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Una sfida per stare bene

Paolo Cazzaro si allena al velodromo Mercante, in preparazione per attaccare il record dell’ora su pista categoria MC4. Vi spieghiamo perché si tratta di una sfida speciale

Pubblicato il 29-09-2020
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Paolo Cazzaro ha 50 anni, è vicentino e si allena tutti i giorni sulla sua bicicletta.
Nell’ultimo anno si è concesso solo 17 giorni di pausa, è seguito da un team di medici ed è un atleta. Con i risultati degli ultimi test ha deciso di sfidare il record dell’ora UCI conquistato lo scorso 11 gennaio 2020 dall’inglese Wayne Harrod.
Un’ora in velodromo, con un triplo cronometraggio, una sfida individuale contro il tempo per percorrere una distanza anche di poco maggiore a 42,460 km.

Paolo Cazzaro in allenamento sulla pista del Mercante

In pista, però, Paolo non sarà solo.
Nel 1987, a 17 anni, Paolo è uno dei cento in Italia a praticare il triathlon. Questo sport multidisciplinare ancora non è noto e solo nel 2000 diventerà una specialità olimpica. “L’attrezzatura ce la portavano dagli Stati Uniti – ci racconta -, qui in Italia all’epoca non c’era niente”.
Dopo due anni intensi tra allenamenti e gare, abbandona la corsa, il nuoto e il ciclismo per proseguire gli studi a Milano dove si laurea al Politecnico in architettura ed entra come professore a contratto.
Nel 2005 è vittima di un grave incidente in moto, ha una lesione permanente al nervo sciatico della gamba sinistra, tecnicamente è disabile e classificato paratleta, in termini medici ha una neuropatia dolorosa algodistrofica permanente, in pratica soffre un dolore cronico.
“La diagnosi dopo 4 mesi di ospedale era stampelle per tutta la vita. È iniziato allora il mio processo di trasformazione, passando anche attraverso la sindrome da stress post traumatico nella quale ci son caduto in pieno”.
I farmaci neurotrofici sono pesanti e i loro effetti stravolgono totalmente la percezione della sua vita esterna. “Sembrava di vivere dento ad un liquido denso, tutto era rallentato. Ho iniziato a fumare ed erano oltre 40 sigarette al giorno”.
Dopo dieci anni, nel giorno del suo compleanno, improvvisamente prende una decisione. “Sono sceso dall’auto ed ero in montagna. Ancora non avevo acceso la prima sigaretta della giornata e ho sentito l’aria fresca che stavo respirando, è stato un crash, come qualcosa che si rompe, mi sono detto aspetta un attimo”.
Da quel giorno nessuna sigaretta. “Un combattimento durissimo – ammette Paolo - ma solo l’inizio di una battaglia più lunga perché, quando ho provato a riprendere la bicicletta, mi sono reso conto di quanto non riuscissi a controllare il mio corpo avvolto com’ero da una sensazione di ragnatela causata dai farmaci che prendevo per gestire il dolore alla gamba”.
Sigarette, farmaci, lavoro. Tutto viene messo in discussione perché “nel momento in cui tu decidi che la tua vita è cambiata e non riesci più ad essere competitivo per te stesso e per quello che ti piace, sposti l’obiettivo e provi a competere in qualcos’altro perché quella competizione ti serve per mantenerti vivo”.
Lascia il Politecnico, ripone in casa in ordine tutti i suoi 6 mila e oltre volumi di architettura e, seguito dal suo medico, inizia il calvario per smettere il medicinale epilettico da cui dipendeva da anni come farmaco “off label” per curare la sua neuropatia.
“La parte difficile è imparare a convivere con il dolore neuropatico. È un dolore particolare, è costante, tu ce l’hai in qualsiasi momento della giornata come se avessi un trapano che ti sega la gamba tutto il giorno e, dal punto di vista mentale, ti consuma”.
Sono tre anni di metamorfosi dove scopre la nazionale di paratriathlon, conosce il tecnico Luca Zenti, promettente Data Scientist oggi suo allenatore, inizia con le prime gare nazionali classificandosi con ottimi risultati. Rivoluziona anche la sua professione, da urbanista passa all’alta cucina, lavorando per 5 anni in ristoranti stellati; oggi sta conducendo una ricerca sul food process. “Tutto parte dall’idea di trasformazione. Sto scrivendo un libro sulle modalità in cui vengono trasformati i cibi in cucina nella storia”.

