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Alessandro TichAlessandro Tich
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Pitura Freska

Ecco la Pala di Jacopo Bassano esposta alle Gallerie dell'Accademia di Venezia. Il direttore Giulio Manieri Elia: “Sono al corrente del dibattito in corso a Bassano, io penso che per Bassano questa sia un'opportunità”

Pubblicato il 26-05-2020
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Viaggio in treno con mascherina e con posti distanziati, stazione Santa Lucia con uscite e ingressi separati. Rieccoti, Venezia! Non ti vedevo da qualche mese, da quando c'era ancora l'acqua alta. Camminare tra le tue calli senza turisti mi fa un po' specie, ma la placidità dell'acqua dei tuoi canali - ancora limpida, dopo due mesi di lockdown - mi infonde il piacere di vederti rigenerata. Tutt'altra cosa rispetto alle acque agitate che stanno inondando in questi giorni le cronache bassanesi per la “fuga a Venezia” della Pala di Sant'Anna di Jacopo Bassano, capolavoro del da Ponte, da 64 anni esposto in comodato al Museo Civico, restituito nel più completo silenzio e a tempo di record alle Gallerie dell'Accademia, che ne detengono la proprietà, dalle due regine di quadri Casarin-Pavan.
Ma io sono qui proprio per questo. Oggi è infatti il giorno della riapertura delle Gallerie veneziane, dopo i due mesi e passa di chiusura per il Covid. E, nell'occasione, la recuperata Pala del da Ponte rappresenta la “sorpresa speciale” predisposta dal museo sul Canal Grande per salutare il pubblico che ritorna a frequentarlo. Non siamo in tanti, per la verità. C'è poca gente tra calli e campielli, inevitabile che ce ne sia poca anche tra le sale del grande museo. Non è stata neppure prevista una cerimonia inaugurale per l'arrivo della Pala, solo la normale apertura a orario continuato per evitare il rischio di istantanei assembramenti.
Ingresso alle Gallerie con controllo al termoscanner della temperatura corporea, obbligo di detergersi le mani prima di varcare la soglia della biglietteria e quindi, finalmente, può avvenire l'atteso incontro ravvicinato.

La 'Pala di Sant'Anna' esposta alle Gallerie di Venezia, tra il direttore Giulio Manieri Elia e la curatrice per la pittura del Cinquecento Roberta Battaglia (foto Alessandro Tich)

La Pala di Sant'Anna è collocata su un pannello a sé stante al centro di una delle grandi pareti della sala XXIII (ex chiesa di S. Maria della Carità) dove rimarrà in mostra fino al suo trasferimento definitivo nella nuova sala dedicata a Jacopo Bassano che sarà inaugurata in autunno. Si trova in buona compagnia: di fronte a lei e ai suoi lati troneggiano alcuni maestosi dipinti del Tintoretto e del Veronese. Le attenzioni del museo si concentrano però in questo momento sull'opera bassanese, originariamente collocata ad Asolo e ritornata in laguna dopo quasi 140 anni, fresca fresca di esposizione in quelle che sono le sue prime ore di presentazione al pubblico veneziano. Pitura Freska.

All'ingresso delle Gallerie trovo ad accogliermi il direttore Giulio Manieri Elia, persona molto cordiale ed affabile. È lui che mi accompagna personalmente a vedere il Bassano “ritrovato” nell'allestimento a lui dedicato al primo piano. Poco dopo compare in sala anche la curatrice della sezione della pittura del Cinquecento delle Gallerie Roberta Battaglia, regista dell'operazione-rientro della Pala in collaborazione con Chiara Casarin, membro del comitato scientifico delle Gallerie stesse. “Volevo conoscerla”, mi dice cortesemente la dott.ssa Battaglia dopo aver letto i miei articoli dal fronte bassanese della vicenda.
Ma non saprò mai - coperti come siamo tutti dalle mascherine - se il suo volto fosse sorridente oppure no. Il direttore Manieri Elia è perfettamente a conoscenza delle polemiche scoppiate a Bassano per la perdita della Pala, della petizione online per chiedere al ministro di far riportare il dipinto nel Museo Civico bassanese, delle parole di dissenso espresse sull'operazione da autorevoli nomi della museologia e da appassionati d'arte, non ultima una durissima lettera pubblicata oggi sul “Gazzettino” a firma di Maurizio Sammartini, già presidente degli “Amici dei Musei” di Bassano, consigliere nazionale FIDAM (Federazione Italiana Amici dei Musei), proprietario di Palazzo Pisani Moretta sul Canal Grande.
Ma il responsabile delle Gallerie mi chiede (comprensibilmente, del resto) di non essere coinvolto nelle polemiche, sottolineando anzi “l'opportunità” che può essere colta a seguito della restituzione del dipinto dalla stessa città di Bassano del Grappa.
Prima di tutto, tuttavia, viene l'importanza della Pala per le esigenze della sua proprietà.
“Avere questo dipinto rappresenta per noi la possibilità di presentare l'opera di Bassano in modo più completo - mi dice Manieri Elia -. Dedicheremo un'intera sala a Jacopo Bassano e alla sua famiglia. Questo era il punto di partenza, ci mancava un'opera che completasse il percorso, non avevamo un'opera giovanile. Vedere quest'opera qui vuol dire vederla nel contesto dei rapporti artistici che il Bassano in quel momento rappresentava, quindi vederlo insieme al Pordenone. Per noi era essenziale avere quest'opera.”

