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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

Esclusivo

Attualità

Dottor Giovanni

Incontro con Giovanni Menegon, ex assessore a Bassano, colpito nel 2006 da un ictus cerebrale ischemico. La storia della sua lunga lotta per la rinascita. E lo scorso 25 settembre ha conseguito la sua seconda laurea

Pubblicato il 10-10-2020
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Brassaï. L’occhio di Parigi

La pubblicazione si intitola “Giorno della laurea” e descrive con foto e testi scritti i momenti salienti della cerimonia svoltasi lo scorso 25 settembre in Piazza San Marco a Venezia per la consegna dei diplomi di laurea ai neo laureati dell'Università Ca' Foscari.
E nel lungo elenco dei nomi dei neo dottori, pubblicati in ordine alfabetico, c'è anche lui: Menegon Giovanni Raffaele.
Giovanni Menegon è un volto conosciutissimo della città di Bassano, di cui è stato un protagonista della vita pubblica. Titolare di un noto negozio di abbigliamento del centro storico (“Mario Confezioni”), alla fine degli anni '90 era stato il presidente dell'associazione mandamentale dei commercianti, che allora si chiamava UMCE. Poi l'attività da pubblico amministratore, chiamato nel 2005 dal sindaco Gianpaolo Bizzotto a fare parte della giunta comunale nel ruolo, molto apprezzato dalla città, di assessore allo Sport. Talmente apprezzato che di lui già si parlava come possibile futuro candidato sindaco di Bassano.

Giovanni Menegon nel “Giorno della laurea” in Piazza San Marco a Venezia

Poi, la sera del 2 febbraio 2006, la svolta della sua vita. Un improvviso e grave malore occorsogli durante una cena con le società calcistiche del territorio. Ictus cerebrale ischemico, nella parte sinistra del cervello. In quel drammatico momento Menegon è diventato “un altro”, e la storia degli ultimi 14 anni è quella della grande battaglia personale che ha condotto, e che conduce ancora, per ritornare “sé stesso”. L'ictus lo aveva ridotto in uno stato avanzato di disabilità: emiplegico (con paralisi completa della parte destra del corpo), aprassico (incapace di fare movimenti) e afasico (incapace di leggere, di scrivere e di parlare). E soprattutto, come scrive nelle sue memorie, era “distrutto”.
“La mia intelligenza era forse intatta - scrive ancora Menegon -, solo che non era completamente raggiungibile, era come una scatola vuota, non c'erano le connessioni cerebrali e i processi cognitivi.” Ebbene: quello da lui intrapreso dal 2006 ad oggi è stato il cammino lungo la strada in salita della rinascita, totalmente concentrata su come riempire nuovamente quella scatola diventata improvvisamente vuota. Un lungo e difficile percorso di recupero e di riabilitazione sia intellettiva che fisica nel quale un ruolo fondamentale è stato svolto dal Centro Studi di Riabilitazione Neurocognitiva, diretto dal prof. Carlo Perfetti, a Santorso. Oggi il prof. Perfetti e il suo staff riabilitativo possono essere orgogliosi del lavoro svolto, come lo stesso Menegon deve essere orgoglioso della volontà e della tenacia con cui ha perseguito l'obiettivo di riconquistare le proprie capacità cognitive e le proprie funzioni motorie e psicologiche e, con esse, il diritto di sognare.
Lo scorso 1 agosto l'ex presidente dell'UMCE ed ex assessore comunale ha affrontato l'esame di laurea del corso triennale in Economia Aziendale dell'Università Ca' Foscari di Venezia, sostenendolo a distanza via computer secondo le nuove norme anti-Covid e superandolo. Titolo della tesi elaborata dal laureando e discussa col collegio dei docenti: “Aspetti Psicologici della Finanza Comportamentale”. Poi il suggello definitivo, con la consegna del diploma di laurea nella cerimonia pubblica del 25 settembre in Piazza San Marco a Venezia.
Si tratta della sua seconda laurea, dopo quella in Economia e Commercio conseguita nel 1989, col vecchio ordinamento, sempre a Ca' Foscari. Un primo titolo di studio con il quale, negli anni successivi, Menegon aveva anche frequentato due corsi di formazione post laurea alla Bocconi di Milano. Ora, dopo tutto quello che è successo, il sorprendente Giovanni si è concesso il bis. Questa sì, che è una bella notizia. Anzi, una notizia fantastica.