Perché il record dell’ora?
Mio nonno paterno era un inventore, aveva fatto brevetti per la Fiat e Magneti Marelli, collaudava idrovolanti Caproni. Aveva una officina elettrauto a Bassano del Grappa e lavorava con il meccanico Cesco Merlo, il carrozziere era Bonfanti.
L’amore per il velodromo nasce nell’85 quando mia nonna mi porta a vedere i Mondiali su pista, quell’anno a Bassano. Mi sono innamorato.
L’anno scorso è nata l’idea della sfida sulla bici e il mio pensiero è ritornato al fascino del record dell’ora di Moser a Città del Messico. Per me questa sfida rappresenta un punto di partenza, poi voglio provare a fare il chilometro lanciato e il chilometro da fermo.

Quando pedali a cosa pensi?
A gestire il male, al numero di pedalate che faccio al minuto, a gestire il male, alla traiettoria più fluida, a gestire il male.
La testa conta il 99% del risultato.
E contano le persone da cui sono seguito, tra cui Luca Zenti il mio allenatore, Diego Fortuna, ex discobolo italiano, che mi segue nell’alimentazione, il dott. Antonio Celia e tutto il reparto di Urologia del San Bassiano determinanti per riuscire a rimettermi in sella.

Quest’anno così particolare sei riuscito a fare qualche gara?
A gennaio mi sono classificato secondo nella mia categoria ai Campionati del Mondo di Winter Triathlon ad Asiago. Pochi giorni fa mi sono iscritto all’unica gara europea di Paraciclismo in Austria, che disputerò il 10 ottobre prossimo.

Cosa significa preparare un record dell’ora nella tua categoria?
Significa un duro allenamento come un professionista, senza essere considerato un professionista.
Anche i costi sono notevoli. Il Record è di proprietà dell’UCI e per accedere è necessario avere il passaporto biologico 6 mesi prima della competizione. Tutta l’attrezzatura, dai calzari alla catena, deve essere UCI Approved e io non ho sponsor.
Però l’aspetto più bello della sfida è stato anche per me una sorpresa. Il mio più grande fan è Wayne Harrod, attuale detentore del titolo UCI categoria MC4, e questo rappresenta proprio il forte spirito sportivo che c’è a livello internazionale. Lui ha subito un’amputazione sotto al ginocchio ed è nella squadra sportiva inglese del programma Invictus che accoglie paratleti provenienti dall’esercito. Ci siamo sentiti, tifa per me e attende il giorno della sfida perché verrà in Italia a vedermi.

Quanto ha influito nella tua trasformazione l’aver praticato intensivamente sport da giovane?
Il meccanismo di cambiamento è partito perché avevo un punto di aggancio nel passato. Se inizi presto a fare sport, anche dopo quarant’anni, ti aiuta e torni li… è dura, ma torni.

Sigarette o farmaci, qual è la dipendenza peggiore?
Dal punto di vista della dipendenza sigarette e medicinali sono uguali, le sigarette poi sono una cosa mostruosa, ti creano un legame con una cosa di cui non hai bisogno.
Io ho fumato forte 15 anni, gli ultimi 5 fortissimo. Fumo e farmaci mi permettevano di contenermi, adesso mi contiene lo sport.

Facciamo il conto della serva: 15 anni, 30-40 sigarette al giorno, 5 euro a pacchetto, i conti tornano?
Eh già .. mi sono chiesto: ma cosa potevo fare con quei soldi? Un record del mondo!

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