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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it
Special report
Tanto Modena per nulla
Il prof. Claudio Modena trascina per danni in tribunale il presidente di Fondazione Inarcassa arch. Andrea Tomasi per un articolo del 2015 sul “basso compenso” per il progetto del Ponte. Ma l'imputato è assolto perché il fatto non sussiste
Pubblicato il 18-05-2019
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Può succedere. Può succedere, in un Paese di parcelle generose e di consulenze d'oro come il nostro, che un professionista venga duramente criticato per avere ottenuto, a fronte della sua prestazione professionale, troppi...pochi soldi.
Ed è quello che è successo al prof. ing. Claudio Modena, progettista strutturale dell'intervento di ripristino e consolidamento del Ponte di Bassano.
La storia risale all'ottobre del 2015, nella Prima Repubblica del restauro senza fine, quando la Fondazione Inarcassa, ovvero l'istituto della Cassa Nazionale di Previdenza per gli Ingegneri e Architetti Liberi Professionisti, trasmise un esposto all'ANAC - Autorità Nazionale Anticorruzione, e per conoscenza all'Amministrazione di Bassano del Grappa, a firma del presidente pro tempore arch. Andrea Tomasi. L'esposto in questione riguardava una “segnalazione di irregolarità” in merito all'affidamento al prof. Modena, da parte dell'Amministrazione comunale di Bassano del Grappa, della progettazione preliminare, definitiva e esecutiva dell'intervento sul Ponte degli Alpini.

Il prof. ing. Claudio Modena (foto Alessandro Tich - archivio Bassanonet)
Il riferimento è alla famosa determinazione dirigenziale con la quale il corrispettivo dovuto al progettista veniva stabilito in 39.997,00 euro (50.748,00 euro lordi con l'aggiunta dell'Iva al 22% e degli oneri previdenziali). Vale a dire, come rileva il documento, un importo “inferiore, sia pure di appena 3 euro, alla soglia di € 40.000,00 al di sotto della quale si può procedere ad un affidamento diretto”. Sintetizzando i contenuti dell'esposto, secondo Fondazione Inarcassa, innanzitutto, “il corrispettivo non è stato determinato in base alla legge”. La quale legge dispone che “nelle procedure di affidamento di contratti pubblici di servizi relativi all'architettura e all'ingegneria (...) la determinazione del corrispettivo a base d'asta non è rimessa alla valutazione discrezionale della stazione appaltante”. Vanno cioè applicati i parametri previsti dalla normativa vigente (Decreto Ministeriale 143/13), correlati al valore dell'appalto, secondo i quali il prof. ing. Modena avrebbe dovuto percepire la bellezza di circa 440.000 mila euro: importo dieci volte superiore a quello determinato dal Comune di Bassano.
Inarcassa contestava, tra le altre cose, che “è stato violato il precetto che, in omaggio al principio di trasparenza, impone di indicare il procedimento applicato per il calcolo dei compensi”. Ma anche che “è stata fatta altresì una falsa applicazione” dell'articolo di legge - le cui indicazioni ve le risparmio - che regola la procedura degli affidamenti diretti.
A fronte del corrispettivo “così enormemente ed inspiegabilmente sottostimato” per il prof. Modena, la denuncia del presidente Tomasi rimarcava che all'affidamento diretto al progettista “non si sarebbe potuto ricorrere se, applicando la legge, Codesta Amministrazione avesse rettamente determinato il valore del corrispettivo da porre a base di gara”. Infine l'esposto segnalava che “non è, altresì, chiarito chi sia il destinatario dell'incarico: se l'ing. Claudio Modena o la S.M. Ingegneria Srl”, vale a dire la società di ingegneria di cui Modena è titolare.
Questi dunque, per sommi capi, i contenuti di quell'esposto dei cui sviluppi non si è avuta più notizia e che fa ormai parte del Museo della Pontenovela.
Ma a fare rumore, all'epoca, non fu tanto il documento trasmesso all'ANAC quanto l'articolo che, contestualmente, venne pubblicato sul sito internet di Fondazione Inarcassa e intitolato “Professore, professore ma che vergognaaaaaa!!”.
Nel testo, riferito ovviamente al compenso “sottostimato” del progettista del restauro del Ponte di Bassano, veniva espresso rammarico per il fatto “che un capolavoro dell’architettura e dell’ingegneria storica italiana sia oggetto di un incredibile vergognoso svilimento del nostro lavoro e di una vergognosa procedura d’incarico”.
Sul compenso di “solo tre euro dal limite della soglia” per l'affidamento diretto, viene ribadito che per un importo dei lavori a base di gara, risultante dal quadro economico del progetto preliminare, pari a € 5.069.760,22 il corrispettivo doveva essere dieci volte superiore, di cui € 330.000 “per i corrispettivi sulle sole strutture”. “Se a svendere il nostro lavoro, a svilire le nostre competenze, ad insultare le dignità del nostro agire professionale - è un altro passo di quell'intervento - sono proprio i professionisti (non giovani alle prime armi ma noti docenti universitari con esperienza) allora la vergogna non ha limite, non ha giustificazione, non ha scuse.” “Noi non sappiamo le ragioni, Professore, che l’hanno indotta a compiere un’azione tanto vergognosa - concludeva l'articolo di Fondazione Inarcassa -, ma sappiamo una cosa: Lei ha fatto un danno, a noi tutti professionisti, ha fatto un danno alla dignità non solo del suo, ma anche del nostro lavoro.”
