Alessandro TichAlessandro Tich
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Politica

Forza Italia a secco

Due o tre cose sull'annuncio dell'addio al partito di Berlusconi del deputato bassanese Dino Secco

Pubblicato il 18-10-2017
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La notizia non è quella che si potrebbe definire il classico fulmine a ciel sereno.
Perché l'onorevole bassanese Dino Secco, come riferitoci da fonti bene informate al riguardo, da diverse settimane sta già lavorando dietro le quinte a Bassano del Grappa per cercare di far confluire alcuni esponenti forzisti nell'embrione di una nuova entità politica, in vista delle prossime elezioni amministrative in città, vicina al movimento centrista “Energie per l'Italia” di Stefano Parisi.
Secco non è l'ultimo arrivato. Dal punto di vista dell'esperienza politica e amministrativa è sulla breccia da decenni, al punto che non potrebbe avere nulla da ridire se lo ribattezzassimo, simbolicamente, Dino Sauro. Fa parte di quel novero di politici di antica matrice democristiana abituati a saper intercettare le direzioni verso le quali spira il vento. Questione di fiuto, che per un politico di lungo corso è un requisito fondamentale. Quello stesso fiuto che nel 1994, lo stesso anno della storica “discesa in campo” di Silvio Berlusconi, lo portò ad aderire immediatamente alla neonata Forza Italia, diventandone uno dei fondatori a livello locale.

L'onorevole Dino Secco (fonte immagine: youtube)

Dobbiamo dargli atto di una indiscutibile coerenza: da allora FI e Dino Secco sono stati una cosa sola. Nel partito degli azzurri ha militato e svolto funzioni direttive, col simbolo di Forza Italia ovvero del Popolo della Libertà si è candidato a più riprese (Provincia, Regione, Senato, Camera dei Deputati) riuscendo alla fine, complice la decadenza da deputato di Giancarlo Galan, a conquistare un seggio a Montecitorio.
Ora però, a quanto pare, Forza Italia sta perdendo Forza e rischia di perdere anche l'Italia. È quanto si evince dalle sue dichiarazioni a mezzo stampa (oggi sul Giornale di Vicenza) con l'annuncio del suo addio al partito di Berlusconi, a seguito del quale confluirà nel sempre più affollato Gruppo Misto alla Camera: il raggruppamento degli onorevoli in crisi di identità che hanno abbandonato la bandiera con la quale sono stati eletti.
Il tutto proprio mentre l'ex Cavaliere (ma sul concetto di “ex” i pareri sono discordi) è ritornato a gestire le redini del partito in prima persona per sottoporlo a un definitivo restyling, in chiave di rilancio per i prossimi appuntamenti elettorali.
Secco giustifica la sua decisione con la constatazione di un partito che non è più quello di una volta e che in Veneto “dei valori e principi di FI non ha nulla”.
Esprime nostalgia per le partecipatissime riunioni del circolo forzista bassanese degli anni '90, epoca d'oro della destra moderata poi diventata centrodestra, e tristezza per l'attuale scarso appeal dell'universo azzurro se è vero che, come sottolinea, “agli stati generali del partito a Mestre, all'incontro con le categorie economiche e sindacali, in sala c'erano meno di quaranta persone”.
Basta una sala semivuota a gettare alle ortiche 23 anni di militanza?
Non pienamente, perché c'è di più. Ed è quella che Dino da Solagna definisce la mancanza “di quel feeling che c'era una volta” quando “Forza Italia era un partito vicino alla gente”. Accusa i “cerchi magici” che hanno rovinato il partito, portandolo alla decadenza, nel periodo in cui Berlusconi, dopo un ventennio di potere, si è chiamato fuori.
Lamenta che “FI in Veneto è ormai rappresentata, in moltissime posizioni dei coordinamenti regionali e provinciali, da persone che ritornano da altri partiti come Ncd per arrivare fino al Pd o da filo leghisti, che sono in FI solo per interessi elettorali e lasceranno Berlusconi il giorno dopo il voto”.
Da qui l'attuale situazione del partito che - sempre secondo l'ex vicepresidente della Provincia - in Veneto “è avviato a percentuali da prefisso telefonico”.
Prendiamo atto di queste dichiarazioni e rispettiamo la scelta dell'onorevole.
Che tuttavia, tra le file del partito, ha svolto appunto ruoli di prestigio e di responsabilità politica tra cui l'incarico, a partire dal 2014, di coordinatore provinciale.
Fino a che, nel giugno di quest'anno, tutti i coordinamenti provinciali del Veneto di Forza Italia non sono stati commissariati, per il tramite del commissario regionale di FI Adriano Paroli, ad opera del coordinamento nazionale del partito.
“Ringrazio il commissario regionale per la fiducia concessami - commentava nell'occasione il neo commissario provinciale di Vicenza Matteo Tosetto -. Stiamo vivendo un momento di grande cambiamento nel Paese, e Forza Italia ha voluto dare un segnale importante per rilanciare il partito in Veneto.”
Questo è stato dunque il destino di Secco: rappresentare il “vecchio” in un partito che ha improvvisamente voglia di “nuovo”. Non si spiegherebbe, altrimenti, la sua uscita di scena e quella degli altri sei coordinatori provinciali, coi ringraziamenti di rito “per il lavoro svolto”, dalle stanze dei bottoni.
Sarà un caso, ma il periodo di maggiore crisi interna (il caso Padova docet) di Forza Italia nel Veneto ha coinciso con il ciclo di attività di una classe dirigente regionale del partito di cui Secco faceva pienamente parte.
Che cosa ha concretamente fatto il neo deputato del Gruppo Misto, dal 2014 alla metà del 2017, per ricucire e rilanciare il consenso del partito nella sua provincia?
E rivolgendo invece l'attenzione al suo ruolo da parlamentare, e quindi di rappresentante eletto del popolo, che cosa ha realmente realizzato o portato avanti per il suo territorio, per attirare l'approvazione della gente e quindi futuri voti?
La crisi di Forza Italia - se effettivamente è tale, come lamenta il suo ormai ex esponente della primissima ora - dipende senza dubbio da tanti fattori, accumulatisi nel vuoto di potere generato dall'assenza di Berlusconi. Ma la colpa non è solo dei nuovi arrivati o dei cerchi magici.

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