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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it
Special report
Peccato capitale
Vendita irregolare ai risparmiatori delle azioni BPVi: l'ex direzione generale della banca accusata da un documento interno riservato del 2012 finito in mano all'Unione Nazionale Consumatori Veneto e da questa inoltrato alla Procura di Vicenza
Pubblicato il 28-12-2015
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Aumenti di capitale realizzati tramite la vendita di proprie azioni, imposta ai risparmiatori con metodi illeciti, secondo direttive emesse dalla direzione generale dell'istituto di credito. Ovvero: azioni della banca che venivano piazzate in barba alle normative vigenti, tramite un sistema di cui i massimi dirigenti dell'istituto non solo erano a conoscenza, ma di cui addirittura avevano sollecitato l'applicazione presso le filiali del gruppo bancario.
E' la grave accusa che emerge nei confronti dei vecchi vertici della Banca Popolare di Vicenza, alla luce dei contenuti di un “documento riservato” che una “talpa” interna alla banca ha fotocopiato e ha fatto pervenire in modo anonimo alla sede di San Zeno di Cassola dell'Unione Nazionale Consumatori Veneto (UNC). La quale altro non ha fatto che inoltrare la copia dello scottante atto interno della banca al procuratore della Repubblica di Vicenza Antonino Cappelleri, per gli approfondimenti penali del caso.
La notizia viene resa nota in una conferenza stampa convocata nella sede di San Zeno dal presidente dell'associazione a tutela dei consumatori Antonio Tognoni, al fianco del quale interviene anche l'avvocato Filippo Piovan, del foro di Vicenza, che segue per conto dell'Unione Nazionale Consumatori Veneto i casi dei numerosi risparmiatori che si sono rivolti all'associazione per segnalare i metodi imposti dalla banca per la sottoscrizione dei titoli.
L'avvocato Filippo Piovan e il presidente dell'Unione Nazionale Consumatori Veneto Antonio Tognoni in conferenza stampa (foto: Alessandro Tich)
Una attività di “tutela penale collettiva degli azionisti” che non va confusa con la “class action”, e cioè con l'azione legale collettiva attivata da altre associazioni dei consumatori: in questo caso si tratta di singoli esposti dei risparmiatori, trasmessi in Procura sotto l'egida dell'Unione Nazionale Consumatori Veneto.
A tutt'oggi, a tale riguardo, l'UNC ha depositato presso la Procura della Repubblica di Vicenza 202 denunce, presentate da altrettanti piccoli azionisti, con segnalazioni di reato che vanno dall'aggiotaggio alle false comunicazioni sociali e finanche alla truffa e all'estorsione.
“Alcuni risparmiatori - specifica in merito l'avv. Piovan - per ottenere finanziamenti o mantenere fidi o affidamenti sono stati costretti ad acquistare azioni della banca, in vista degli aumenti di capitale dell'agosto 2013 e dell'agosto 2014.”
“Una strategia pensata già nel 2012”
Ora - a tutti i fascicoli già inoltrati in Procura dall'associazione di San Zeno di Cassola, relativi agli esposti dei risparmiatori - si aggiunge il “documento riservato” che qualcuno ha fatto uscire in copia dalle stanze dei bottoni di via Battaglione Framarin a Vicenza e che risale ancora all'ottobre 2012.
Si tratta di una comunicazione formale - che non viene mostrata ai giornalisti, in quanto già acquisita dal procuratore di Vicenza - rivolta alla direzione generale dell'istituto di credito, nella quale fonti interne alla banca segnalano le irregolarità riscontrate nella vendita delle azioni BPVi ai risparmiatori e diffidano la direzione generale medesima dal proseguire nell'attuazione di simili procedure.
“Dal documento - spiega ancora l'avvocato - emerge che la strategia della direzione della banca di raccogliere e vendere le azioni proprie era già stata pensata nel 2012, con negoziazione dei titoli a 360 gradi nei confronti sia degli azionisti che dei potenziali nuovi azionisti. Viene infatti data disposizione ai direttori di filiale di promuovere la vendita delle azioni, quando invece la normativa vieta alle banche di promuovere la vendita di azioni proprie. La vendita dei titoli, cioè, non va sollecitata: cosa che è stata invece fatta nei confronti dei risparmiatori.”
Ma il “bello”, dal punto di vista della presunta irregolarità del sistema, deve ancora venire. Dal documento riservato si evince infatti che, in un primo periodo, la procedura della vendita delle azioni doveva essere effettuata in modo tale “da non rientrare nella normativa MiFID”.
Nel piazzare le azioni i funzionari di filiale non avrebbero dovuto cioè tener conto nella normativa europea che impone alle banche e alle altre imprese di investimento, prima della vendita dei propri titoli, di operare una classificazione della propria clientela - tramite un apposito questionario - per verificare la “propensione al rischio” del risparmiatore e, conseguentemente, la sottoscrizione dei titoli in base alla situazione individuale del singolo cliente.
“Successivamente, sicuramente a seguito di qualche segnalazione interna, è stata cambiata strategia - riferisce ancora l'avvocato -. Tutti gli azionisti o potenziali azionisti sono stati pertanto sottoposti al questionario MiFID.
E dai questionari la maggior parte dei risparmiatori, compresi anche anziani pensionati, è stata classificata nelle categorie “C e D” e cioè quelle con “alta propensione al rischio” e “massima propensione al rischio” nei confronti delle quali viene proposta la vendita di azioni e non di titoli meno rischiosi come possono essere le obbligazioni.”
