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Wolfgang Amadeus Palladio

Il progettista del Ponte come Mozart. Intervista all'architetto e professore Sergio Los, sostenitore della “palladianità” del manufatto e del recupero del progetto originario. “Bassano avrà una falsificazione del suo monumento”

Pubblicato il 01-04-2019
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È un fiume in piena il professor Sergio Los, architetto e docente di Composizione Architettonica all'Università IUAV di Venezia, nonché già assistente all'Università in gioventù di un certo architetto che rispondeva al nome di Carlo Scarpa. E non c'è tura o putrella che tenga. Il prof. Los mi riceve nel suo bellissimo studio di piazzotto Montevecchio a Bassano: affreschi alle pareti e migliaia di libri tutt'attorno.
Conversare con lui, e di qualsiasi cosa, è sempre un arricchimento perché è un uomo di cultura sterminata. Ma io sono qui per parlare del Ponte di Bassano, della cui “palladianità” - e cioè della necessità di ricuperare la fedeltà al progetto originario di Andrea Palladio - il prof. Los è uno dei principali sostenitori.
Sul suo tavolo, mentre lo intervisto, campeggia un modellino in scala del Ponte di Palladio, realizzato secondo i dettami tramandati dal sommo architetto cinquecentesco nei Quattro Libri dell'Architettura. Stilate più snelle di quelle che siamo abituati a vedere, eppure “perfettamente controventate”, e cioè strutturalmente concepite per reggere all'azione delle forze orizzontali.

Il prof. Sergio Los nel corso dell'intervista

L'“attualità di Andrea Palladio” per il recupero del monumento è stato il filo conduttore del famoso numero dell'“Illustre Bassanese” nel quale sia il prof. Los che il prof. Francesco Zaupa, docente di Scienza delle Costruzioni al Dipartimento di Ingegneria Civile dell'Università di Padova e progettista del sistema di fondazione per il restauro del Ponte dei primi anni '90, hanno sostenuto la necessità di ritornare al progetto originario del padre fondatore dell'attuale Ponte di Bassano. Ovvero “un caso esemplare di sapienza costruttiva da riproporre nella versione autentica”.
Proponendo un sistema di “controventatura”, e cioè di rafforzamento delle stilate, che seppure con l'ausilio di materiali moderni e con appoggi sulle recenti fondazioni, ma mantenendo integra la funzionalità del legno, rilancia la soluzione concepita quasi mezzo millennio fa dall'architetto Patrimonio dell'Umanità.
Una proposta che però, a fronte del progetto strutturale Modena e delle varianti di progetto attualmente in corso d'opera, è rimasta sulla carta.

Professor Los, come vede l'attuale intervento sul Ponte rispetto alla “palladianità” del monumento?
“Secondo il mio punto di vista il Ponte di adesso tradisce completamente il Ponte di Palladio. Quattro anni fa abbiamo invitato, e sono venuti qua in studio, proprio prima che venisse discussa la soluzione del prof. Modena, il vicesindaco con l'assessore alla Cultura e l'assessore all'Urbanistica. E io gli ho mostrato una proiezione con diapositive che aveva il titolo “Il Ponte di Bassano, una corrida tra architettura e brentane”. Questo lo volevo discutere per dire che noi non possiamo far entrare il toro nell'arena e dopo ucciderlo col kalashnikov, perché il problema non era uccidere un toro, il problema era di dimostrare che l'intelligenza umana, con forza molto minore del toro, poteva affrontare una forza molto superiore proprio per avere la capacità di organizzare il proprio comportamento. Ed era proprio quello che faceva Palladio. Il Ponte di Palladio è elegantissimo e alla fine, da quello che sappiamo, è anche quello che è durato di più, nel periodo peggiore, perché era anche il periodo in cui, scendendo le zattere che venivano da tutta l'area del Primiero, battevano contro le stilate e bisognava ogni tanto fare le riparazioni. Dopo il Ponte di Palladio, gli altri sono tutti durati meno perché erano ponti, che pur volendo in qualche modo correggere il progetto di Palladio, come ha fatto Ferracina e poi come ha fatto anche Casarotti, allargando molto le stilate, praticamente sono durati meno. Anche se, oltre alle brentane, bisogna aggiungere che sono stati anche incendiati, fatti esplodere, con danni anticipati dall'invasione napoleonica da una parte o dalla guerra tra tedeschi che fuggivano e partigiani...”

