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Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
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Attualità

Generazioni d'acciaio

Alla Muttin di Molvena, azienda leader per le strutture in acciaio, il lavoro è coniugato al futuro. Grazie all'apporto dei giovani. La bella storia della famiglia Scotton, esempio felice di passaggio generazionale “nel periodo peggiore”

Pubblicato il 15-04-2015
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“Il lavoro non fa paura, fanno paura le persone che non mantengono gli impegni.” Parola di Sergio Scotton, titolare della Costruzioni Metalliche Muttin di Molvena, rinomata impresa specializzata nella progettazione, costruzione e montaggio di strutture in acciaio.
La sua vita è legata a questa azienda dal lontano 1974, quando cominciò a lavorare sotto la guida dello storico titolare della ditta Lorenzo Muttin, il paròn da cui Scotton ha “imparato tutto”.
“Mi ha insegnato il rispetto dell'etica professionale che io, che ero molto giovane, non sapevo neanche che cosa voleva dire - mi spiega -. Voleva dire il rispetto degli accordi, la puntualità nella consegna, mantenere il prezzo, una volta concordato. Valeva la parola. Per me oggi la parola vale ancora, ma non trovo riscontro purtroppo se non in rarissime realtà.”

Da sinistra: Marco, Sergio e Luca Scotton (foto Alessandro Tich)

Sergio Scotton si trova sulla plancia di comando della Muttin dal 1994, quando ha rilevato l'azienda, ricostituita in Srl, mantenendone il nome. La sua è una tipica storia di tenacia, sacrificio e successo di quella imprenditoria del Nordest che tiene ancora botta - per portafoglio clienti e commesse realizzate o in progettazione - nonostante gli ultimi anni di vacche magre, se non scheletriche, per l'economia dell'ex locomotiva del Paese.
Il suo è un marchio di riferimento per le architetture in acciaio: coperture, fabbricati, pensiline, tettoie, soppalchi, rampe e quant'altro. Dall'avveniristico stabilimento della Benetton a Castrette di Villorba fino alle recenti strutture del camminamento di ronda delle Mura di Marostica, gli elementi metallici pensati e realizzati nella fabbrica di Molvena hanno conquistato, in tutti questi anni, un mercato e un palmarès di realizzazioni di assoluto livello.
Me ne rendo conto facendo quattro passi in officina: un regno di macchinari con seghetti, cesoie, punzonatrici e trapani radiali dove si produce di tutto, “dai loghi ai cancelli, agli elementi per rinforzi antisismici e per rivestimenti e tettorie”. Compresi gli elementi per le coperture e piastre interne per i macchinari delle sale operatorie dell'Ospedale di Santorso, le rampe di scale per degli edifici in costruzione a Milano e le strutture metalliche per la sede del nuovo supermercato Lidl in costruzione a Cassola, di fronte al Grifone. Commesse che non solo danno lavoro ai dipendenti dell'impresa, una quindicina di persone, ma anche alle squadre esterne di artigiani con i quali l'azienda collabora.
Verrebbe da dire: qui c'è il Veneto che funziona. Eppure, condividendo solo per pochi minuti la vita in azienda, si capisce subito che il carico di lavoro che ne contraddistingue l'attività è direttamente proporzionale alle difficoltà che regolarmente si presentano strada facendo.
“Il mercato è schizzato - mi confida Scotton -. Passiamo gran parte del nostro tempo a correre dietro ai clienti e alle commesse. Molti cambiano idea all'ultimo momento, ci sono progetti che cambiano da un giorno all'altro, a volte con gli elementi già realizzati. Quel poco che c'è da fare, tanti lo vorrebbero fatto “subito e presto, ben e par niente”. Noi abbiamo l'orgoglio di tanti bei lavori fatti, ma oggi si stanno facendo passi indietro. Molte aziende guardano solo i numeri. Sanno della tua qualità, ma vogliono che ti allinei al prezzo di chi non ha qualità. Ma bisogna lavorare. Noi vogliamo continuare a seminare in modo positivo e propositivo. Le opportunità che abbiamo, vogliamo giocarcele.”
La vita è dura, quindi, anche per chi è affermato nel settore. E Scotton, con più di 40 anni di esperienza sul campo, potrebbe anche - volendolo - appendere il cappello di imprenditore al chiodo. Ma c'è qualcosa che lo fa varcare ogni mattina la soglia dell'azienda con una passione e una voglia di fare più forti del giorno precedente. Ed è quella cosa che, nel linguaggio degli economisti, si chiama passaggio generazionale.

