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Alessandro Tich
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Silvia e Antonio Pasinato querelano 12 persone, di cui 9 utenti di Bassanonet, per i commenti sul caso gassificatore. Il giudice archivia l'atto: “Accettabili esternazioni di critica politica”. E chi vi scrive si toglie un sasso dalla scarpa
Pubblicato il 08-05-2015
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“Nell'ottica dialettica e di ricerca di quale sia il fine ultimo dell'operare dei propri amministratori, il dubitare della correttezza di scelte e di comportamenti, anche solo apparentemente neutri, ricade nell'ambito del controllo democratico, essendo mirato non all'insulto ma alla trasparenza dell'azione amministrativa.”
E' un passo delle dieci pagine del dispositivo dell'ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Vicenza Stefano Furlani, accogliendo la richiesta del pubblico ministero Giulia Floris, ha disposto l'archiviazione della denuncia-querela presentata nel 2012 dall'allora sindaco di Cassola Silvia Pasinato e dall'ex sindaco e allora capogruppo di maggioranza di Cassola Antonio Pasinato nei confronti di 12 persone accusate a vario titolo di diffamazione a mezzo stampa, minacce aggravate, ingiurie aggravate, istigazione a delinquere e istigazione al suicidio in merito alla vicenda del gassificatore, ovvero del progetto dell'“Impianto industriale di recupero di materia da rifiuti non pericolosi e pericolosi” presentato dalla società Karizia Tecnology Srl.
A finire nel registro degli indagati erano stati l'allora consigliere comunale di opposizione Celestina Tessarolo e altre 11 persone, di cui 9 utenti di Bassanonet (attivi nello spazio dei commenti del nostro portale con i nickname: “parsifal”, “maxijena”, “senzasperanza”, “benito4ever”, “rogas”, “cocco”, “ciuffobianco”, “aparvera” e “anarkos”) oltre all'utente facebook con nickname “gassificatore di rifiuti pericolosi e non a cassola-Vi” e all'utente facebook con nickname “lisa fusti”.
Silvia Pasinato e Antonio Pasinato (archivio Bassanonet)
Celestina Tessarolo era finita nel mirino della denuncia per un atto pubblico. Secondo l'accusa, nella seduta del consiglio comunale del 16 marzo 2012 la Tessarolo “si rivolgeva al Sindaco, sig.ra Silvia Pasinato, nonché al Consigliere Antonio Pasinato, con tono allusivo e con frasi sottintese, asserendo che gli stessi fossero a conoscenza del progetto del gassificatore prima della sua presentazione e che gli odierni querelanti avessero qualche asserito interesse in tale progetto.”
Nella denuncia vengono riportate le frasi “incriminate” del consigliere di minoranza, tra le quali: “...o venite a prenderci per il fondo schiena per favore e scusate il termine, un progetto da 22 milioni e mezzo di euro. 22 milioni e mezzo di euro e voi non sapete niente?” Questa ed altre molto più esplicite affermazioni della Tessarolo venivano definite dai due querelanti “denigranti della loro dignità personale” in quanto “allusive, sollevando subdole insinuazioni in ordine alla condotta, anche morale, degli scriventi (...)”.
Ma la quasi totalità dell'atto di querela è riferito agli interventi postati dagli utenti denunciati nello spazio dei commenti di Bassanonet, che all'epoca aveva dedicato decine e decine di articoli alla vicenda del gassificatore, essendo stata anche la prima testata giornalistica in assoluto ad aver tirato fuori la notizia (articolo del 7 marzo 2012: “A Cassola arriva il gassificatore. Ma il sindaco non sa nulla”).
Per quattro mesi la questione del contestato progetto aveva dominato l'homepage del nostro portale, scatenando una discussione - a colpi di post nell'area dei commenti riservata alla community - senza precedenti: sia nei contenuti, che nella quantità degli interventi, che nei toni.
