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Polo Museale: Giannantonio Vardanega ci spiega il reale problema emerso nel cantiere. “La Vardanega non è arrivata qui per creare fastidi o prendere più soldi, ma ha sollevato un problema reale di sicurezza.” E sul Ponte...

Pubblicato il 27-05-2017
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I jet grouting? Eccoli qua, nella foto pubblicata sopra, uno vicino all'altro.
E sono solo una parte di quelli installati lungo il perimetro della superficie di costruzione del piano interrato del futuro Polo Museale Santa Chiara.
Ma si vedono solo le “teste”, quelle che emergono per pochi centimetri alla superficie.

Fila di teste della palificata jet grouting nel cantiere del Polo Museale (foto Alessandro Tich)

Il resto di ciascuna di queste “colonne” che servono alla stabilità degli scavi e alla sicurezza degli edifici circostanti è conficcato fino a 22 metri sottoterra.
La “palificata” sotterranea ritratta nell'immagine è quella inserita dalla Adico Costruzioni Srl di Maser - la ditta vincitrice dell'appalto e poi fallita in corso d'opera - sotto la parete a nord dell'area di cantiere, contigua ai fabbricati che insistono su viale dei Martiri.
All'improvviso, l'altro ieri, i jet grouting sono entrati nel vocabolario delle cronache di attualità cittadina per la ormai famosa seduta della Commissione consiliare “Territorio” del consiglio comunale di Bassano nella quale il prof. ing. Paolo Napoli - direttore tecnico della Sintecna Srl di Torino, società capogruppo della Progettazione Lavori - ha presentato una perizia di variante al progetto riguardante lo scavo per la realizzazione del piano interrato, inserito nel primo stralcio funzionale del Polo in costruzione.
L'ingegnere, come ampiamente riferito in un nostro precedente articolo, ha riferito che la Nico Vardanega Costruzioni Srl di Possagno, subentrata nel cantiere dopo il fallimento della Adico, ha effettuato dei carotaggi di controllo delle colonne sotterranee rilevando delle “difettosità” e una “resistenza insufficiente”.
“La ditta - rivelava il direttore tecnico di Sintecna - si è rifiutata di scavare secondo progetto, ritenendo le opere di contenimento “scarse”, che metterebbero il personale a rischio.” Da qui la perizia di variante che prevede una nuova modalità di scavo, concordata con la stessa Vardanega, più lo smaltimento di altri due ingombri correlati al primo appalto e ancora presenti in cantiere: del materiale inquinato rimasto nel fondo della vasca venuta alla luce nel corso dei lavori e i cumuli di macerie derivati dalle operazioni edili della Adico e non più asportati. Tre “novità” che, nel loro insieme, comportano un prolungamento di sei mesi nel cronoprogramma del cantiere e un aumento di 572.068,95 euro del costo complessivo dell'opera.
La notizia, amplificata dai media locali, ha trovato vasta eco: la Vardanega, già protagonista del difficile confronto col Comune sul progetto esecutivo del restauro del Ponte degli Alpini, nuovamente al centro di un problema nel secondo più importante cantiere della città. Giannantonio Vardanega, titolare dell'impresa appaltatrice, dopo aver letto il nostro articolo ci chiama e ci dice: “Non è vero che abbiamo fatto le verifiche per cercare più soldi e per trovare nuove cause di lamentela.”
E allora, per quel diritto di replica a cui noi non ci sottraiamo mai, gli chiediamo di dirci come stanno realmente le cose. Dandoci appuntamento, questo pomeriggio, nel cantiere del Polo Museale Santa Chiara.

Giannatonio Vardanega, prima di entrare nel merito della questione ci spiega a cosa servono, esattamente, questi pali di jet grouting?
“Tecnicamente si tratta di “fondazioni speciali”. In questo caso scendono per 6-7 metri, corrispondenti allo scavo dell'interrato, e da qui per altri 15 metri. Sono dei pali valvolati che trivellano il terreno a 22 metri di profondità e che con una particolare sonda spruzzano ad alta pressione della boiacca, e cioè un impasto cementizio, conglomerato di ghiaino misto a cemento, all'interno della stessa colonna. In più viene anche infilata una camicia in ferro. Sono delle opere di sostegno in cemento iniettato, la cui funzione è quella di un vero e proprio puntellamento per scavare senza fare danni ai fabbricati circostanti e per contenere la spinta del terreno.”

E allora perché avete voluto verificare la portata di questi pali sotterranei già installati?
“Bisogna partire dalla premessa che il jet grouting o palo valvolato è un'opera di fondazione speciale che non ha un esito certo perché dipende da alcune variabili come il tipo di terreno e la pressione che vi esce. La Vardanega non è arrivata qui per creare fastidi o problemi o trovare situazioni per prendere più soldi tirando fuori chissà quali difficoltà gratuite. La Vardanega si è trovata di fronte a una palificata che, visti i posizionamenti non precisi, abbiamo dovuto verificare, a campione, in più parti e con esiti che non davano la portata prevista. Perché questo? Perché nel momento in cui abbiamo preso in mano il cantiere ho detto che prima di caricarla e di andare a portare un solaio dovevamo verificarla, perché lo scavo deve reggere lo schiacciamento di una quindicina di metri di fabbricati in cima già esistenti e l'uomo che scava sotto i fabbricati scende fino a sette metri. Io sono arrivato dopo e non posso rischiare. Se qualcuno si fa male, sono io il responsabile.”

