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Ernest de noialtri

“Sulle tracce di Hemingway in Veneto”: la Fondazione Luca getta nuova luce sullo speciale rapporto dello scrittore americano Premio Nobel con Bassano e con la nostra regione. Avercelo oggi, un promotore del territorio di questo calibro

Pubblicato il 29-01-2018
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“Sono un ragazzo del Basso Piave, un ragazzo del Grappa, del Pasubio. Sono un vecchio fanatico del Veneto ed è qui che lascerò il mio cuore.”
Così scriveva Ernest Hemingway al critico d'arte Bernard Berenson,
un suo amico americano residente a Fiesole in Toscana, in una lettera resa nota al pubblico nel 1968, sette anni dopo la morte del grande scrittore che il 2 luglio 1961, al massimo della fama, aveva deciso di farla finita sparandosi un colpo di fucile.

Il 19enne Ernest Hemingway in divisa da volontario della American Red Cross nel 1918 (fonte immagine: theparisreview.org)

La prova ufficiale, e autografa, dello speciale rapporto affettivo del Premio Nobel per la Letteratura con queste nostre terre che lo videro, diciannovenne, testimone oculare della tragedia della Grande Guerra e quindi, dal secondo dopoguerra in poi, assiduo frequentatore oramai nella veste di autore affermato.
L'odierna critica letteraria sta svolgendo un interessante lavoro di riscoperta del ruolo svolto dal Veneto nella formazione personale e culturale del celebre narratore statunitense. Non solo Parigi, Spagna, Cuba o Africa quindi, ma anche quel Pedemonte vicentino che ha temprato la sua evoluzione da giovane cronista di guerra per il “Kansas City Star” ad assoluto protagonista della letteratura del '900.
E una parte del merito di questo sorprendente revival va certamente attribuita alla Fondazione Luca, che ha fatto del Museo Hemingway e della Grande Guerra a Villa Ca' Erizzo Luca a Bassano del Grappa uno dei maggiori centri di studio e di divulgazione sull'Ernest de noialtri: ovvero sulla fondamentale esperienza umana, trasformatasi in fonte di memoria e di ispirazione letteraria, vissuta dall'autore di “Addio alle armi” o di “Di là dal fiume e tra gli alberi” (due romanzi citati non a caso) a Bassano e nel Nordest d'Italia. Un'opera che continua le importanti ricerche sugli Americani in Italia nella Prima Guerra Mondiale svolte dal compianto professor Giovanni Cecchin e che l'istituzione culturale privata bassanese, oltre alle diverse iniziative promosse in città, sta sempre più svolgendo sul contesto internazionale.
Prova ne siano gli eventi d'oltreoceano che l'hanno vista protagonista l'anno scorso: in primis la partecipazione del Museo Hemingway, con una sezione dedicata allo scrittore, alla mostra “War and Art” allestita in ottobre nella sede del Pentagono a Washington. Ma anche, nello stesso anno, i rapporti diretti intessuti con la Casa Hemingway Finca Vigía a Cuba e con la Casa-Museo Hemingway di Key West in Florida.
Dalla grappa al mojito, il sorso è breve.
Nel frattempo la Fondazione Luca ha dato alle stampe il secondo libro dedicato alla presenza dello scrittore nella nostra regione: “Sulle tracce di Hemingway in Veneto”.
La pubblicazione raccoglie le pagine scritte dal giornalista britannico e per quindici anni corrispondente dall'Italia del “Times” Richard Owen, dal giornalista e curatore scientifico del Museo Hemingway Giandomenico Cortese e dai docenti Gianni Moriani e Rosella Mamoli Zorzi. Un volume che ripercorre le tappe vissute da quel giovane americano destinato a un futuro di gloria tra il Piave (dove rischiò seriamente la pelle per lo scoppio di una granata austriaca a Fossalta), l'Astico e il Brenta negli ultimi sei mesi della Grande Guerra: da Asiago ad Arsiero e da Schio a Bassano, dove il “ragazzo del '99” e futuro Premio Nobel arrivò nell'ottobre del 1918, nell'ultimo mese prima dell'armistizio del 4 novembre, stanziandosi a Villa Ca' Erizzo come autista volontario delle ambulanze della Croce Rossa Americana. E ancora il ritorno in Veneto dopo 26 anni di assenza forzata dall'Italia - dovuta al bando impostogli da Mussolini che nel 1922 non gradì una sua intervista - che tra la fine degli anni '40 e gli anni '50 lo vide più volte ospite “vip” tra Cortina, la laguna di Caorle e soprattutto Venezia.
Il libro fresco di stampa ha dato spunto a una interessante presentazione, tenutasi sabato scorso alla Libreria di Palazzo Roberti in città, con l'intervento del co-autore Giandomenico Cortese e le letture di brani scelti da poesie giovanili, racconti e romanzi a cura di Arbena Bonin e Lisa Frison.
“Una ricerca - ha sottolineato Cortese - che conferma il valore della presenza di Hemingway a Bassano e nel Veneto, alle radici del suo essere narratore.” Ben tre romanzi e dodici racconti contengono infatti “testimonianze del territorio veneto”.
In particolare “Addio alle Armi” e “Di là dal fiume e tra gli alberi”: in quest'ultimo romanzo, del 1950, è famosa la precisa ed intensa descrizione dell'ambiente di Villa Ca' Erizzo.
Ma c'è anche la Cortina di “Fuori stagione”, inserito nella raccolta “I quarantanove racconti”. Storie architettate sull'onda dei ricordi: “Hemingway non prendeva appunti - ha ancora spiegato il giornalista - ma faceva scattare i pulsanti della memoria.”
Un senso di meraviglia per i paesaggi e per la gente veneta che già emerge nel racconto giovanile di guerra “The Woppian Way” (“La via Appia”, vale a dire la Strada Cadorna sul Grappa), testo inedito scoperto a Chicago dal prof. Cecchin, scritto da Hemingway diciannovenne, che prende le mosse proprio da Ca' Erizzo e dagli Arditi sul Grappa che qui avevano la loro base. Di quel racconto scritto dall'autore ancora da teenager è ormai molto conosciuto il seguente passo, che fa capire di che pasta era fatto l'Ernest de noialtri, con la quale negli anni successivi avrebbe fatto lievitare ben più importanti capolavori:

