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Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

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Nel cuore della polis

Il racconto del vostro cronista, imprudentemente partecipe di uno spettacolo interattivo di B.Motion in piazza Libertà a Bassano. Con incognite da affrontare e prove da superare, tra la gente incuriosita e squallidi addii al celibato

Pubblicato il 02-09-2014
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Vatti a fidare del teatro contemporaneo.
Ho deciso di assistere ad uno degli spettacoli teatrali di B.Motion, la rassegna di Operaestate Festival dedicata ai linguaggi del contemporaneo, perché incuriosito dal fatto che la rappresentazione si svolge all'aperto, in piazza Libertà nel cuore di Bassano. E anche perché di @polis (questo il titolo del progetto teatrale) mi interessava l'argomento: il senso del concetto di “cittadinanza” nella controversa società di oggi.
Ma invece di starmene tranquillo ad osservare quello che succede, mi trovo coinvolto in una performance interattiva che richiede allo spettatore di partecipare in prima persona all'azione rappresentata sul palcoscenico urbano.

Tavolini in piazza Libertà per la performance di @polis (foto Alessandro Tich)

Dovevo capire che non l'avrei passata liscia quando, prenotando il posto, mi era stato detto che ogni turno di rappresentazione (tre repliche giovedì 28 agosto, altre tre venerdì 29 e le ultime tre sabato 30) era riservato a un massimo di 10 spettatori. Nessun'altra informazione: tutto il resto era top secret.
Ma come: solo 10 spettatori in piazza? E tutti gli altri? Solo partecipandovi avrei svelato l'arcano: gli “spettatori” non sono le persone che assistono liberamente allo spettacolo, passeggiando in centro e fermandosi a guardare l'insolito allestimento, ma un gruppo di temerari (a loro insaputa) che si ritrovano volenti o nolenti al centro della scena, seduti a coppie su cinque tavolini in mezzo alla piazza. Il tutto confezionato da Color Teatri, assieme a Barbara Riebolge di Ailuros, specialisti nella ricerca di linguaggi teatrali sperimentali.
@polis - come apprenderò di seguito, a performance conclusa, leggendone l'opuscolo informativo - è un “percorso scenico” che affronta una particolare tesi: e cioè che l'azione civile, ovvero il nostro modo di porci nella società e nei confronti degli altri, è sempre una sfida. La convivenza civile è “un gioco di squadra e individuale” che si apprende sin da bambini: per ottenere quanto si vuole bisogna battere l'altro, seguendo determinate regole. E la stessa condizione di cittadino “presuppone una relazione collaborativa o conflittuale con le scelte, i diritti e le volontà degli altri cittadini”. “Ogni sistema di governo, anche il più libertario - spiegano gli autori -, pretende dal cittadino un'azione affinché la propria volontà venga affermata e difesa. In ogni caso, sarà a discapito dell'interesse e della volontà di qualcun altro.”
Mors tua vita mea? Più o meno è così.
Dunque è questo il messaggio di fondo della provocazione di Color Teatri, ma noi “spettatori” ancora non lo sappiamo.