Contenuti e toni che, per Pasinato padre e figlia, “in molte occasioni (...) divenivano pretesti per strumentali e deliberati attacchi personali nei confronti degli odierni querelanti, oltre che dello stesso Comune di Cassola, travalicando in ingiurie, offese, subdole attribuzioni di fatti, aventi anche rilevanza penale, per mezzo anche di espressioni insinuanti, allusive, sottintese, ambigue e suggestionanti”.
Dopo una ventina di pagine con l'elencazione di tutti i post ritenuti lesivi, sindaco e capogruppo di maggioranza evidenziavano che “a seguito dei fatti di reato sopra descritti (...) hanno subito e stanno subendo gravissimi danni, consistenti anche in un patimento morale, a causa delle offese, ingiuste ed ingiustificate (...)” e che inoltre versavano “in uno stato d'ansia e di paura a causa delle reiterate minacce, anche di morte, contenute nelle pubblicazioni (...)”. Oltre a subire “gravissimi danni alla loro immagine, a causa delle gravissime offese, pubblicamente comunicate attraverso il web (...)”.
Da qui la richiesta - a cui il giudice non avrebbe dato seguito - dell'“emissione della misura cautelare e/o provvedimento d'urgenza del sequestro preventivo delle pagine web contenenti i gravissimi messaggi ingiuriosi, diffamatori e minacciosi (...) mediante oscuramento dei relativi siti internet che ospitano tali attacchi denigratori (...)”. Pasinato senior e junior, nella denuncia ai querelati per i fatti contestati, ne chiedevano “sin d'ora la condanna”, a seguito di rinvio a giudizio, riservandosi inoltre “l'eventuale costituzione di parte civile al fine di ottenere il ristoro dei danni tutti derivanti dai fatti di reato commessi”.
Tanto tuonò che non piovve
Ma tanto tuonò...che non piovve. E' accaduto infatti che le pesantissime tesi accusatorie contenute nell'atto di querela di Silvia e Antonio Pasinato siano state smontate dai magistrati: sia inquirente che giudicante. Con un'ordinanza - datata 30 aprile 2015 - che costituisce un precedente, e che fa quindi giurisprudenza, riguardo alla vessata questione del diritto di critica - finanche espressa in modi ingiuriosi e offensivi - nei confronti di esponenti politici nel loro svolgimento di funzioni pubbliche e istituzionali.
E' successo, nella fattispecie, che - in merito all'intervento di Celestina Tessarolo in consiglio comunale e ai numerosi commenti degli utenti di Bassanonet, nonché di facebook, oggetto della querela - il pubblico ministero della Procura di Vicenza Giulia Floris ha ritenuto “trattarsi di accettabile esternazione della critica politica”, richiedendo pertanto al Gip l'archiviazione del procedimento.
Una richiesta alla quale i due denuncianti si sono opposti “rimarcando il valore denigratorio delle frasi espresse”. Inutilmente, però: il Gip del Tribunale di Vicenza Stefano Furlani ha accolto la richiesta del Pm, disponendo l'archiviazione dell'atto.
A fronte della necessità di verificare “se le frasi riferite dai singoli all'indirizzo, palese o sottinteso, dei politici Pasinato possano rilevare penalmente così da instaurare un giudizio penale”, non sono infatti emersi elementi di rilievo.
A cominciare dall'intervento in consiglio comunale della consigliera di minoranza Tessarolo.
“Dalla stessa narrazione dei fatti per come emerge dalla denuncia - scrive il giudice - risulta pacifico che la ragione della reazione era il progetto di costruzione di quell'impianto di smaltimento rifiuti nel territorio di Cassola, del valore di oltre 20 milioni di euro. Progetto proposto da una ditta privata, vagliato dalla Provincia e fino ad allora ignoto alla popolazione di Cassola ed anche ai due politici oggi opponenti.”
