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Alessandro Tich
Direttore Responsabile
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Un Foro nell'acqua
Santificato dal soppresso Ordine degli Avvocati di Bassano, il governatore del Veneto Luca Zaia esce vincitore dalla disfatta della battaglia per il Tribunale. Eppure della classe politica impotente nei confronti di Roma fa parte anche lui
Pubblicato il 03-01-2015
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Luca Zaia santo subito. Il Tribunale di Bassano del Grappa è un morto che parla e l'Ordine degli Avvocati di Bassano - soppresso dal 1° gennaio proprio a seguito della cancellazione dalla geografia giudiziaria della sede di giustizia cittadina, accorpata a Vicenza - non esiste più. Eppure il governatore del Veneto, a fronte di una disfatta generale della classe politica riguardo alla difesa del Tribunale bassanese, incassa un riconoscimento di immagine da autentico salvatore della patria forense.
A sancire la canonizzazione del presidente della Regione è stato l'ormai ex presidente dell'Ordine degli Avvocati di Bassano Francesco Savio, che nella lettera di invito all'incontro pubblico di congedo dell'Avvocatura cittadina dello scorso 29 dicembre nella sala udienze di via Marinali ha ribadito l'intenzione delle toghe bassanesi di affidarsi ancora, per perorare le proprie istanze nei confronti del sordo governo centrale, “al governatore Zaia, cioè a chi più di ogni altro ci è stato al fianco in questi anni, a chi, con il suo convinto sostegno, ha nobilitato una battaglia per garantire la corretta amministrazione della giustizia nell’intero territorio regionale”. Per i vertici rappresentativi dell'ex Foro di Bassano, dunque, Zaia e solo Zaia ha meritato l'onore della menzione honoris causa tra tutti gli esponenti della cosiddetta classe dirigente coinvolti, più che altro a parole, nell'estenuante telenovela del Tribunale da salvare.
Lusingato da cotanta dichiarazione di endorsement, il governatore veneto l'ha immediatamente fatta diffondere alle redazioni dei giornali con un comunicato dell'ufficio stampa della Regione e ha quindi partecipato alla “cerimonia di addio” dell'Ordine dei legali di Bassano nel corso della quale ha donato una bandiera di San Marco a Savio, che a sua volta gli ha simbolicamente consegnato una toga da avvocato, che Zaia ha promesso di portare “dal ministro della Giustizia”. E questo perché, Zaia dixit, “la battaglia non finisce qui”.

Foto: archivio Bassanonet
Curiosa convergenza: che “la battaglia non finisca qui” lo sostiene anche la senatrice bassanese del Partito Democratico Rosanna Filippin, avvocato di professione, che assieme a Zaia, in tutti questi mesi, ha alimentato un permanente siparietto di polemiche a distanza sul tema del salvataggio del Tribunale di Bassano.
Proprio la Filippin, come riferito in un altro articolo, ha assicurato per l'ennesima volta “il suo incondizionato sostegno ad ogni azione volta a tutelare e migliorare la giustizia nel Veneto” e “il suo impegno contro la chiusura del Tribunale di Bassano” nonché l'intenzione “di continuare a portare al governo la voce unitaria degli avvocati, degli enti locali, dei cittadini e delle associazioni di categoria che chiedono di ripensare una scelta che, lo abbiamo detto sin dall'inizio, è sbagliata e ingiusta per il nostro territorio”.
Eppure la senatrice dem - a giudicare dai toni e dai contenuti delle dichiarazioni di Savio degli ultimi quattro mesi - sembra quasi non essere più presa in considerazione, travolta dalla consolidata corrente di pensiero del “Zaia pensaci tu”. E questo perché il governatore leghista, che è un abilissimo comunicatore di sé stesso, ha altrettanto abilmente saputo cavalcare il cavallo di battaglia dei Perry Mason di casa nostra, assurgendo negli ultimi due anni a paladino del Tribunale di Bassano, soppresso a seguito di una ben definita legge delega al governo che fu approvata in parlamento anche dalla Lega Nord. Ma la memoria degli italiani, come ben sappiamo, è corta. Mentre la Filippin sconta il fatto di appartenere all'attuale partito di maggioranza di governo e, in quanto tale, di non essere stata in grado di far valere le istanze di Bassano agli esponenti del PD nella stanza dei bottoni.
In realtà sia Zaia (ex ministro) che la Filippin hanno dimostrato di contare oggi a Roma come il due di briscola: né l'uno, con le sue continue dichiarazioni ad alta voce pro Tribunale di Bassano, né l'altra, con il suo “lavoro sottotraccia” negli ambienti della politica romana, hanno saputo portare a casa fino ad oggi un benché minimo risultato.
Ma il governatore del Veneto, che con una delle sue frasi ad effetto ha definito la questione del Tribunale di Bassano “la nuova linea del Piave”, è riuscito nella straordinaria impresa di non farlo ricordare a nessuno. Una conseguenza anche del fatto che Zaia, ad ogni mobilitazione degli avvocati di Bassano a sostegno del ripristino del circondario giudiziario bassanese, è stato sempre presente, intervenendo a capo della delegazione di politici della Lega (senatrice Erika Stefani in primis) che con analogo presenzialismo hanno espresso sempre la loro vicinanza alla causa del Tribunale. La qual cosa, invece, non si può dire per Rosanna Filippin.
Già assente alla manifestazione pro Tribunale sul Ponte di Bassano del novembre 2013 perché “impegnata a Roma nella discussione sulla Legge di Stabilità”, la parlamentare del Partito Democratico ha marcato visita anche all'incontro di congedo - con Zaia superstar - dell'Ordine degli Avvocati di Bassano, sempre “per impegni a Roma precedentemente assunti”. Senso di dovere del mandato parlamentare o imbarazzo istituzionale nei confronti di un ambiente presumibilmente a lei ostile? Ai posteri l'ardua sentenza.
Luca Zaia, nella disfatta di Waterloo della giustizia bassanese, torna comunque a Venezia da vincitore: ma sia lui che tutti gli altri rappresentanti della politica locale non hanno potuto evitare che la cosiddetta battaglia per il Tribunale di Bassano altro non abbia prodotto che un Foro nell'acqua.
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