Serenata rap

Lo spettacolo a cui mi sono prenotato inizia alle 18.30. Qualche minuto prima arrivo alla colonna di San Bassiano, dove lo staff di Operaestate registra le generalità dei partecipanti, e incontro un noto manager bassanese. Aveva preso parte alla performance precedente, conclusasi poco prima: non mi anticipa nulla, ma mi fa capire che avrei avuto delle sorprese.
Me ne rendo conto quasi subito: siamo proprio in 10 e quando parte la musica veniamo messi in fila tra le due colonne della piazza, con cinque ragazze che arrivano lentamente verso di noi. Ciascuna di loro “gestirà” una coppia di partecipanti, prescelta al momento. E' un'incognita totale: io sono il primo ad essere “selezionato” da una delle cinque giovani e vengo “abbinato” ad una gentile signora che pure attende come me di conoscere il suo destino.
La nostra giovane e silenziosa guida (parlerà soltanto per darci degli ordini), prendendoci per mano, ci accompagna al nostro tavolino. E così fanno le altre quattro performer con le loro rispettive coppie.
Ascoltiamo innanzitutto con l'auricolare il monologo di una giovane voce femminile che alla fine, dopo aver parlato dei suoi dubbi e delle contraddizioni sul senso della vita civile, chiede a chi l'ascolta: “mi vuoi aiutare?”. “La volete aiutare, sì o no?” - ribatte la nostra severa accompagnatrice. Nessuno osa dire “no”: si rischierebbe probabilmente l'espulsione per somma di ammonizioni.
E così si prosegue: e adesso arriva il bello, ovvero la fregatura.
Capiamo infatti finalmente, io e la mia compagna di tavolo, che siamo qui per partecipare ad una sfida: alla fine - come appunto nei “giochi di ruolo” imposti dalla convivenza civile - ci sarà un vincitore e ci sarà un vinto. E' una sfida in due prove, ciascuna introdotta da un perentorio “Conoscete le regole?” della nostra accompagnatrice-guardiana.
La prima prova è il gioco del “filetto”: vince chi riesce a allineare per primo in una griglia quattro cerchietti di seguito in senso orizzontale o verticale e, nonostante mi metta d'impegno, io perdo.
La seconda sfida è a braccio di ferro: l'imbarazzo è evidente, ma sia io che la mia gentile “partner” stiamo al gioco e questa volta nella prova di forza ambosessi (ma guarda un po' cosa mi tocca fare alla mia età) vinco io.
Siamo 1 a 1. Non ci resta che fare a testa o croce: e alla fine il perdente sono io.
I cinque vincitori vengono fatti alzare e riaccompagnati al punto di partenza, i cinque sconfitti restano invece al loro posto mentre la musica parte a palla e un sesto performer, un giovane ragazzo, comincia ad esibirsi in cortorsioni di breakdance prima di sottoporre a ulteriori prove, uno alla volta, i cinque rimasti ai loro tavolini. Oramai sono pronto a tutto: e infatti la mia “penitenza” è quella di dover accennare, assieme al bocia, alcune movenze di ballo rap (che cosa vi siete persi).
E' sabato pomeriggio, ed è l'ora di punta dello struscio in piazza: il pubblico (quello “esterno”) si ferma incuriosito attorno a questo inedito allestimento di teatro urbano. Non so, visto da fuori, che cosa sarà stato percepito.
E chissà cosa avrà percepito il gruppone che all'improvviso sbuca rumorosamente da via Bellavitis per celebrare in piazza, già in preda ai fumi dell'alcol, l'ennesimo presunto addio al celibato. L'armata Brancaleone fa la sua comparsa proprio mentre il giovanotto di Color Teatri sta ballando la breakdance: dalle bocche su di giri della allegra compagnia partono urla, risate e commenti non ripetibili. Per fortuna il contenuto artistico della rappresentazione non attira più di tanto i clown di turno, che proseguono dopo un lunghissimo minuto per la loro strada, dove li attende un secondo gruppo di rabaltai intenti a festeggiare un addio al celibato parallelo.
Si conferma la tesi della performance teatrale: nella convivenza civile se tu fai qualcosa, sarà comunque a discapito di un altro. E l'usanza ormai consolidata degli addii al celibato mascherati e alcolizzati è un atto a discapito della pazienza dei bassanesi.

