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80 cittadini presentano un esposto alle autorità inquirenti e amministrative sul restauro del Ponte di Bassano. Il portavoce Giuseppe Rosato: “Violenza architettonica, violenza strutturale, gestione economica: chiediamo chiarezza su queste cose”
Pubblicato il 14-07-2017
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I coppi sul tetto del Ponte degli Alpini sono stati rimossi già da un pezzo, ma l'ultima tegola è di quelle pesanti. Capitata tra capo e collo dell'Amministrazione comunale di Bassano proprio nel momento in cui, sopra il cantiere del restauro affidato alla Vardanega, si era alzato il fumo del calumet della pace.
A scuotere le acque oltre i limiti della tura, un esposto firmato da un'ottantina di cittadini e inoltrato mercoledì 12 luglio - tramite l'avv. Emma Bergamin del Foro di Vicenza - alla Procura della Repubblica di Vicenza, alla Procura Generale della Corte dei Conti di Venezia, al prefetto di Vicenza, al presidente della Regione Luca Zaia, al ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, al difensore civico Roberto Pellegrini e all'ANAC (Autorità Nazionale AntiCorruzione) a Roma.
L'esposto chiede di fare chiarezza su alcuni aspetti della gestione del restauro del Ponte Vecchio che i cittadini firmatari trovano “dubbiosi”.
Il geom. Giuseppe Rosato con l'incartamento degli atti del restauro del Ponte (foto Alessandro Tich)
In particolare si intende fare luce sui motivi dell'affidamento del progetto “con un incarico che sconvolge la struttura del Ponte invece di preferire un intervento che ne avesse rispettato più l’impianto tradizionale”. Ma si chiede anche “perché un appalto “di €. 6.700.000 viene smembrato in €. 5.069.760 e somme a disposizione quando la soglia del bando di gara europeo è a €. 5.184.000”.
In più, si puntualizza il fatto che sul famoso documento di contestazione del progetto esecutivo del prof. Modena da parte del tecnico dell’impresa Vardanega ing. Viviani, rispedito al mittente dal prof. Modena e quindi ribadito da Viviani, “non sia stato nominato un tecnico terzo per dirimere la questione”.
Tra le altre presunte anomalie contestate dai firmatari, “gli affidamenti di incarichi troppo spesso vicini e inferiori alla soglia ove si sarebbe poi ricorsi alla gara, conferiti quindi con procedura negoziata diretta a pochi euro sotto i 40.000” e “la modalità di affidamento dei lavori senza passare per il bando europeo che ha portato al contratto diretto con l’impresa Vardanega e a tutti i contenziosi successivi con dispendio di tempo, denaro e d’immagine della città”.
Allegato all'esposto, un consistente malloppo di carte riguardanti l'elenco delle delibere e determine menzionate nell'atto, le osservazioni al progetto esecutivo del consulente di Vardanega ing. Viviani, le controdeduzio0ni del progettista prof. Modena e le osservazioni finali dell'ing. Viviani.
È lo stesso malloppone di documenti che campeggia sulla scrivania dell'aula di formazione dello studio del geometra Giuseppe Rosato, in largo Parolini in città.
E non a caso: Rosato è infatti il primo firmatario dell'esposto nonché portavoce di tutti gli altri cittadini che sull'atto legale hanno apposto la propria firma.
“Il percorso che è arrivato fino all'esposto - ci spiega il geometra bassanese - è iniziato quando ho partecipato a una serata sul Ponte promossa da Impegno per Bassano, ma non è nato politicamente. Ho cominciato a interessarmi dei problemi del restauro, ne ho parlato con l'architetto Antonio Guglielmini, mi sono letto tutti gli articoli sull'argomento compresi quelli di Bassanonet, ho sentito le lamentele degli operatori commerciali che lavorano vicino al Ponte e mi sono appassionato alla questione.”
Poi Rosato ha approfondito diverse tematiche, trovando anche il tempo di leggersi le varie relazioni e controrelazioni tecniche sul progetto esecutivo.
“Nella perizia conclusiva per la Vardanega - afferma - l'ing. Viviani sostiene che il calcolo del modello strutturale è partito sbagliato e che tutti gli altri problemi sono conseguenti a cascata. Il Comune ha risposto che non è così. A Bassano non abbiamo dubbi, siamo certi che Modena ha fatto il calcolo giusto. Da qui nasce l'iniziativa dell'esposto: perché non chiediamo a qualcuno di esterno di dirci dove sta la verità? Si tratta di ingegneria, e quindi di numeri e di certezze e non di opinioni.”
L'atto legale non punta il dito solamente sulla “diatriba” tra tecnici di parte.
