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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it
La camera degli ospiti
La Regione Veneto sceglie Bassano tra le immagini della campagna milionaria per il rilancio del turismo dopo il Covid. Ma Bassano e il suo territorio cosa sanno offrire ai potenziali turisti che arriveranno?
Pubblicato il 16-06-2020
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Uno stato di eccitazione pervade il comparto del turismo bassanese. È vero: attualmente di un turista in città non si vede nemmeno l'ombra, gli hotel sono fermi, il settore turistico-alberghiero piange il morto e ne ha ben donde. Ma a risollevare gli animi ci ha pensato, ancora una volta, San Luca Zaia. Assieme a Federico Caner, assessore al Turismo della Regione Veneto, sottoposto anch'egli a un processo accelerato di beatificazione.
Cosa sarà mai successo? È successo che Zaia e Caner, lo scorso 12 giugno, hanno presentato il “Piano di rilancio del turismo della Regione Veneto 2020”: un “piano marketing” da 2,3 milioni di euro finalizzato a richiamare nuovamente i flussi turistici in Veneto dopo il Deserto del Covid. I tre obiettivi principali del piano: “trasmettere la bellezza e la sicurezza dei territori”, “comunicare l'intera offerta territoriale in modo innovativo”, “fare riferimento a diversi target, internazionali e stranieri”. Per fare questo, è previsto di tutto e di più: utilizzo dei canali tradizionali (piano stampa nazionale e internazionale; piano TV nazionali e locali; fiere ed eventi internazionali), dei canali digitali social e - udite, udite - dell'“influencers marketing”. Verranno cioè assoldati 20 “web influencer” che entreranno in contatto coi territori per realizzare “un grande piano di storytelling internazionale” da diffondere alle loro migliaia di followers, suddiviso in cinque percorsi: “Art, Culture”; “Food & Wine” (elegante inglesismo per “magna & bevi”); “Summer Friends”; “Relax” e “Active”.
Il tutto contraddistinto dal motto: “Veneto. The land of Venice”.
Fonte immagine: veneto.eu
Ebbene: qual è il valore aggiunto che tanto sta rinfrancando gli spiriti del comparto turistico bassanese? È il fatto che tra le immagini prescelte per la campagna marketing della Regione (tra cui l'immancabile Venezia con le montagne sullo sfondo, le colline del Prosecco, le Tre Cime di Lavaredo, le spiagge, il Delta del Po) c'è anche una foto di Bassano del Grappa.
È la classica “cartolina” del Ponte Vecchio col Brenta, il Castello e il Grappa “annuvolato” nelle retrovie. L'immagine è stata immediatamente condivisa nella sua pagina Facebook dal sindaco Elena Pavan, che ha commentato: “La nostra bella Bassano e il nostro amato Ponte tra le immagini scelte per la campagna turistico-promozionale che ha lanciato in queste ore la Regione Veneto. Un investimento da più di 2 milioni di euro per attrarre turisti italiani ed esteri.” Tu chiamale, se vuoi, emozioni.
Ma la fibrillazione del comparto turistico locale, già in preda alla sindrome da “influencer”, non si ferma qui. Ribolle anche la pentola della Commissione Turismo della Confcommercio mandamentale di Bassano del Grappa. Come appreso nella recente conferenza stampa indetta dall'associazione di categoria - e dedicata alle iniziative pre-, durante- e post-emergenza Covid -, siamo arrivati ormai quasi alla fase del dunque per un progetto promosso dall'Ascom e condiviso con i 12 Comuni del mandamento, posticipato rispetto ai tempi previsti causa coronavirus: l'attivazione di un sito internet e di un'App per la promozione turistica del territorio. L'idea, spiegata ai media locali, è quella di “creare aree tematiche differenti, per richiamare target di turismo differenti”.
C'è dunque tutto un tramestio di iniziative in itinere per cercare di dare acqua, con un ideale annaffiatoio, al terreno inaridito del turismo veneto e nella fattispecie bassanese, desertificato dal Covid come il turismo del resto del mondo. Si pensa ai mezzi (siti, App, social digitali) e ai modi (influencer marketing, storytelling, spot televisivi).
Non si pensa, però, a cosa trova e a come viene accolto nel nostro territorio un potenziale turista una volta che costui, superate le remore post contagio, decide di venire da altrove e di trascorrere un soggiorno da queste parti. Bassano del Grappa e il suo comprensorio, cioè, cosa sanno offrire ai potenziali turisti che arriveranno da queste parti dopo il lockdown, magari dopo aver letto lo storytelling dell'influencer preferito o aver scaricato l'App di Confcommercio? Perché un soggiorno in un territorio come il nostro non dipende da quante stelle ha l'hotel, ma da quante stelle dimostra di avere l'accoglienza al di fuori dell'uscio dell'albergo.
I veri “influencer” del territorio non sono quelli che fanno lo “storytelling”, dando preminenza alle parole rispetto ai fatti, ma le persone che in questo territorio vivono e lavorano.