Essenziale per Venezia, controverso per Bassano.
“Sono al corrente del dibattito attualmente in corso a Bassano - prosegue il direttore -. Io penso che anche per Bassano questa sia un'opportunità. Cioè avere a Venezia, nella più grande collezione di arte veneta al mondo, una sala dedicata a Jacopo da Ponte e alla sua famiglia è senz'altro un'opportunità che va sfruttata. È come creare un ponte tra Venezia e Bassano, tra il museo più importante di Venezia e il museo di Bassano.”
“Qui i visitatori, i turisti - sottolinea -, possono cominciare a conoscere il Bassano e possono proseguire a vederlo nel Museo Civico di Bassano o viceversa. Per noi questo è molto importante e credo sia importante anche per Bassano.”
“Naturalmente siamo disponibili, e ne abbiamo parlato anche col sindaco, a creare anche una convenzione con Bassano per eventuali altri scambi - continua il responsabile delle Gallerie -. Credo che il momento dei prestiti a lunga scadenza sia un po' passato, anche perché giustamente quando poi uno ritira l'opera, da dove l'opera viene ritirata questa cosa viene vissuta male, perché quell'opera era stata comunque 64 anni a Bassano. Quindi posso anche capire che questo sembri una privazione.”
“Per me - conclude Giulio Manieri Elia - funzionano molto meglio gli scambi provvisori, far girare le opere. Quindi è questo ciò che si può provare a proporre al Museo Civico di Bassano. Cioè fare dei prestiti temporanei per dei periodi congrui, creare degli eventi legati alla figura di Jacopo Bassano o anche no, cioè possiamo anche concedere delle opere non strettamente di questo artista.”

Chi vivrà vedrà dunque, soprattutto quando quello di Bassano del Grappa ritornerà ad essere un Museo Civico a tutti gli effetti, con un suo direttore scientifico e una programmazione finalmente libera da regimi provvisori e da consulenti esterni.
Quello che è certo è che se i bassanesi vorranno rivedersi la “loro” Pala - al netto di tutte le proteste e iniziative in corso - non potranno fare altro che prendere il treno, si spera in futuro senza mascherina e senza posti distanziati, e scendere a Venezia Santa Lucia.
Sono solo 60 chilometri, ma in questi giorni sembrano lunghi come la Grande Muraglia.
“Ciao, Jacopo”, mi viene spontaneamente da dire mentre esco dalla sala che da oggi ospita la sua Sant'Anna in trono con la Vergine Bambina tra i Santi Girolamo e Francesco.
E ne approfitto, dopo tanti anni, per fare un giro veloce tra le altre sale delle Gallerie dell'Accademia. Un'occasione da non perdere e soprattutto un'esperienza indicibile, per la quantità di grandi capolavori che ti si parano davanti agli occhi uno dietro l'altro, in una iniezione continua di Grande Bellezza tramandata nei secoli. Carpaccio, Bellini, Giorgione, Tiziano, Tintoretto, Veronese, Tiepolo - solo per citare i primi nomi che saltano in mente, tra quelli più importanti -: c'è da ubriacarsi. Puoi entrare alle Gallerie senza la Sindrome da SARS-CoV-2 (coronavirus) ma rischi di uscirne con la Sindrome di Stendhal.
Ecco perché, passata la novità della “sorpresa speciale” per la riapertura del museo, la Pala di Jacopo Bassano rischia di confondersi e di perdersi nel mare magnum della “più grande collezione di pittura veneziana al mondo”. Ma intanto, questo è il suo momento.
E allora andiamo tutti a Venezia per cantare in coro: “Oi ndemo vèder el Bassan”. Non sarà i “Pin Floi” dei Pitura Freska, ma è sempre uno spettacolo. Chi rimane invece a Bassano, dopo l'improvviso distanziamento sociale che ha fatto trasferire in gran silenzio il dipinto in laguna, pensando alla Pala potrà sempre cantare in coro un grande successo dei “Pin Floi” medesimi: “Wish You Were Here”. Per chi non sapesse l'inglese: “Vorrei che tu fossi qui”.

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