“Risulta che la questione fosse stata portata all'attenzione generale da politici di minoranza - continua l'ordinanza -. E proprio una tale inconsapevolezza del progetto, mostrata dal sindaco Pasinato alla riunione, aveva determinato le ire delle opposizioni politiche e di coloro i quali si sono espressi sui blog, poiché, secondo quella tesi, era impossibile che politici da sempre attivi e con cariche importanti (il Pasinato padre era stato pure Senatore oltre che sindaco) nel territorio, sicuramente conoscenti di qualcuno dei proprietari della ditta propositrice, non avessero avuta piena conoscenza del progetto. Anzi, un simile silenzio, una simile mostrata ignoranza, potevano mostrare solo la presenza di una verosimile cointeressenza, evidente dall'importo elevato dell'operazione industriale.” “La critica, perciò - valuta il giudice -, è stata espressa nell'occasione di un dibattito politico ed ha avuto ad oggetto il comportamento di politici locali, politici che da generazioni svolgono l'attività in quel territorio.”
Il ras, la ghigliottina e il samurai
Ma la parte più interessante della sentenza riguarda i commenti sul web.
Per i quali il giudice si richiama al “fondamento costituzionale del diritto di critica politica”. Il quale, nell'ambito penale, “é esimente la diffamazione”.
Esclude, cioè, la diffamazione a meno che le frasi contestate siano tali “da ledere l'onore e la reputazione di una persona”. Proprio quello che i due politici cassolesi ritenevano di aver subito. Ma il giudice precisa: “Nel diritto di critica politica si richiede che il fatto trattato sia di interesse pubblico (...)”.
Pertanto, “pur in presenza di frasi dall'intrinseco contenuto offensivo”, le accuse vengono rispedite al mittente: “Quanto maggiore è il potere esercitato, tanto maggiore è l'esposizione alla critica, perché chi esercita poteri pubblici deve essere sottoposto ad un rigido controllo sia da parte dell'opposizione politica che dei cittadini”.
I post degli utenti di Bassanonet e dei social finiti sotto inchiesta risultano pertanto “giustificabili nell'ottica della critica politica”. E il loro linguaggio assume efficacia proprio per essere il più delle volte “sguaiato e sconveniente” ricorrendo “alla battuta, all'uso del termine forte che subentra, come surrogato, ad un ragionamento o ad una valutazione”
Qualche esempio? L'epiteto “ras di Cassola” espresso dall'utente “parsifal” non viene ritenuto “gratuitamente offensivo”: “Piena continenza sia ideologica che linguistica”. Mentre l'essere “presi per il culo” (“ciuffobianco”) “è espressione sicuramente non educata ma, nel linguaggio comune, quella più in uso per esprimere il concetto del sentimento patito da quei cittadini”.
E quando sempre “ciuffobianco” invoca “la presenza di “forconi, ghigliottine, capestri” davanti al Comune, “prospetta una protesta eclatante dei cittadini - scrive il Gip - con un termine che richiama altre proteste avutesi, senza che qualcuno vi abbia patito violenza, come quelle di movimenti denominati, appunto, “forconi” che hanno anche inscenato cappi per mostrare la loro contrarietà ai politici di turno”.
E c'è anche “la frase sul samurai”, ossia che “politici come loro dovrebbero fare harakiri come i samurai ma non hanno neanche le palle per farlo”.
Per il giudice la frase “ha solo il sapore di una boutade (...). Parlare di istigazione al suicidio appare, perciò, fuor di luogo, perché priva di ogni seria ragionevolezza”.
Potrei proseguire ancora a lungo. Mi limito agli esempi sopra riportati per sintetizzare l'impianto valutativo con il quale il giudice ha ritenuto del tutto privo di fondamento il castello accusatorio dell'atto di querela.
Per il Gip le frasi contestate “non hanno il valore diffamatorio inteso (...), perché espressione della critica politico amministrativa in un caso di elevata rilevanza pubblica con il concreto pericolo di compromissione del principale bene, privato o pubblico: la salute”. Ne è conseguita “la condivisione della richiesta del Pm” e quindi “l'archiviazione di tutte le posizioni”.
Il sasso nella scarpa
Fin qui - ringraziandovi per l'enorme pazienza - vi ho riportato il doverosamente lungo e articolato resoconto circa l'esito del procedimento legale conseguente alla vicenda del gassificatore e trascinatosi per tre anni.