Non mi riferisco solamente agli addetti ai lavori che entrano in contatto col foresto di turno e che si spera lavorino allo scopo di accogliere il turista come si deve (albergatori, locatori di B&B, ristoratori, camerieri, esercenti, negozianti, ufficio Iat eccetera), mi riferisco al preponderante resto di tutti noi. E cioè a tutti coloro che dall'arrivo di un turista in città non guadagnano un centesimo. Perché questo è il cuore del problema: finché si parla di “turismo”, si parla di un'attività (legittimamente) a scopo di lucro, che vive sugli incassi provenienti dall'offerta delle strutture di settore. E finché il turismo sarà appunto percepito come un “settore”, e i turisti come pure voci di economia “in entrata”, non si arriverà mai a quella che i teorici del marketing territoriale chiamano l'“attrattività d'area”.
Cosa serve dunque a Bassano e al suo comprensorio per diventare “attrattivi”, anche alla luce delle nuove esigenze del turismo sostenibile, a misura cioè di questo territorio? Non ho la risposta pronta. Se l'avessi non farei il giornalista, ma il manager turistico.
Ma mi hanno colpito le parole di un mio carissimo amico, professionista esperto nella creazione di contatti e relazioni internazionali fra i territori locali, con cui discuto spesso di questi argomenti. Il quale mi ha detto: “Un territorio come Bassano non ha bisogno di turisti. Ha bisogno di ospiti.”
Già: l'ospite. Parola d'origine del concetto di “ospitalità”. L'ospitalità non è - come siamo portati a credere - l'accoglienza professionale di un portatore di valuta, a cui vengono riservate attenzioni e servizi fintanto che non arriva alla cassa a pagare il conto.
L'ospitalità è un atteggiamento che va oltre il business di settore e la tassa di soggiorno: è il modo di essere di una comunità, che facilita il visitatore a sentirsi a proprio agio e a farsi infondere la voglia di tornare.
Ho già citato una volta, e la ricordo anche in questa occasione, l'esperienza da me vissuta a Hermagor, in Carinzia, Austria: un paesino di neanche 7000 abitanti al centro di un comprensorio sciistico ed escursionistico che richiama oltre un milione di presenze turistiche all'anno. Anche lì, come è ovvio, c'è l'attività di promozione turistica, gestita da una società locale di marketing turistico, c'è un Marchio d'Area a sostegno del tutto (“Kärnten”) e ci sono le cosiddette strutture ricettive: graziose locande, alberghetti, affittacamere, ottimi ristoranti.
Ma non solo. Lì c'è la gente che ti accoglie anche se col settore turistico non ha nulla a che fare. Gente che ti saluta per strada, ti sorride e ti dice “buongiorno” nella sua lingua, anche se sei un emerito sconosciuto. Per questo io a Hermagor, località nascosta tra le Alpi carinziane, non mi sono sentito un turista: mi sono sentito un “ospite”.
E non vedo l'ora - credetemi - di trovare l'occasione per tornare da quelle parti. In quel periodo sono stato anche sul Lago di Garda, meta classica del turismo di massa pre-Covid dove non hanno bisogno di salutarti per strada per farti sentire a casa. Voglia di tornarci? Anca no. Tutt'altra cosa, perché sul Garda è tutt'altro target.
Bassano del Grappa e il Bassanese non sono il Garda, non sono le Dolomiti, non sono Venezia o Verona, non sono le spiagge del litorale veneziano.
Sono un piccolo territorio che non può competere con le grandi eccellenze e dotazioni turistiche del Veneto e che proprio per questo, prima ancora di pensare alla promozione della Regione Veneto e alle App, non deve pensare di attirare turisti, ma graditi ospiti.
Concordo pertanto con la provocazione del mio amico, tuttavia sono cosciente del fatto che introdurre l'ospitalità come concetto base dell'accoglienza “turistica” è una questione di cultura, di tradizione, di mentalità e di educazione collettiva. Troppe cose, per non inquadrare questa prospettiva come una Mission : Impossible.
In definitiva, l'auspicio per un territorio di riconosciuta bellezza ma di secondario richiamo come il nostro è che dalla filosofia della stanza d'albergo si passi a quella della camera degli ospiti. Sarebbe l'effetto moltiplicatore, col positivo supporto del passaparola di chi ha beneficiato dell'ospitalità, delle cosiddette presenze turistiche. Ma finché il turismo sarà solo una voce economica da bilanci e da profitti aziendali, staccata dal contesto sociale e ad esso estranea, io la vedo molto dura.
Prima di ridarvi la linea, una chiosa finale. Come avete visto, in questa mia analisi sulle presunte ambizioni turistiche della città di Bassano non ho parlato del progetto per il Marchio d'Area “Territori del Brenta”. Beh, cosa volete che ne parli? Quello è ancora un progetto in alto mare. Lo si potrebbe aggiungere alle immagini della campagna di marketing turistico della Regione Veneto, con la didascalia: “Veduta dell'Adriatico”.
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