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Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
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Politica

La terza via

Intervista a Gianni Castellan, dirigente sindacale di lungo corso e presidente di quartiere Angarano, candidato alle regionali con Italia Viva-PRI-PSI-Civica per il Veneto. “La Regione ha la necessità di mettere al centro il lavoro che manca”

Pubblicato il 18-09-2020
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Più che ai colletti bianchi, che si annodano al collo anche la cravatta, lui ha vissuto in mezzo alle tute blu. Gianni Castellan, bassanese, vanta 40 anni di attività da sindacalista e dirigente sindacale della Fim Cisl, il sindacato del comparto metalmeccanico. Tra i vari incarichi svolti nella sua carriera c'è stato anche quello di coordinatore sindacale nazionale del gruppo Electrolux, assieme a un certo Maurizio Landini. È stato anche vicepresidente dell'EBAV, Ente Bilaterale Artigianato Veneto. Attualmente svolge attività di impegno civico nella sua veste di presidente del consiglio di quartiere Angarano: incarico al quale affianca la sua opera di volontariato in aiuto alle cooperative sociali del Bassanese.
Gravitante nell'area della sinistra cittadina, ultimamente Castellan ha aderito a Italia Viva, il partito fondato da Matteo Renzi, e in questa veste si candida alle elezioni regionali del Veneto, nella lista Italia Viva-PRI-PSI-Civica per il Veneto che corre a sostegno del candidato presidente della Regione Daniela Sbrollini.

Gianni Castellan, candidato con Italia Viva-PRI-PSI-Civica per il Veneto

Gianni Castellan, lei è stato un dirigente sindacale di lunghissima esperienza. Possimo dire che, inevitabilmente, i temi del lavoro e dell'economia sono al centro della sua proposta da candidato?
Sicuramente sì. Tutti abbiamo registrato una grande sofferenza per la chiusura per lockdown. Però c'è chi a fine mese, all'interno di questa sofferenza, riceve lo stipendio. La stragrande maggioranza delle persone, dietro alla chiusura, avevano anche il problema del blocco delle risorse economiche. E quindi il virus ci consegna una crisi economica gravissima e io penso che una delle necessità che ha la Regione Veneto è quella di mettere al centro il lavoro che manca. Pertanto quelle competenze che posso avere acquisito in questi anni da dirigente sindacale della Cisl le voglio mettere a disposizione della mia comunità.

Lei le vuole mettere a disposizione come aspirante consigliere regionale. Come è arrivato a questa decisione?
Ci sono arrivato perché me lo hanno chiesto. Io sono della generazione di dirigenti sindacali che vengono chiamati. Sono stato chiamato a fare il presidente di quartiere, sono stato chiamato a fare il sindacalista, il presidente nazionale Ettore Rosato e la candidata presidente della Regione Daniela Sbrollini mi hanno chiesto di candidarmi. Durante la pausa di riflessione ho assistito a un dibattito pubblico con il sindaco di Asiago, il quale a un certo punto ha detto che tutti gli attuali consiglieri regionali uscenti della provincia di Vicenza meritebbero di restare a casa, perché non hanno messo in campo nessuna protezione del proprio territorio. Dopo questa suggestione che mi ha dato il sindaco ho parlato anche con i capifamiglia del mio quartiere, i quali mi hanno detto: “Gianni, ti sei candidato a fare il consiglio di quartiere perché vuoi un quartiere più pulito, più sicuro, più bello. Sostituisci la parola “quartiere” con la parola “Veneto” e prova a candidarti”. Quindi, confortato da un input esterno di un sindaco e dalla decisione di chi mi è vicino nella gestione delle problematiche del quartiere, ho fatto la scelta di metterci la faccia. In maniera “poetica”: nel senso che la mia campagna elettorale costerà poco meno di 1000 euro. Non ho preso spazi televisivi, non ho preso spazi sui giornali, solo il porta a porta e il passaparola.

L'ho visto passare per strada con un furgoncino “personalizzato”...
Ecco, il furgoncino è l'unica licenza costosa che mi sono regalato. Sapendo che dovevo girare la provincia in questi venti giorni, ho unito l'esigenza di fare spostamenti con la necessità di rendermi visibile.

Perché Italia Viva? La scelta politica a cosa è dovuta?
La scelta politica è presto detta. Italia Viva è un partito che non teme la parola “moderazione” e che non teme la parola “riformismo”. Quindi la mia scelta nasce dal fatto che già da dirigente sindacale sono uno che andava spesso agli appuntamenti alla Leopolda, che ho sempre ritenuto un momento di formazione politico-sociale importante anche per il mio lavoro da sindacalista. Poi il nocciolo politico sono i 25 anni di governo veneto a trazione leghista, con 25 anni di opposizione del PD che ha prodotto il risultato che il PD, con l'area di centrosinistra, è sempre più debole e il centrodestra sempre più forte. Questo mi ha fatto fare la scelta, convinta, che serve costruire una terza via. La terza via è rappresentata dall'ipotesi riformista che Italia Viva sta portando avanti nel Paese e nel Veneto. Mi convince l'idea di provare a inaugurare una stagione di riforme per il mio Veneto, mettendo al centro i temi della sanità, dell'ambiente, delle questioni che tutti ormai hanno evidenziato esserci nella nostra realtà.