Ma manca ancora un puntino sulle “i”. O, se preferite, un sasso nella scarpa che a questo punto mi devo togliere.
Perché all'origine del procedimento legale emerge un vezzo che periodicamente riaffiora tra gli esponenti della politica locale: quello di omettere l'evidenza che l'area dei commenti e del forum di Bassanonet è uno spazio distinto e separato - anche sotto il profilo delle responsabilità di legge - dalla testata giornalistica e di adire le vie legali per lanciare un tentativo di attacco all'informazione presuntamente non gradita.
E questo perché, nella formulazione originaria dell'atto di querela, tra i destinatari della denuncia c'era anche chi vi scrive. A mia insaputa, però: vi posso giurare sui miei figli che ero ignaro del fatto di essere stato querelato.
Non ho infatti mai ricevuto nessuna notifica giudiziaria al riguardo, anche se ho più volte sentito le “voci” secondo le quali i Pasinato avevano sporto denuncia nei miei confronti, salvo poi ritirarla in un secondo momento.
Ma per me è rimasto sempre un “sentito dire”, un sasso che per tutto questo tempo ha continuato a rotolare nella mia scarpa. Finché - in questi giorni - sono venuto finalmente in possesso degli atti del procedimento legale. Ed è stata un'assoluta sorpresa.
Ecco la rivelazione: nella denuncia-querela originaria “con richiesta di emissione di misura cautelare e/o provvedimento d'urgenza”, datata 12 aprile 2012, l'allora sindaco e l'ex sindaco di Cassola “sporgono denuncia e querela”, oltre che nei confronti degli altri destinatari del provvedimento, anche nei miei confronti.
Così infatti - con quel linguaggio artatamente astruso di cui gli avvocati, nei loro atti, sono maestri assoluti - recita testualmente la denuncia:
“Pasinato Silvia (...) e Pasinato Antonio (...) sporgono denuncia e querela nei confronti degli autori dei fatti di reato sopra descritti, ed in particolare (...) della persona identificata on-line al sito bassanonet.it con il nickname Alessandro Tich, direttore responsabile di Bassanonet (...), del quale si chiede sin d'ora la compiuta identificazione ad opera di codesta A.G., per i fatti delittuosi sopra descritti integranti la fattispecie di concorso nei reati di cui agli articoli 594, 595, 612 e 414 c.p.”
Mi faccio una ripassata del Codice Penale per vedere quali sono i reati di cui, nella prima versione della querela poi evidentemente ritirata nei miei confronti, secondo i Pasinato sarei stato correo.
Articolo 594: “Ingiuria”. Articolo 595: “Diffamazione”. Articolo 612: “Minaccia”. Articolo 414: “Istigazione a delinquere”.
Inoltre viene contestato che “l'utente denominato tich, il quale, a quanto consta, riveste la qualifica di “direttore responsabile” di bassanonet.it (...), pur avendo esplicitamente preso atto dell'utilizzo da parte degli utenti di toni minacciosi ed epiteti personali, ha omesso, in alcun modo, di intervenire censurando le frasi gravemente offensive e minacciose pubblicate via via dagli utenti, frasi che, ad oggi, sono ancora pubblicate sul relativo sito internet.”
Non aggiungo altro per non personalizzare troppo la questione.
Ma permettetemi in conclusione di osservare che accusare il direttore responsabile di Bassanonet di concorso nei “fatti delittuosi sopra descritti” - arrivando persino alla deduzione che il sottoscritto avrebbe istigato pubblicamente altre persone a delinquere - rappresenta una grave e palese distorsione del mio ruolo e della mia dignità di giornalista, nonché dell'autonomia che contraddistingue la linea editoriale di Bassanonet.
Un'offesa alla nostra e in particolare alla mia credibilità professionale e all'indipendenza del nostro lavoro che il successivo ritiro della querela nei miei confronti non cancella. Perché quelle cose sono state pensate, formulate e messe nero su bianco e, come insegnano gli avvocati, scripta manent.
E allora è meglio che certe cose le scriva anch'io.
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