Perché sostenere il ritorno al progetto di Palladio?
“La necessità di sostenere il Palladio è dovuta al fatto che le opere d'arte non passano. Cioè noi continuiamo a leggere Omero o Dante e ad eseguire Mozart o Bach perché non passano, altrimenti non potremmo capirli e non li eseguiremmo. Ora, alcune opere si preservano direttamente: le “Pietà” di Michelangelo si preservano perché sono di marmo, invece la musica di Mozart o di Bach, se non ci fossero le partiture, non si potrebbe preservare. La musica quando è suonata se ne è andata e quindi bisogna avere una annotazione per poterla rifare. Questo è già avvenuto secoli fa: Guido Monaco, uno che stava ad Arezzo, ha inventato il moderno sistema di notazione della musica e Palladio, coi Quattro Libri, fa qualcosa di analogo per l'architettura. Questo è molto importante perché non lo si dice mai: Palladio fa “risuonare” l'architettura classica, Roma. Mentre Palladio va a Roma, Trissino, che è quello che gli paga il viaggio e lo accompagna, sta scrivendo un poema contro i Goti, “L'Italia liberata dai Goti”. Quindi l'architettura di Palladio, per Trissino ma anche per la cultura umanistica italiana, era un modo di valorizzare anche la cultura italiana dandole una durata che l'architettura non aveva, attraverso queste “partiture disegnate”.”

Anche a Bassano?
“Ancora di più a Bassano, avendo tra l'altro Palladio dedicato i Quattro Libri dell'Architettura, questa raccolta di partiture, a un bassanese, che era Giacomo Angarano, amico di Palladio per il quale aveva fatto anche diversi progetti.
Qui c'è un altro passaggio che risponde agli storici. Appena era venuto fuori il problema del Ponte di Palladio avevo telefonato al mio amico Lionello Puppi, grande palladianista, per avere un aiuto da lui. Invece sia Lionello Puppi che Fernando Rigon, altra persona ben nota a Bassano, mi hanno detto: “Ma guarda che il Ponte di Bassano non è sicuro che sia stato realizzato sul progetto di Palladio, il progetto è pubblicato ma forse non è stato realizzato”. Io ho risposto ricordando che Palladio, avendo realizzato queste partiture pubblicate nei Quattro Libri, ha avuto l'80 per cento della sua architettura sicuramente originale costruita dopo la sua morte. Cioè quando Palladio muore, nel 1580, noi abbiamo solo un quinto completato dei suoi progetti, tutto il resto è stato realizzato con queste partiture che hanno consentito di eseguire le opere dopo la scomparsa del compositore.”

Dunque l'esecuzione “postuma” di un progetto, anche a distanza di secoli, sarebbe un'operazione lecita...
“Sì, infatti c'è un filosofo americano molto importante che si occupa delle opere d'arte, Nelson Goodman, il quale sostiene che esistono le arti “autografiche”, che sono le arti dove compositore e interprete/esecutore coincidono, e le arti “allografiche”, che sono quelle dove invece il compositore può essere diverso dall'esecutore. Quando io ho realizzato l'entrata all'Università, su progetto di Scarpa e dopo la scomparsa di Scarpa, ho proposto al Dipartimento di Storia di organizzare un convegno ponendo la questione se l'architettura sia “autografica” oppure “allografica”, e cioè se l'architettura, come la musica, avesse acquisito questa possibilità di essere realizzata anche dopo la scomparsa dell'autore.”