Qual è dunque il problema effettivo?
“Sono subentrato nel cantiere e ho verificato se questi pali rispondevano alle caratteristiche, con un esito che ha evidenziato una portata molto inferiore del previsto, circa 50-60 su una scala di valori di 150, con il rischio che i pali, caricati sopra e con la pressione di contenimento, scoppino. Ho sollevato un problema reale e di sicurezza non solo dei dipendenti ma anche dei fabbricati, lo risolvo e andiamo avanti. Noi avevamo bisogno di trovare una soluzione per appoggiare il solaio perimetrale. Noi abbiamo fatto la nostra proposta e serenamente accettato quella dell'ing. Napoli, che prevede uno scavo a settori. Non c'è più il problema, l'importante è lavorare in sicurezza e per la sicurezza dei fabbricati. Secondo lei lo abbiamo fatto per prendere più soldi? Ho dovuto verificare opere fatte da altri e ho visto che queste possono esplodere.”

Come sono i vostri rapporti con la Progettazione e Direzione Lavori di Sintecna?
“Sono ottimi, nel senso che loro hanno capito le problematiche. Noi abbiamo presentato la nostra soluzione, loro hanno avanzato la loro controproposta e ci siamo accordati, come funziona in qualsiasi cantiere. Non abbiamo cercato l'errore per cercare i soldi. Anche Adico, in buona fede, avrebbe sicuramente avuto dei dubbi sul risultato finale di un palo valvolato a pressione a 15 metri di profondità sotto il piano di fondazione dell'interrato e sicuramente chiesto o di integrare il sostegno con altri pali o di poter scavare in un altro modo. I jet grouting sono stati collocati lungo tutto il perimetro del fabbricato, mancano in alcuni punti solo perché la ditta è fallita. Io non creo un problema per il gusto di crearlo. Le verifiche non sono state pretestuose, ma reali per portare avanti il cantiere in sicurezza e un'opera che, staticamente, corrisponde a quello che prevede la normativa. La Direzione Lavori di Torino ha valutato positivamente le nostre problematiche sollevate.”

Lei dice che il cantiere del Polo Museale è più complesso di quello del Ponte degli Alpini...
“Sì, è più complesso di quello del Ponte. Si tratta di un cantiere che ha bisogno di lavori con fabbricati adiacenti, bisogna scavare in modo confinato, costruire un solaio per sostenere il terreno e lavorare a quote diverse. Quando sei sotto sette metri, sei sotto sette metri. È un lavoro che per certi aspetti è pericoloso. Noi abbiamo già fatto un cordolo perimetrale a sostegno, come da progetto, per contenere il terreno che sta sotto i fabbricati esistenti, in più abbiamo fatto delle opere in calcestruzzo sempre a sostegno delle murature esistenti fuori dal cantiere. La perizia prevede l'asportazione di tot metri cubi di terreno di risulta, non previsto in progetto, conseguente alla demolizione dei fabbricati all'interno dell'area di cantiere operata dall'impresa precedente. C'è anche il problema della vasca, che era già stato segnalato da Adico. Dopo un'adeguata verifica si è rilevato che all'interno c'è ancora un tot di contenuto di idrocarburi, un rifiuto che va trattato normalmente all'interno di uno smaltimento specifico. E a proposito di Ponte degli Alpini, vorrei dire ancora qualcosa.”

La dica...
“La categoria OG8, che noi non abbiamo e che è quella che abilita ai lavori fluviali, era una categoria scorporabile e subappaltabile per disciplinare di gara, in quanto diversa dalla categoria prevalente OG2 che riguarda gli interventi sulle opere monumentali. Mi dica cosa c'entra, per la categoria delle opere monumentali, il requisito di poter lavorare in acqua. Nei giorni scorsi mi hanno fermato all'isola Pusterla mentre stavo solo inghiaiando per cantierare l'area dove saranno posizionati i container e le baracche di lavoro. Mi hanno contestato che non avevo il subappalto per effettuare le sistemazioni fluviali, ma io non avevo messo neanche un dito dentro l'acqua. La Vardanega non è inadempiente, giovedì scorso abbiamo presentato al Comune un subappalto ristretto per le operazioni in alveo, per velocizzare le autorizzazioni. La ditta subappaltatrice è la Brenta Lavori di Fontaniva. In più non è vero che la Vardanega “non è pronta”. Abbiamo già presentato in Comune tutti i contratti firmati e gli ordini, comprensivi dei giorni di consegna, per la “reticolare alta”, e cioè il “bailey” di sostegno durante i lavori, e per la trave reticolare in inox che sarà installata ai piedi delle stilate. È tutto a posto. E come si può dire che la Vardanega è inadempiente quando mancano ancora 780 giorni e cioè più di due anni di lavori? Pensano che io, quando entro in alveo, mi metta a creare problemi? Io sono pronto ad entrare subito, a disposizione e in piena collaborazione per fare come previsto dal progetto. Io ho detto la mia, loro mi hanno risposto. Perfetto. Lavoriamo come da progetto esecutivo, ma la Vardanega non è inadempiente. Ora noi andiamo avanti e siamo tranquilli. Sul Ponte è stata una questione puramente tecnica e non una questione di soldi. Sono vent'anni che lavoro con gli appalti pubblici, e non ho mai finito un lavoro con una riserva.”

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