollo del 61,1% e le presenze un tracollo del 54,4%. In un'epoca di lockdown, di restrizioni agli spostamenti e di chiusure dei confini c'è solo da consolarsi del fatto che non siano emersi dati ancora peggiori.

Fonte immagine: Regione Veneto

I numeri e le percentuali del turismo veneto 2020 vengono definiti “i record al contrario”.
Basti pensare che nei mesi di gennaio e febbraio, precedenti allo scoppio dell'emergenza sanitaria, i trend rispetto al 2019 erano ulteriormente in ascesa: rispettivamente il +8,1% e il +2,1% nelle presenze. Poi, da marzo, la caduta vertiginosa con un calo dei flussi turistici che ha superato il 90% in aprile e in maggio. A luglio, nell'estate della “ripartenza apparente”, è iniziata la ripresa ma comunque con numeri corrispondenti alla metà di quelli registrati nello stesso mese nel 2019. Da settembre in avanti, poi, il nuovo trend negativo che ha raggiunto un -74%,5 nelle presenze nel mese di dicembre. Per la serie: Natale con i tuoi, restando forzatamente a casa per Dpcm.

I segni negativi del 2020 hanno riguardato tutte le destinazioni. Le città d'arte e le località termali sono state le più colpite dalla crisi, con una perdita delle presenze turistiche superiore al 65%. Nel corso dell'anno le città d'arte hanno registrato 16,6 milioni di presenze in meno: la sola Venezia ne ha perse 9,4 milioni (-72,5%). Oltre 2,1 milioni di presenze in calo hanno invece rovinato l'annata nelle località termali.
Se i luoghi dell'arte e del benessere piangono, le spiagge non ridono: il bilancio della stagione balneare si è chiuso con una perdita di 11,6 milioni di presenze, quasi la metà rispetto al 2019 (-45,9%). Dimezzati (-56,6%) anche i pernottamenti nelle località del Lago di Garda, dove sono andate in fumo 7,4 milioni di presenze. Il turismo in montagna, dopo un buon avvio pre-pandemia e con lievi perdite in estate, ha subito comunque una contrazione dei flussi pari al 24,2%, anche per l'impatto della chiusura degli impianti di risalita durante le festività natalizie. Non stanno meglio, infine, i territori del turismo enogastronomico: anche l'area del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene ha registrato nel 2020 un dimezzamento dei flussi turistici.
In questo quadro generale di terra bruciata, risulta invece in moderata controtendenza il turismo di prossimità, che è poi quello che maggiormente interessa al momento il nostro territorio. Nei mesi estivi si è registrata infatti una crescita del turismo domestico e soprattutto regionale: +6% a luglio, +15% ad agosto e +24% a settembre. I turisti provenienti dal resto d'Italia sono invece aumentati solamente in agosto e di poco: +4%.
Gli stranieri invece, come era prevedibile, in estate sono calati drasticamente (-68,3%), con qualche arrivo a partire da luglio, quando i confini sono stati riaperti, e dati migliori in agosto e settembre ma comunque dimezzati in confronto all'estate 2019.
Le riduzioni più importanti hanno riguardato i turisti dalle nazioni europee più “affezionate” alle destinazioni venete (Germania -54,3%, Austria -61,9%, Paesi Bassi -57,6%).
I “coraggiosi” stranieri che hanno fatto qui vacanza erano comunque turisti fidelizzati: circa il 60% ha sempre considerato quella veneta una destinazione ospitale e sicura negli anni pre-Covid, mentre un 20% aveva già soggiornato in Veneto almeno 6 volte.
Alta Fedeltà.

Da questa valle di lacrime, emergono comunque alcuni dati interessanti in merito alle nuove tendenze dei soggiorni turistici nella nostra regione, che andrebbero prese attentamente in considerazione anche dai promotori del turismo in salsa bassanese.
Innanzitutto salta all'occhio che le perdite più rilevanti hanno colpito il settore alberghiero: gli hotel in Veneto hanno chiuso il 2020 con un crollo del -64,7% negli arrivi e del -60,8% nelle presenze. Ma anche le strutture extralberghiere hanno subito una grave défaillance (arrivi -54,7% e presenze -48,9%). Le perdite minori, anche se comunque consistenti, si riscontrano invece per gli agriturismi, che permettono di trascorrere una vacanza verde, particolarmente ricercata nel periodo della pandemia e sicuramente gradita dai sempre più numerosi praticanti del turismo sostenibile anche in prospettiva.
Da notare inoltre che la permanenza media del soggiorno, in particolare per le destinazioni montane e per le città d'arte, si è allungata: in controtendenza con quanto successo negli ultimi anni in cui si preferivano vacanze ripetute ma più brevi, oggi si è propensi a soggiornare più a lungo nella destinazione raggiunta. Un messaggio che va recepito anche nei cosiddetti “Territori del Brenta”, dove i fautori dell'ancora mai decollato progetto del Marchio d'Area sostengono da tempi non sospetti la necessità di elevare l'attrattività del territorio per prolungare la durata media dei soggiorni di turisti e villeggianti.

L'assessore regionale al Turismo Federico Caner, nel commentare gli sconfortanti dati ufficiali dell'anno scorso, dichiara che “se il 2020 rimarrà nella nostra storia come l'annus horribilis, il 2021 e gli anni a venire non potranno che essere quelli della rinascita di una terra che ha sofferto molto, ma non ha mai perduto la cosa più preziosa: sé stessa”.
Caner afferma di condividere pienamente “quell'atteggiamento di resilienza che, pur tra giustificate delusioni e recriminazioni per i mancati supporti governativi, il mondo imprenditoriale turistico veneto sta manifestando in un momento estremamente critico”.
Per l'assessore “abbandonarsi allo scoramento non serve” ma “è molto più utile affrontare la realtà con pragmatismo, fissando due obiettivi”. E cioè “uscire dalla pandemia con la stessa determinazione che la nostra Regione ha messo in campo per sconfiggere il virus, accelerando sul fronte della più ampia e diffusa vaccinazione” e al contempo “mettere in sicurezza le aziende della filiera turistica e le innumerevoli professioni ad essa collegate, evitandone la scomparsa attraverso una veloce e congrua assegnazione di ristori e indennizzi”. “A questi traguardi - conclude Caner - si deve aggiungere la convinzione che le straordinarie potenzialità dell'offerta veneta non sono state minimamente intaccate e che la prima regione turistica d'Italia mantiene inalterati i suoi punti di forza, purché in futuro sappia innovarsi e stare al passo con una domanda in continua evoluzione.”
Questo sì, che è ottimismo. Speriamo che la sfera di cristallo dell'assessore veneto al Turismo funzioni regolarmente. Nel frattempo qui a Bassano e nel suo comprensorio siamo in un ritardo pazzesco: grazie anche e soprattutto al Covid-19, la domanda turistica dall'Italia e dall'Europa, nello scenario di un futuro ritorno alla presunta normalità, sta mutando velocemente. E un territorio che non ha ancora deciso se dotarsi o meno di un Marchio d'Area rischia di perdere altri anni alla ricerca della propria identità turistica, perdendo di vista il mondo che corre in avanti e mancando l'obiettivo.

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