Quindi lei sostiene che questa era l'occasione per il recupero della “partitura palladiana”...
“Questa del Ponte era una straordinaria opportunità di discussione: Bassano doveva prendere il Ponte come un colpo di fortuna, perché il Ponte apriva tantissime problematiche da valorizzare, da dire “guardate che il Ponte è anche un'eccezione dal punto di vista del restauro”. E se anche il prof. Carbonara, seguendo gli storici, attribuisce il Ponte “ai bassanesi” pur essendo stato progettato, ma forse non realizzato da Palladio, il recupero della partitura palladiana era una cosa da fare, perché il restauro si occupa di opere che sono da “restaurare”, e non da ricostruire o modificare, e quindi si occupa di opere nelle quali il progetto, la partitura, è incorporato nell'opera stessa.”

Quindi se questo di oggi non è un restauro, in questi termini, allora che cos'è?
“È una ricostruzione, anche tecnicamente, che proprio per essere una ricostruzione non aveva più la scusante del restauro, e quindi di poter preservare il progetto di Casarotti. Perché di fronte alla sostituzione delle stilate avrebbero dovuto, in questo caso, realizzare le stilate di Palladio. Perché oggi, proprio con le fondazioni che ha progettato e costruito il professor Zaupa negli anni '90, evidentemente noi non abbiamo più bisogno di “aggrappare” il Ponte allargando le stilate. Le stilate grandi, quelle di Casarotti, sono diventate una “superfetazione”, cioè una falsità che sarebbe meglio tirar via, proprio perché le condizioni operative del Ponte oggi non sono più quelle che ha trovato Casarotti e che forse avrebbero suggerito anche a noi di allargare le stilate per aumentare il numero di pali. Allora i pali dovevano essere molti perché non andavano giù più di 6-7 metri e andavano giù storcendosi continuamente, quindi non riuscivano a tenere il Ponte di fronte alle brentane. Ma adesso invece, con queste fondazioni molto solide con dei pali di cemento profondi 12-13 metri, si vede benissimo che queste sono diventate “superfetazioni”. Adesso le hanno fatte di acciaio, ma tengono se stesse, non erano necessarie.”

Tutto questo inserimento di acciaio nella struttura interna delle stilate come lo vede?
“Assolutamente assurdo. L'impresa, come si era resa conto anche la prima impresa, ha dovuto cambiare il progetto. La prima impresa ha rotto perché voleva fare quello che sta facendo la seconda e non glielo hanno lasciato fare. Mentre la seconda, con l'urgenza anche delle elezioni, ha detto “guardate che se vogliamo chiudere non si può fare quel progetto, bisogna farne un altro”. Se tu controventi le stilate, come proponevamo noi, non c'è più bisogno di una trave di impalcato da agganciare alle spalle. Io dico che il costruttore, quando pensa a un lavoro, lo “sente” prima di pensarlo. Avere questa vocazione vuol dire riuscire ad anticipare, devi fare prima quello che porta a ciò che viene dopo. Quando tu fai le fondazioni, devi sapere cosa devi metterci sopra. Se tu non segui passo passo questo pensiero a rovescio, vengono fuori errori. Non dico mica che l'acciaio sia sbagliato o che non è disegnato bene. Il fatto è che non bisognava farlo di acciaio, bisognava valorizzare il modo in cui, col legno, Palladio aveva risolto il problema delle brentane.”