Giovani imprenditori crescono

Da circa tre anni e mezzo a questa parte, infatti, Sergio Scotton condivide le sorti della sua impresa con i due giovani figli. Cosa encomiabile, ma non certo ovvia e scontata di questi tempi. Si chiamano Marco e Luca. Marco, anzi, il “dottor Marco” (come orgogliosamente e giustamente puntualizza, essendosi da poco laureato in Economia Aziendale) ha 29 anni. Luca, il “bocia” della famiglia, ne ha invece 22.
“E' una grande sfida - mi dice Marco -. E' da 6-7 anni che ho maturato la mia esperienza in azienda. Quando studiavo, passavo due-tre mesi in estate solo a pulire l'officina e a pulire il magazzino. Da lì è nata la passione per questa attività. Oggi mi occupo dell'amministrazione, dell'ufficio acquisti, dell'organizzazione logistica e dei rapporti con i fornitori e i terzisti.”
Luca, invece, all'Università non si è neppure iscritto. Dopo il diploma da geometra si è immediatamente tuffato nel mondo delle strutture metalliche.
“Mi sono inserito subito già nell'estate dopo la maturità, con un anno in officina come apprendista operaio - mi racconta -. Da lì mi sono appassionato dell'acciaio. E' un lavoro in cui non si smette mai di imparare. Da allora mi sono inserito nell'ambito tecnico. Gestisco le commesse dalla fase del preventivo al lavoro acquisito, tengo i rapporti con il cliente, organizzo l'officina e il montaggio, mi interfaccio con gli studi di progettazione e col cantiere.”
Un bel carico di incombenze anche per il più giovane dei due fratelli. Che si diverte pure: “Tantissimo, è la mia passione.”
Non sono parole dette tanto per dire. L'entusiasmo e la competenza dei due ragazzi sono tangibili. Sono loro che mi accompagnano a visitare l'officina, per mostrami i pezzi in lavorazione, parlandomene con la stessa passione con cui un esperto d'arte mi illustrerebbe i dipinti di un museo.
Si tratta di una bella storia, che vale la pena di raccontare. Soprattutto in tempi, come questi, dove il pessimismo dilagante rende quasi impossibile accorgersi che all'interno dei capannoni germogliano anche positive sacche di resistenza e di speranza. Che ci confermano come il modello dell'impresa familiare, che aveva fatto le fortune del Veneto che fu, è in grado ancora - come in questo caso - di reggere all'urto dei cambiamenti in atto. Un passaggio di testimone che non è assolutamente indolore, ma che permette di dare un senso allo sviluppo del lavoro, di costruire una prospettiva e di coniugarla al futuro.
“Circa quattro anni fa - conferma Scotton senior - ho detto ai ragazzi: facciamo questo passo o no? I tempi sono cambiati, il mondo del lavoro è stravolto e bisogna fare non sacrifici, ma di più. Cosa disìo? Subito hanno accettato, forse anche un po' inconsciamente, e affrontato fin dal primo momento l'impegno come qualcosa scelto da loro, prendendosi in carico le difficoltà e il fatto di farsi 12-13 ore al giorno. Per me è la più grande soddisfazione. Sono entrati nel periodo peggiore, ma io gli dico: acquisite esperienza, mi auguro che il mercato riprenda. Tegnì duro che verranno anche le soddisfazioni che è giusto che vengano, e che vi meritate.”
“Sono stati veramente bravi, non posso essere più fortunato di così - conclude l'orgoglioso genitore, riferendosi ai figli -. Ha trovato senso tutto quello che faccio in questo momento. Lo faccio per loro e anche per me, nonostante ormai una nostra giornata di lavoro valga come due giornate normali. L'altro giorno sono stato qui in azienda per 16 ore. Mi porto a casa i pensieri, ma faccio presto a metabolizzare. E il sabato e la domenica riesco a evadere, e a meterghe el coércio fin lunedì mattina.”
E per chi è abituato a realizzare coperture, mettere un coperchio ai pensieri - anche se solo alla domenica e festivi - è il minimo che si possa fare.

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