Nel sotterraneo del municipio

Il peggio è passato, ma non è ancora finita. Terminate le “sorprese” in piazza, ciascuna coppia di partecipanti viene nuovamente presa per mano dalla rispettiva accompagnatrice-guardiana e i 10 temerari provvisti di biglietto si incamminano verso cinque diverse destinazioni ignote, dove li attende il medesimo extra-time di partecipazione all'evento.
Io e la mia temporanea compagna di “recitazione” - tenendo per mano la “nostra” ragazza, in mezzo a noi due, che ci guida sul percorso da fare - veniamo indirizzati sotto i portici della piazza in direzione del municipio, ma senza sapere dove cavolo andremo a finire.
Mi aspetto già la gente di passaggio che si volta a guardare questo trio di personaggi che procede a passo lento con lo sguardo un po' sperduto. E invece non ci fila nessuno: probabilmente sembriamo una normale famigliola che si vuole bene (della serie: “stiamo vicini vicini...”) e che si fa una normale passeggiata in piazza mano nella mano.
Superiamo indenni anche questa prova del fuoco e giungiamo - finalmente - a destinazione: la sede del Consiglio di Quartiere Centro Storico nel locale all'inizio di via Matteotti sotto la loggetta del Comune. E' qui che la nostra severa accompagnatrice (ma dopo lo spettacolo l'ho vista anche sorridere) ci indica di scendere per una stretta e piccola scaletta di pietra, di cui non conoscevo l'esistenza, che conduce al vano inferiore.
“Attenti alla testa” - ci avvisa sottovoce, per non rovinare la sacralità del momento, la vice presidente del Comitato Centro Storico Bruna Benesso che sovrintende all'accesso nel locale. Scendendo per l'angusta scala, mi ritrovo in una stanza nascosta dei sotterranei del municipio, con una sola lampada accesa che taglia l'oscurità. Un luogo che stimola la fantasia: non sarà mai, puntando il piede su qualcosa di strano, che sia proprio io a ritrovare il fantomatico oro dei Nazisti? E invece niente caccia al tesoro: siamo qui per partecipare alla seconda parte della performance.
La ragazza che da più di mezz'ora mi sta provocando un surplus di adrenalina mi toglie gli occhiali e mi benda gli occhi: è il pegno che devo pagare per aver perso la sfida in piazza. La mia “avversaria” invece no: è il tributo alla sua vittoria.
Parte quindi un video su uno schermo, che io ovviamente non vedo, con le testimonianze, di cui io ovviamente sento solo le voci, raccolte a Bassano tra gli immigrati di prima e di seconda generazione. E' infatti dall'esperienza degli stranieri residenti nel nostro Paese, e dal loro incontro-scontro con il concetto di cittadinanza, che il progetto di Color Teatri trae origine.
Le testimonianze sono interessanti: parlano, insieme, di conquiste e di rinunce, di integrazione e di nostalgia, dei pro e contro della condizione di nuovi italiani in Italia. Un percorso civile che - come per tutti - è fatto di scelte, che se percepite tuttavia come azioni “a discapito” dell'interesse e della volontà di noi italiani autoctoni, tornando sempre al meccanismo della sfida, possono generare conflittualità.
Chiuso nella mia bella camera oscura di uomo bendato, ascolto con attenzione e finalmente mi rilasso. Anche troppo: finito il video (ovvero l'audio) resto in attesa, fermo impalato, di nuovi sviluppi. Anche la mia controparte, che pure ha il privilegio della vista, non è sicura se siamo arrivati in fondo oppure no.
Poi, dopo un minuto, mi dice: “Guardi che probabilmente è finito. Qui non c'è più nessuno.”
Mi tolgo la benda: lo schermo è spento e la nostra accompagnatrice si è volatilizzata. The End. Siamo liberi. Ringrazio la gentile signora per l'esperienza condivisa e ci salutiamo: è stato un piacere.
Esco alla fine a riveder le stelle (in realtà sono le sette e un quarto di sera e fa ancora chiaro) ritornando in piazza dove, nel frattempo, i due gruppi di rabaltai degli addii al celibato stanno facendo le loro cose tra l'edicola e il Leon Bar.
Per presentare al pubblico dei passanti la loro particolare forma di teatro contemporaneo. Uno dei “festeggianti”, con la parrucca in testa, esibisce un grande fallo in erezione di plastica. Un altro è bardato in calzamaglia, con due ampi squarci sul sedere che mettono in mostra le rivoltanti chiappe.
Del resto, ogni sabato è così: se questa è la polis che abbiamo a Bassano, allora è meglio cambiare aria.

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