Perché abbiamo improvvisamente rivangato queste cose a più di tre anni e mezzo di distanza? Perché, egregi lettori, questa vicenda si è protratta fino ai giorni nostri.
E a perpetuarne l'attualità è stato proprio il prof. Claudio Modena, che a fronte di quanto scritto sul sito dell'istituto ha trascinato il presidente arch. Tomasi in tribunale, citandolo a giudizio con l'accusa di averne offeso la reputazione.
Al processo svoltosi al Tribunale di Verona, sezione penale, l'ing. Modena si è costituito parte civile con la richiesta della pubblica accusa della “penale responsabilità” dell'imputato e di un risarcimento da parte del medesimo “di tutti i danni patrimoniali ed extrapatrimoniali”, quantificati in 50.000 euro, mentre da parte della difesa è stata richiesta l'assoluzione del Tomasi “essendo la condotta scriminata dal diritto di critica”. Ne consegue pertanto, nelle prossime righe, la sezione “Perry Mason” di questo articolo.
Il processo Modena vs Tomasi si è dilungato dalla prima udienza del novembre 2017 fino al mese scorso. Sono stati sentiti dal giudice il vicesindaco di Bassano del Grappa Roberto Campagnolo quale teste della parte civile e l'ing. Egidio Comodo e l'architetto bassanese Antonio Guglielmini, membri del direttivo di Fondazione Inarcassa, quali testi della difesa.
Nella sua deposizione, come si legge nel dispositivo della sentenza, il teste Campagnolo “ha mirato a dimostrare come in realtà all'ing. Modena fosse stato dato in concreto incarico di occuparsi della sola parte strutturale del restauro”.
Lo stesso Modena riferiva in aula come il valore dei lavori di carattere strutturale a lui affidati “ammontasse a 800.000 euro” e che rispetto a tale valore “i tecnici del Comune avessero calcolato in percentuale la parcella del professionista”.
Mentre la difesa dell'imputato, al contrario, “valutava il corrispettivo assolutamente incongruo rispetto all'entità e alla difficoltà dei lavori affidati e svolti dal Modena”. Producendo a sostegno della propria tesi anche le slides della presentazione pubblica del progetto di restauro del settembre 2015 a Bassano “a conferma dell'ampiezza maggiore del proprio incarico e comunque dell'assunzione da parte del Modena della responsabilità di tutti i lavori strutturali, asseritamente sottostimati nella valutazione del Comune”.
Morale della favola: lo scorso 9 aprile il Tribunale di Verona, giudice unico monocratico dott.ssa Alessia Silvi, ha emesso la sentenza.
Il tribunale attesta che “lo scritto incriminato parte da un presupposto di verità (l'entità del corrispettivo per l'operato del Modena), prudentemente vagliato dal Tomasi prima di pubblicare on line l'articolo e riscontrato documentalmente anche nel presente processo”. Nel testo sotto accusa vengono usati “termini duri, aspri, “perentori”, come li ha definiti lo stesso imputato nella sua memoria scritta, ma mai offensivi e volutamente diffamatori della professionalità e/o della dignità e della reputazione del Modena”.
Anzi, al contrario “la polemica trae origine proprio dall'elevatissimo profilo professionale del Modena e dal riconoscimento anche da parte dell'imputato della difficoltà e dell'importanza dell'incarico attribuitogli dal Comune di Bassano”.
Il giudice rileva quindi le varie circostanze di fatto “che escludono la natura diffamatoria dell'articolo e la volontà di diffamare il Modena da parte dell'imputato, il quale si è limitato ad esercitare legittimamente il proprio diritto di critica, esprimendo in toni forti e decisi, ma mai gratuitamente offensivi o spropositati, la propria preoccupazione di fronte a comportamenti reputati “pericolosi” per l'intera categoria professionale di ingegneri ed architetti, soprattutto per quanto tenuti, come nel caso in specie, da un esponente di spicco e di indubbio valore come l'ing. Modena”. Per questo motivo il presidente di Fondazione Inarcassa arch. Andrea Tomasi è stato assolto “perché il fatto non sussiste”.
Questa, cari lettori, è la conclusione di un processo iniziato un anno e mezzo fa e riguardante fatti risalenti a tre anni e mezzo fa. Un dibattimento giudiziario di cui lo stesso giudice riconosce, nella motivazione della sentenza, il grande “carico di lavoro” e “la difficoltà del processo”. Una montagna di carte che, alla fine, ha partorito il topolino. Tanto Modena per nulla.
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