Giovanni Menegon - 58 anni, sposato e con due figli, entrambi laureati - mi accoglie nella sua bella casa in viale dei Martiri a Bassano. È il Giovanni di sempre, almeno il Giovanni che mi ricordo prima dell'ictus: cordiale, intelligente, spiritoso. Segno di un percorso di recupero che ha dato ottimi frutti. Fa ancora fatica a parlare, nel senso che a voce esprime pienamente i concetti ma deve ancora articolare lentamente le parole. Ma la sua mente è un vulcano in continua eruzione. Divora libri: ne legge uno dietro l'altro. La qual cosa, per una persona che aveva perso la facoltà di leggere e di scrivere, sembra apparentemente un miracolo.
Una mensola della sua biblioteca è interamente occupata da libri e pubblicazioni sulla neurologia, sul cervello e la mente, sull'intelligenza, sul rapporto tra pensiero e linguaggio.
Uno dei libri a lui più cari è il volume di presentazione del Centro Studi di Riabilitazione Neurocognitiva di Santorso, la palestra della sua rinascita. Con una dedica personale del prof. Carlo Perfetti, che lo chiama affettuosamente “Pinocchio”, forse associando la sua storia a quella del celebre burattino di legno che dopo mille traversie alla fine diventa - anzi, nel suo caso, ritorna ad essere - un ragazzo perbene.
Ma accanto alla lettura, è la scrittura ad occupare principalmente il suo tempo. Pagine e pagine scritte al computer di quella che potremmo definire “l'autobiografia dell'ictus”, in cui Menegon, con un modo di scrivere intenso e avvincente, ripercorre quello che è stato il suo calvario e quella che è oggi la sua risurrezione. Un'irrefrenabile voglia di raccontarsi e di sdoganare la vergogna di parlare della malattia: se ne potrebbe fare un libro.
Una testimonianza straordinaria, a cominciare dall'inizio: “Ero un uomo a metà, perché avevo una testa, un cervello pieno di emozioni senza aver la possibilità di usare il linguaggio.”
Poi la difficilissima fase dei primi sette anni, la spiegazione di “cosa significa non essere sveglio”, cosa significa “il non saper pensare”, la “consapevolezza di essere fragile”.
Ma anche “cosa fare per uscire dalla mia maledetta malattia”, le sensazioni degli ultimi anni, la “ricostruzione del puzzle” per guarire dall'ictus, il ritorno alla capacità di “ragionare”.
E poi la solitudine, il sentimento “da cui non può sfuggire”, anche se circondato dall'affetto della famiglia, con cui vive benissimo ma rispetto alla quale soffre ancora dell'incapacità “di comunicare seriamente con loro”. “Sono contento della mia solitudine - scrive Menegon -. Ho trovato un amico, me stesso (…). Entrando in me stesso sono riuscito a far germogliare le belle emozioni che provo e sento. Forse esiste una felicità nella solitudine. È presto per dirlo. La mia mente deve trovare la propria felicità da sé stessa.”
Intanto, la sua mente è stata in grado di seguire tre anni di lezioni universitarie e di sostenere un nuovo esame di laurea e di superarlo. È lo spunto di questo incontro che mi porta, con grande piacere, a intervistarlo. A proposito: nell'intervista gli do del tu, perché ci conosciamo da una vita.