Rosato e gli altri promotori, tra cui due noti esponenti del mondo del commercio e degli esercizi pubblici della città, dicono “no” a un progetto che, a loro dire, “violenta il Ponte Vecchio trasformandolo in un Frankenstein, high-tech dentro e finto fuori” e a un progetto “contraddittorio tra diversi strutturisti e che preoccupa per il futuro”.
Si contesta inoltre, tra le altre cose, “la modalità di affidamento dei lavori di somma urgenza” e “i tre incarichi a poco meno di € 40.000 (soglia massima in affidamento fiduciario) riconducibili sempre allo stesso soggetto”.
“Violenza architettonica, violenza strutturale e gestione economica: sono questi gli aspetti su cui chiediamo chiarezza - precisa il primo firmatario dell'esposto -. Non facciamo accuse, ma chiediamo un controllo: se tutto risulterà ok, evitiamo anche future polemiche. Se invece le cose non torneranno, sarà la conferma dei sospetti avvertiti. Si tratta di una richiesta di chiarimenti su alcune zone d'ombra accumulate negli anni.”
“Questo è un problema sentito non solamente da Giuseppe Rosato - conclude il professionista -. Sono uno dei due admin del gruppo Facebook “Bassano senza censura” e ho testato il malumore strisciante sulla gestione del restauro del Ponte, al di là delle idee politiche. È il momento adesso di imboccare la strada giusta.”
La raccolta delle firme per sottoscrivere l'esposto è stata una passeggiata in discesa: per legge ne bastavano 15, ne sono arrivate cinque volte di più.
Ora le autorità inquirenti sollecitate dall'atto legale dovranno pronunciarsi sulle contestazioni di un documento che sul “doveroso e impegnativo restauro del Ponte” ritiene che l'Amministrazione comunale “abbia adottato e tutt'ora adotti procedure non trasparenti e persegua obiettivi quanto meno discutibili”.
I CONTENUTI DELL'ESPOSTO
Sono in tutto cinque gli aspetti sui quali i firmatari dell'esposto chiedono alla magistratura inquirente e alle autorità preposte “di effettuare gli opportuni accertamenti per valutare se sussistano eventuali illiceità imputabili a soggetti aventi ruoli e responsabilità all'interno dell'Amministrazione comunale”:
Modalità di affidamento dell'incarico di progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva al prof. ing. Claudio Modena della Società SM Ingegneria Srl
L'esposto ritiene che “l'Amministrazione non avrebbe dovuto agire attraverso un unico progetto di intervento, estremamente invasivo e strutturalmente sconvolgente, ma sarebbe stato preferibile indire una gara sulla progettazione, che avrebbe potuto presentare soluzioni alternative, rispettose non solo dell'immagine attuale del Ponte, della sua storia, ma anche e soprattutto del modello strutturale originale del Palladio, con conseguente diversa determinazione dei costi rispetto al progetto approvato (€ 6.700.000) ed una soluzione più attenta a ridurre al minimo i disagi, non solo nei confronti delle attività economiche esistenti tra le due sponde del fiume Brenta, ma per l'intera città di Bassano del Grappa, conseguenti al lungo periodo previsto per i lavori di ripristino”.
Modalità di affidamento dei lavori di “somma urgenza”, estrapolati dal progetto esecutivo posto a base di gara
L'esposto ricorda che “il Quadro Economico del progetto preliminare è stato compilato con lavori da porre a base di gara (€ 5.069.760), ridotti con il progetto definitivo ad € 5.063.760,22 ed infine ulteriormente ridotti con il progetto esecutivo ad € 4.947.775,24”. Il tutto “frazionando e spostando dai lavori a base di appalto alcune lavorazioni comunque indispensabili e proprie dell'intervento di restauro quali, ad esempio, “Indagini per bonifica bellica” e “Spostamento sottoservizi esistenti e allacciamenti” le cui spese sono state inserite tra le somme a disposizione”.
Si chiede pertanto di verificare “la legittimità di tale provvedimento” e “quante di queste lavorazioni fossero effettivamente necessarie o potessero invece essere eseguite all'interno dell'unico appalto generale attraverso una normale gara di affidamento di tipo comunitario”. E ciò tenendo conto anche del fatto che “qualora detti lavori debbano essere rimossi in sede di attuazione del progetto esecutivo, l'Appaltatrice potrà richiedere il relativo compenso, con ulteriori costi ad oggi non determinati”.