Un paio di questioni che sente sue, che vuole portare avanti, quali sono?
Questa Matteo Renzi mi ha detto di non dirla, perché è troppo “grillina”. Ma io la dico lo stesso: io penso che 8000 euro al mese per un consigliere regionale siano troppi. Penso che siano pochi 2500 euro al mese per il sindaco di Bassano, ma se faccio il rapporto di che cosa fa uno e cosa fa l'altro, credo che bisogna riequilibrare. Per riavvicinare i veneti alla politica bisogna alleggerire i costi della politica stessa a carico della collettività. La mia proposta, se dovessi essere eletto, è quella di segare un pezzo dal ramo. E con quei risparmi ottenuti, provare a risolvere un'altra contraddizione che abbiamo: durante il lockdown tutti quanti si sono stracciati le vesti per il grande lavoro che hanno fatto gli infermieri e i medici degli ospedali. Io ho ammirato il lavoro che hanno fatto le nostre operatrici socio sanitarie. Queste operatrici lavorano con i nostri nonni nella case di riposo, a turno, a poco più di 1000 euro al mese. Stiamo costruendo persone, prevalentemente donne, che saranno future povere col sistema pensionistico che abbiamo attuale, perché coi contributi versati su 1000 euro avrai una pensione veramente molto bassa. Serve, come ha fatto il Trentino Alto Adige, rendere obbligatoria la previdenza pensionistica per queste operatrici. Parlano tutti di autonomia. Ne parlano e non la praticano. In Veneto abbiamo “Solidarietà Veneto”, che è una struttura di ente previdenziale. Se fosse in Trentino Alto Adige, automaticamente ogni persona si iscriverebbe a questo fondo integrativo, in modo tale da sommare la pensione Inps che hai in ripartizione con la pensione integrativa che capitalizzo. Una delle cose che vorrei fare è dare quindi alle operatrici socio sanitarie un giusto riconoscimento attraverso la pensione integrativa.

Lavoro: una domanda al sindacalista che è il lei. È più importante oggi l'occupazione da creare, e cioè creare nuovi posti di lavoro, o mantenere quello che c'è?
Credo che sia difficile scegliere fra le due cose. Sicuramente per mantenere quello che c'è, per mantenere ad esempio alla BAXI di Bassano del Grappa il livello occupazionale che oggi rappresenta, servono da un lato investimenti e dall'altro lo sviluppo di nuovi prodotti, e quindi nuove assunzioni, per continuare ad essere quell'azienda di eccellenza sul mercato mondiale e che risponde al territorio in chiave di solidità occupazionale.

La BAXI è una realtà grossa. Per le piccole imprese, invece?
Più in generale, la mia esperienza dice che la bilateralità e le relazioni che abbiamo costruito con il mondo dell'artigianato sono uno strumento fondamentale per mantenere le piccole aziende del territorio aggiornate a reggere la sfida della competizione sui mercati. Per esempio, una delle cose che l'Ente Bilaterale del Veneto faceva quando io ero vicepresidente, era sostenere le piccole imprese per quanto riguarda l'innovazione tecnologica e l'informatizazzione delle modalità operative. Quindi, da questo punto di vista, dobbiamo puntare sulla leva degli accordi bilaterali per fare investimenti e formazione. I nostri giovani continuano a scappare all'estero perchè non trovano soluzioni. Bisogna dare prospettive occupazionali qui e ciò riguarda l'intreccio stretto tra la formazione e le tipologie di figure da formare, riferite ai bisogni che le imprese hanno. Molto spesso c'è una diversità tra formazione e necessità: formiano ad esempio tornitori e magari i tornitori non servono. O magari, al contrario, abbiamo bisogno di saldatori e i saldatori non li formiamo. Quindi bisogna veramente usare la leva della formazione collegata al dato della richiesta del mercato del lavoro.

Senta: perché un elettore che non è toccato dalle tematiche e dai problemi del lavoro e dell'economia, che magari ha quello stipendio fisso da lei citato all'inizio, dovrebbe votare per un candidato come lei?
Perché la prima domanda che mi sono posto è se io posso fare il candidato, e cioè mettere la veste candida del candidato e mettermi al centro dell'agorà della piazza e dire “votatemi”. Siccome io ho fatto 40 anni di vita specchiata, onesta e sempre al servizio dei deboli, dei lavoratori, eccetera, credo che affidare un voto di rappresentanza al sottoscritto vuol dire affidarlo a una persona che domani mattina non scalderà la sedia degli 8000 euro al mese del consigliere regionale, che diventano 10000 euro per i capigruppo, ma lavorerà per la propria comunità.

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