Giovanni, perchè a un certo punto del tuo percorso di rinascita dall'ictus hai deciso di iscriverti all'Università per conseguire la seconda laurea?
Il primo motivo è perché io devo crescere di più. Sono arrivato fino a qua, prima dell'Università, e dopo, una mattina, sono andato a Venezia e ho parlato con la segreteria del dipartimento di Economia. E mi sono iscritto. È stata un'esperienza molto bella. Io ero iscritto come studente disabile. Ca' Foscari ha un servizio per gli studenti con disabilità e con DSA attiva, la maggioranza di questi studenti è gente che ha difficoltà di apprendimento. L'Università ha organizzato quattro serate con lo psicoterapeuta. È stato molto interessante, mi ha aiutato tantissimo. La materia più difficile per me è stata l'inglese. Ci ho messo un anno. Gli esami sono tutti computerizzati, ti metti al computer e devi rispondere alle domande. Per tre volte sono stato rimandato all'esame, e la quarta volta l'ho passato.

Dopo l'ictus non riuscivi più a leggere. Che cosa significa adesso per te riuscire a studiare?
Mi fai delle domande... Ci ho messo tanto, tanto tempo. Per leggere, studiare, scrivere, parlare. Nello stesso tempo anche per muovere la gamba, l'anca, il braccio, la faccia. Tutto riabilitato. Per un anno sono stato sulla sedia a rotelle, avevo il viso deformato. Devo dire che sono stato seguito molto bene e che le fisioterapiste e la logopedista sono state molto brave.

Ti riferisci al personale del centro di Santorso?
Sì. Per tre mesi dopo l'ictus sono stato ricoverato a Padova, per una settimana ero rimasto in coma. Il primario di Padova mi aveva detto che “ero morto”. Poi a Vicenza sono stato tre mesi al reparto di Riabilitazione, è andata bene. Quindi ho deciso di farmi seguire dal centro di Santorso, con il prof. Perfetti, dove l'Università di Padova ha attivato un corso per fisioterapista. Sono stato ricoverato lì per otto mesi. Poi, da esterno, sono andato a Santorso due-tre volte alla settimana. Adesso ci vado di meno, di media ogni due settimane.

Come hai fatto a ritornare a leggere?
All'inizio riuscivo a leggere solo i titoli. Poi, con le altre parole, mi perdevo. Con la mia logopedista ho iniziato a leggere lettera per lettera, e poi tutta una frase, come ad esempio “Oggi sono andato al mare”. Poi, via via, leggevo frasi sempre più lunghe, come “Oggi sono andato al mare e ho giocato a pallone”. Il tutto un poco alla volta. Non ci ho impiegato un giorno, ci ho impiegato due anni.

E come sei arrivato a leggere i testi più complessi, come fai oggi con i libri, i testi universitari, eccetera?
Ho iniziato a leggere le favole di Fedro e di Esopo. E poi, poco a poco, altri libri. Io non mi sono fermato un attimo. Mai, mai.

Cosa significa per te questa seconda laurea?
La laurea non è un fatto principale, è un fatto secondario. Ma è il salto che io ho fatto, come modo di pensare e come modo di essere. Una cosa importante che il prof. Perfetti mi ha detto è che la neurologia è una “scienza empirica”, è cioè basata sull'osservazione dei fatti. Io sono la prova vivente che lui aveva ragione. Io ho un ictus, ma il mio percorso è un fatto. Non sono l'unico, conosco una persona di Pisa, una di Torino e una di Trento che stanno facendo lo stesso percorso.

E adesso cosa farai?
In questo momento sto leggendo sette libri contemporaneamente. E per un anno studio l'italiano. Per il “dopo” ho qualche idea, ma è presto per dirla.

Tu continui a studiare e continui anche a scrivere, raccontando la tua esperienza di questi 14 anni e di adesso. Come riesci a farlo?
Io mi ricordo tutto. Io imparo, mi ricordo, spero di essere intelligente come prima. La mia paura più grande è di non essere intelligente come prima. Mi piace quello che faccio. La mia vita è stare qui, con i miei libri, il mio computer, la mia biblioteca. Per studiare, capire, conoscere.

Congratulazioni, Dottor Giovanni.

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