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Politica

Non toccatele il Senato

“Non siamo dei meri esecutori cui non resta che alzare la mano in aula.” C'è anche Rosanna Filippin tra i senatori PD solidali col presidente Pietro Grasso, contrario all'abolizione del Senato così come voluta dal Governo Renzi

Pubblicato il 31-03-2014
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Se ne parla già da tempo, ma oggi il nodo è arrivato al pettine. E la prevista bagarre tra i banchi del Palazzo si è puntualmente scatenata.
Il Governo Renzi, nell'odierna seduta del Consiglio dei Ministri, ha dato il via libera all'unanimità al Ddl (disegno di legge) costituzionale che prevede le disposizioni “per il superamento del bicameralismo paritario” - e cioè per la riforma del Senato -, la riduzione del numero dei parlamentari, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte seconda della Costituzione.
Per quanto riguarda la riforma del Senato, è un'autentica rivoluzione: il Ddl costituzionale prevede l'abolizione dell'assemblea di Palazzo Madama e la sua trasformazione in “Assemblea delle Autonomie”.

La senatrice del Partito Democratico Rosanna Filippin. Foto: archivio Bassanonet

Il “nuovo” Senato sarà “non elettivo” e composto da 150 persone: 108 sindaci degli attuali comuni capoluogo, 21 presidenti di Regione e 21 esponenti della società civile temporaneamente cooptati, per un mandato, dal Presidente della Repubblica. Ora la palla passa al Parlamento per l'iter di discussione e approvazione del provvedimento, sul quale il premier fissa alcuni “paletti” che lo stesso ritiene inderogabili. Per i componenti del Senato riformato non sono previste indennità, “essendo già pagati dallo Stato per altra carica”. L'Assemblea delle Autonomie non voterà più la fiducia al governo e le leggi di bilancio, e si potrà occupare solamente “di materia costituzionale ed elettorale, di trattati internazionali, di diritti fondamentali della persona, di commissioni d'inchiesta”.
“Sulla riforma del Senato - ha sottolineato Renzi - spero si possa fare il più rapidamente possibile, noi siamo sensibili allo sforzo del Parlamento ma i paletti sono quelli che abbiamo dato. È fondamentale che si arrivi al 25 maggio avendo approvato il Ddl in prima lettura.”
Una gran bella patata bollente: perché a decidere sulla conversione in legge di revisione costituzionale del Ddl governativo sul de profundis del Senato elettivo dovranno essere, oltre ai deputati, anche i senatori stessi.
Alcuni dei quali non vogliono proprio sentire ragioni su una riforma così epocale che chiede loro di abolire se stessi, in tempi così stretti e soprattutto “a scatola chiusa”.
E ad accendere la miccia nelle ultime ore è stato proprio il presidente del Senato Pietro Grasso, le cui dichiarazioni diffuse ieri (“Il Senato non va abolito, resti eletto dai cittadini”) oltre ad alimentare uno scontro a distanza con Renzi hanno rinfocolato la fronda degli eletti a Palazzo Madama contrari in toto all'abolizione del Senato o parzialmente favorevoli, come una frangia del PD, a condizione che si preveda una quota di almeno un centinaio di rappresentanti eletti dal popolo.
Grasso ha affermato di “non essere un conservatore” e “di essere il primo che vuole eliminare questo tipo di Senato”, ma aggiunto che la bozza di riforma “è una contraddizione in termini” e che l'Italicum (riforma elettorale) più il monocameralismo può rappresentare “un rischio per la democrazia”. “Così - ha avvertito il presidente del Senato - i numeri non ci sono.”
Dichiarazioni che oltre ad alimentare uno scontro a distanza con Renzi hanno rinfocolato la fronda degli eletti a Palazzo Madama contrari in toto all'abolizione del Senato o parzialmente favorevoli, come una frangia del PD, a condizione che si preveda una quota di almeno un centinaio di rappresentanti eletti dal popolo.
Un dissenso sulle modalità della riforma voluta dal premier, nonché segretario del loro stesso partito, che alcuni senatori del Partito Democratico - tra cui la bassanese Rosanna Filippin - hanno già messo due settimane fa nero su bianco, promuovendo sull'argomento il cosiddetto “documento dei 25”, siglato da altrettanti rappresentanti del gruppo PD al Senato.
E lo stesso gruppo promotore (oltre alla Filippin, i senatori Francesco Russo, Massimo Caleo, Valeria Cardinali, Stefano Esposito e Stefano Vaccari) in queste ore si allinea esplicitamente con la posizione di Grasso.
"Non ci si chieda - scrivono i “dissidenti” del PD - di essere meri esecutori cui non resta che alzare la mano in aula. Si lasci la porta aperta a soluzioni migliorative che potrebbero emergere dal lavoro parlamentare e dal necessario dialogo fra maggioranza e opposizioni.”
Della serie: non toccateci il Senato. Almeno non in questi termini, con una riforma che vuole trasformarlo in senatino di pura rappresentanza e dal ruolo solamente consultivo nei confronti del Governo e di un Parlamento ristretto ad un'unica Camera. Ma Renzi preme per il cambiamento: “Chi vuol bloccare le riforme è minoranza al Senato e nel Paese.”
Un bel braccio di ferro, tutto orientato a sinistra.

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