Il progetto esecutivo posto a base di gara
L'esposto affronta anche la questione del famoso “Resoconto di analisi della valutazione della documentazione progettuale”, protocollato in Comune lo scorso 20 aprile dall'impresa appaltatrice Nico Vardanega Costruzioni Srl, nel quale “vengono messi in seria evidenza alcuni difetti tecnici contenuti nel progetto esecutivo che possono essere cagione di danno nei confronti del manufatto stesso, di manufatti di terzi, della sicurezza degli operatori e del pubblico”.
Il testo ripercorre le tematiche delle contestazioni tecniche della Vardanega (Il modello strutturale; L'intervento sulle pile; L'intervento sulle spalle; Gli interventi sull'impalcato; Le ture) e cita anche la risposta datata 5 maggio del prof. ing. Claudio Modena che, nel ribadire la correttezza del suo progetto, ha definito la relazione del consulente strutturista della ditta appaltatrice “un concentrato di affermazioni tanto perentorie quanto superficiali, inconsistenti, autoreferenziali e contraddittorie”. Sono seguite le considerazioni finali della Vardanega che ha confermato la validità delle eccezioni mosse al progetto, rigettate in toto dall'Amministrazione che ha intimato all'impresa appaltatrice di procedere con i lavori come da progetto esecutivo approvato.
Si ritiene pertanto “che le contestazioni sollevate dal consulente dell'Appaltatrice sono di tale pregnanza che esigerebbero il controllo di un “esperto” terzo”.
Si considera inoltre che “essendo trascorsi quasi due anni dall'elaborazione del progetto di ripristino e consolidamento statico del prof. ing. Modena, le condizioni statiche del manufatto sono sicuramente peggiorate con conseguente modifica anche dei presupposti assunti a base del suddetto progetto”.
Da qui la richiesta “di verificare la legittimità del provvedimento con lui l'Amministrazione ha intimato all'Appaltatrice l'esecuzione del progetto esecutivo, in assenza di un'attenta valutazione delle contestazioni tecniche prodotte dall'impresa appaltatrice e delle controdeduzioni del progettista prof. ing. Claudio Modena da parte di un qualificato tecnico terzo in grado di dirimere l'intera questione, sia per la sicurezza dell'opera, di manufatti di terzi, degli operatori e del pubblico”.
Le modalità di gestione dell'intera opera e dell'appalto
L'esposto sottolinea che “nel corso del 2015 e 2016 sono state assunte complessivamente ben 18 Determine di affidamento per incarichi tecnici e legali di importo netto sempre inferiore a 40.000 €, con procedura negoziata diretta, alcune di queste frazionate e differite nel tempo allo scopo di sottoporle alla disciplina delle acquisizioni in economia”. Sempre nel 2015 “sono state assunte altre 2 Determine di affidamento per servizi e forniture di importo netto inferiore a 40.000 €, con procedura negoziata diretta” e “altre 3 Determine di affidamento lavori con procedura negoziata diretta”.
Le modalità di affidamento dei lavori
L'ultimo punto dell'esposto ripercorre le note vicissitudini legali e giudiziarie - che in questa sede vi risparmiamo, essendocene occupati più volte - che hanno contraddistinto per un anno l'iter di affidamento dell'appalto, dal verbale di gara del 15.12.2015 fino alla Determina di aggiudicazione dei lavori alla Vardanega del 30.12.2016 a seguito della sentenza del TAR del Veneto, favorevole alla ditta di Possagno. Dal momento che la stipula del contratto di appalto con Inco Srl (subentrata a Vardanega dopo l'esclusione della stessa da parte del Comune) era stata effettuata “in pendenza del giudizio cautelare avanti al Consiglio di Stato e della già fissata prossima udienza di merito avanti al TAR Veneto”, i firmatari definiscono tale atto “intempestivo” e chiedono “di verificare se l'Amministrazione e/o il seggio di gara siano da ritenersi responsabili di un danno erariale”. Danno che, tra spese legali ed accordo transattivo con Inco Srl, “ammonta ad oltre € 60.000” ai quali “vanno aggiunti i 280.000 € che l'Amministrazione ha dovuto impegnare per i lavori urgenti di messa in sicurezza conseguenti al prolungamento dei tempi dell'effettivo inizio dei lavori appaltati ed affidati definitivamente all'impresa Vardanega Srl (02.03.2017)”.
In conclusione l'esposto chiede pertanto che “la Procura della Repubblica e le altre autorità in indirizzo vogliano disporre gli opportuni accertamenti in ordine ai fatti così come esposti, valutando se e quali profili d'illiceità siano in essi rilevabili e quali ne siano i soggetti responsabili al fine di procedere nei loro confronti, anche alla luce delle modalità di gestione della fase operativa, dal formale inizio dei lavori alla data odierna così come risultante dagli atti”.
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