“A Bassano noi eravamo acquartierati in una vecchia villa sul Brenta, sulla sponda orientale, un po' più in su del ponte coperto. Era grande e tutta di marmo con cipressi lungo il viale e statue ai lati, e le solite altre cose. Noi eravamo il solito gruppo di avventurieri, dai piedi piatti e con gli occhi strabici, che non potevamo arruolarci nell'esercito e avevamo ripiegato sul Servizio Ambulanze. Quando il Corpo di Spedizione Americano arrivò in Francia, fummo cacciati via di lì. Alcuni della squadra erano finiti in Mesopotamia, gli altri si sparpagliarono per i Posti o Sezioni lungo il fronte italiano. Certo, avrei potuto tornarmene a Washington, con Spurs, addetto alla propaganda. Ma hai tu mai visto il sole sorgere, almeno una volta, dal Monte Grappa, o sentito nel sangue dentro di te il crepuscolo di giugno sulle Dolomiti? O gustato il liquore Strega a Cittadella? O camminato per le vie di Vicenza, di notte, mentre la luna ti bombardava? Sai, in guerra, oltre al combattere, ci sono mille altre cose.”

Non c'è dunque solo la Bodeguita del Medio, all'Avana, tra i luoghi e i locali legati al passaggio del narratore giramondo. E non solo lo Strega sorseggiato a Cittadella.
Come ha rivelato sempre Cortese a Palazzo Roberti, Hemingway nei suoi scritti ha citato ad esempio anche l'Osteria Città di Tripoli, che si trovava a Rosà sulla strada verso Rossano vicino al passaggio a livello, oppure l'osteria Madonnetta di Marostica.
Ma anche l'osteria Toni Caseta di Bassano, dove oggi è ubicato “Nardini Alto”; il Caffè delle Fosse di Bassano oggi noto come Caffè Italia e, sempre nella nostra città, la Porta delle Grazie e Palazzo Lugo, oggi Palazzo Vinanti in via Da Ponte. Avercelo oggi, un promotore del territorio di questo calibro.
Il suo amore per l'Italia, e per la terra veneta in particolare, non lo avrebbe mai abbandonato. Scriveva Ernest Hemingway alla sorella Marcelline dopo il suo ritorno in America dal fronte nel 1919: “A volte penso che qui viviamo solo a metà. Gli italiani invece vivono fino in fondo.”
A giudicare da questa impressione, e nonostante la tragedia della guerra, l'Italia era veramente un altro Paese.

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