Cosa intende per “pensiero a rovescio”?
“La questione su cui volevo porre l'attenzione è che quando arriva il prof. Modena, il prof. Modena ha in testa l'acciaio, perché aveva messo acciaio dappertutto. La prima soluzione, assurda, è quella del ponte Bailey per tirar su le stilate. Allora uno dice: perché non possiamo spingerle da sotto? Le rogne si moltiplicavano perché tu dovevi andare ad appoggiarti nelle proprietà di altri. Poi si doveva tirare su le stilate per mettere la trave di fondazione del prof. Modena, dopodiché riappoggiare le stilate sopra le fondazioni del prof. Zaupa e infine, dopo aver tirato via il ponte Bailey di acciaio provvisorio, mettere la famosa maxi trave di impalcato di acciaio e legno che deve funzionare contro la corrente orizzontale. Allora qua, finché tu non realizzi la trave di impalcato avendo anche ottenuto i permessi per andare ad agganciarla dal privato, c'è un periodo in cui le stilate non sono controventate e sono quindi esposte alle brentane. Quindi provvisoriamente, specialmente facendolo in due tempi, tu avresti comunque dovuto mettere delle controventature provvisorie. Ma dato che le fai provvisorie, perché non le fai stabili e non vai a disturbare le due rive che non sono tue? Una volta che ho fatto le stilate e le ho controventate, non occorre mettere anche la trave di impalcato ed è tutto a posto. Invece di avere una trave lunga 65 metri, e lo dimostrano anche le simulazioni, hai cinque campate di 13 metri che lavorano infinitamente meglio perché tu hai suddiviso in cinque parti il lavoro. Quindi la controventatura delle stilate, che è quella che noi proponevamo, evidentemente era la soluzione, che stanno adottando anche adesso per poter fare i lavori. Questo vuol dire che tu devi pensare prima quello che dovrai fare dopo.”

Tornando a Palladio, davvero sarebbe cosa buona e giusta “riproporlo” nel Terzo Millennio?
“Il problema del Ponte di Bassano è che, diversamente dalla maggior parte dei restauri, dove il progetto è incorporato, essendo stato realizzato 5-6 o 7 volte, intero o in parte, è sempre una ricostruzione. Quindi è la dimostrazione più evidente di quella analogia con la partitura musicale, perché hanno dovuto riavvalersi della partitura, anche Ferracina e anche poi Casarotti. Cioè tutti sono ricorsi alla partitura, anche se non l'hanno eseguita perfettamente, e facevano riferimento ad essa. Quindi anche dal punto di vista del restauro questo era un evento interessantissimo da discutere, perché era un restauro anomalo rispetto a oltre il 90% dei restauri. Palladio aveva originariamente proposto un ponte di pietra a tre archi, che lui aveva teorizzato studiando i ponti romani. Lui ha poi trasformato il suo ponte di pietra in un ponte di legno, lo ha tagliato in otto fette ed è proprio da lì che è venuta fuori la necessità di controventare le stilate. Tanti progetti di Palladio sono stati realizzati dopo che lui era morto. Anche se il suo Ponte non è stato realizzato allora e lo facciamo adesso, cosa cambia?”

Cosa la amareggia di questa “indifferenza” al progetto originario?
“Se fai un monumento, se fai la Pietà, bisogna che la fai vedere. Scarpa per mostrare una scultura, un quadro, faceva di tutto per metterla in luce. Metterla in luce vuole dire fartela vedere. Loro non ti fanno vedere il pensiero di Palladio, la creazione di Palladio. È come se io ristampassi una poesia di Leopardi, però facessi degli errori di stampa come quello di nascondere un verso e non si capisce più perché è messo lì, insomma. Le poesie, come il Ponte del Palladio, hanno quella “scintilla” che bisogna lasciare così. Infatti il Ponte di Palladio bisognava farlo, perché allora lo si capiva, lo “leggi”. Mentre invece adesso se lo fai di acciaio fa schifo. Ma la cosa terribile è che l'articolo 9 della Costituzione ci dice che dobbiamo tutelare e valorizzare il nostro patrimonio storico e artistico. Facendo una tecnologia completamente ridondante, vai a uccidere il toro. È finita, se noi ci mettiamo per questa strada. Non dobbiamo andare avanti a spintoni, devi negoziare. Ed era infatti quello che io avevo tentato di fare quando li ho invitati qua a discutere.”

In definitiva Bassano che Ponte avrà?
“Bassano avrà una falsificazione del suo monumento e farà una brutta figura nei confronti di tutti gli stranieri che verranno a visitarlo e che hanno in tantissimi, come molti miei colleghi che conosco, la riproduzione dei Quattro Libri dell'Architettura fatta da Hoepli e venduta in un numero sterminato di copie. Verranno qui a controllare e vedranno che il Ponte palladiano non è realizzato.”

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