Soldi in prestito per acquistare i titoli
Il “documento interno” finito in Procura conferma - anticipandolo nei tempi - anche quanto già rilevato e segnalato la scorsa primavera dall'ispezione compiuta presso BPVi dalla vigilanza della BCE.
“Già nel 2012 - rivela l'avv. Piovan - la banca prevedeva finanziamenti o prestiti ai clienti per l'acquisto delle proprie azioni. Cosa che è vietata dall'articolo 2358, comma 1, del Codice Civile, il quale prescrive che una società “non può accordare prestiti, né fornire garanzie per l'acquisto o la sottoscrizione delle azioni proprie”. In sostanza il funzionario di banca diceva al cliente: “Vuoi comprare le nostre azioni? Noi ti prestiamo i soldi per acquistarle, poi ce li restituirai secondo un piano di rientro che sarà concordato”. Anche perché le azioni BPVi venivano presentate ai sottoscrittori come titoli di “sicura redditività”. Il documento dimostra che questa era una strategia molto chiara e già delineata nel 2012, e messa in atto per gli aumenti di capitale del 2013 e 2014.”
Una procedura che, del resto, è appunto già finita nel mirino della BCE, secondo la quale non si è trattato di un vero “aumento di capitale” in quanto la banca avrebbe favorito l'acquisto delle proprie azioni prestando denaro proprio.
Da qui le annunciate nuove ispezioni ad hoc della vigilanza della Banca Centrale Europea sulle banche popolari italiane, previste agli inizi del 2016 in stretto coordinamento con Banca d'Italia. Gli ispettori dell'istituto centrale di Francoforte compieranno ulteriori verifiche in merito proprio alle modalità con cui sono stati realizzati gli aumenti di capitale nel corso del 2014 e alle presunte irregolarità sui possibili legami “pericolosi” tra banca e clienti-soci dopo i casi di Veneto Banca e, appunto, di Banca Popolare di Vicenza.
Cliente “non adeguato”? Si può fare
Ma non è ancora tutto: “Oltre al MiFID - afferma l'avvocato Piovan - il documento riscontra irregolarità anche negli atti della cosiddetta “verifica di adeguatezza”, secondo la quale l'acquisto dei titoli deve essere consono al profilo del cliente.”
“In base agli atti in mio possesso - prosegue il legale - in molti casi veniva fatto il test di adeguatezza del cliente rispetto all'acquisto di titoli e il cliente risultava “non adeguato”. Dopo pochi minuti, lo stesso funzionario di banca rifaceva lo stesso test, che risultava ancora negativo, ma autorizzava l'acquisto delle azioni. Era come dire al cliente: “Non puoi acquistarle, ma ti ordino di acquistarle”. In un caso, l'orario di emissione dell'autorizzazione all'acquisto è stato addirittura anteriore a quello del primo test di adeguatezza del cliente.”
Inoltre, sia nel 2013 che nel 2014, “nessuno ha segnalato agli azionisti, presentando le azioni, che si tratta di titoli illiquidi”. E cioè di azioni che, al momento del bisogno, non possono essere rivendute. Neppure allo stesso istituto di credito, a seguito di una normativa del 30 giugno 2013 della BCE “che ha ridotto al minimo la possibilità di acquisto di azioni proprie da parte della banca”.
Arrivando a casi limite come quello di una vedova pensionata - firmataria di una delle 202 denunce inoltrate in Procura dall'UNC - che è stata convinta a investire l'intera liquidazione del marito, pari a 70mila euro, nell'acquisto di azioni BPVi che ora è impossibilitata a rivendere per rientrare almeno in parte, dopo la svalutazione dei titoli, della spesa sostenuta.
“Responsabili anche i direttori e funzionari di filiale”
“Ci chiediamo come abbia fatto la banca a non dare queste informazioni - sottolinea Antonio Tognoni -. I funzionari delle filiali presentavano a quasi tutti i clienti l'operazione di acquisto delle azioni come un investimento certo, sicuro e indiscusso. Spetta alla Procura accertare le responsabilità di un atteggiamento scorretto nei confronti delle regole comunitarie e nazionali. Il documento riservato venuto in nostro possesso non fa che confermare quanto già esposto nelle denunce dei risparmiatori che si sono rivolti alla nostra associazione.”
“E' un motivo in più - aggiunge il presidente di UNC Veneto - per chiedere al Pubblico Ministero di valutare eventuali reati. Per noi diventa più semplice avere un risultato a favore degli azionisti, perché si tratta di aspetti della vicenda immediatamente e documentalmente dimostrabili.”
E per quanto il documento riservato chiami in causa la vecchia direzione generale della Banca Popolare di Vicenza, che consapevolmente avrebbe disposto la vendita dei titoli secondo le succitate procedure irregolari, sempre secondo UNC “la responsabilità ricade anche sui direttori e sui funzionari delle filiali”.
Nel frattempo l'Unione Nazionale Consumatori Veneto comunica di non avere ricevuto risposta dalla Banca Popolare di Vicenza alla quale, ancora a metà novembre, è stato richiesto un incontro “per una soluzione bonaria della vertenza”. Inoltre, in parallelo alle denunce penali, l'associazione sta predisponendo una richiesta di “arbitrato bancario finanziario”, che sarà formalmente presentata il mese prossimo, per tutelare gli azionisti “anche sotto il profilo civilistico e risarcitorio”.
Tognoni e l'avvocato Piovan ne hanno comunque per tutti, massimi sistemi compresi: dalla Banca d'Italia alla Consob e alla società di revisione dei bilanci della banca “che avevano l'obbligo di vigilare e non hanno vigilato”.
“C'è voluta un'ispezione della BCE - concludono - per far emergere problematiche prima sommerse.”
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