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Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
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Special report

Attualità

I due volti della Siria

La tragedia del Paese su cui oggi sono puntati gli occhi del mondo raccontata alla “Festa delle Culture” di Bassano del Grappa dai due scrittori italo-siriani Shady Hamadi e Amani El Nasif

Pubblicato il 10-09-2013
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“Un attacco alla Siria non è la soluzione. Un attacco degli Usa, per mettersi l'animo in pace, rafforzerà la propaganda di regime. Arriveranno più armi in Siria, ma per essere usate all'interno del Paese. Non spareranno missili verso l'Occidente.”
Parola di Shady Hamadi, giovane scrittore italo-siriano, nato in Italia, il cui padre - esiliato dopo persecuzioni, prigionie e torture in patria - è stato un attivista dell'opposizione alla dittatura di Damasco.
Oggi Hamadi è una voce tra le più autorevoli del sostegno alla rivolta siriana e della promozione dei diritti umani nella martoriata repubblica araba, su cui sono concentrati in questi giorni gli occhi del mondo. Una testimonianza in prima linea - che lo vede impegnato con rubriche sulla stampa, interventi pubblici e dibattiti in televisione - sulla situazione della nazione governata dal pugno di ferro del regime di Bashar al-Assad, che l'autore racconta nel suo recente e fortunato libro “La felicità araba”, dove la tormentata storia della sua famiglia si intreccia con quella della “rivoluzione siriana”.

Da sinistra: Amani El Nasif e Shady Hamadi alla "Festa delle Culture" di Bassano del Grappa (foto Alessandro Tich)

Shady Hamadi è stato il relatore di un atteso e attualissimo incontro dedicato alla Siria - reso possibile grazie alla collaborazione del libraio bassanese Marco Bernardi -, inserito nel programma della 9° “Festa delle Culture” svoltasi lo scorso weekend, per l'organizzazione dell'Associazione Il Quarto Ponte, a Palazzo Bonaguro a Bassano del Grappa.
Assieme a lui, per parlare della tragedia del suo Paese, la dolce e determinata Amani El Nasif: nata in Siria ma cresciuta a Bassano, protagonista di una particolare vicenda personale quando a 16 anni, innamoratasi di un ragazzo italiano, è stata riportata dalla famiglia con una scusa nella terra di origine - a cui è fortemente legata - per poi scoprire di dover sottostare a un matrimonio combinato con un cugino, mai conosciuto. Un obbligo a cui Amani, con grandi difficoltà, si è ribellata riuscendo alla fine a ritornare in Italia e a riprendersi la propria vita, raccontando la sua storia nel libro “Siria mon amour”.
Due esperienze di vita completamente diverse, eppure accomunate dall'impegno della pubblica sensibilizzazione sul dramma della Siria di oggi, sconvolta dallo scontro tra i ribelli e il regime scoppiato ancora nel 2011 (oltre 100 mila morti secondo le stime dell'Onu) ma di cui il mondo sembra essersi accorto solo nelle ultime settimane, e cioè dal 21 agosto 2013: il giorno dell'attacco dei governativi a Damasco con armi chimiche, tra le quali il gas sarin, che avrebbe provocato 1400 morti.
“Il 21 agosto - ha affermato Hamadi - il mondo si è risvegliato. La denuncia è partita dai Medici Senza Frontiere, che hanno trattato circa 3500 persone con sintomi da neurointossicazione. La questione è che oggi si sta riscoprendo che la guerra in Siria ci interessa davvero. La domanda è: perché soltanto ora? Sono passati due anni e mezzo, gli unici bombardamenti sulla popolazione sono quelli dell'aviazione siriana, il massacro conta una media di 100 morti al giorno. Ci sono stati altri massacri nel 2001, nel 2004 sui curdi, nel 2005, nel 2006. La gestazione del potere di Assad si è basata sulla protezione delle minoranze che vivono nel Paese oltre alla maggioranza sunnita: gli alawiti, gli sciiti, i cristiani. La guerra diventa oggi confessionale, e alimenta così il jihadismo. La Siria è stata sempre caratterizzata da una convivialità millenaria: ora abbiamo da una parte la rivoluzione del popolo, dall'altra la guerra al massacro del regime e da un'altra parte ancora la guerra confessionale, con un odio settario che si alimenta col massacro del regime, in cui il jihadismo fondamentalista attecchisce. Il popolo combatte due fondamentalismi: quello in nome di Dio, che aspira al potere di un califfato, e quello in nome di un presidente.”
Ci sono chiari segnali che la situazione sta precipitando, anche dai contatti diretti coi famigliari che vivono in Siria. Amani El Nasif ha riferito delle ultime telefonate disperate di alcuni parenti e della sparizione di una sua cugina, di cui da giorni non si hanno notizie. “Ci sono vittime di continuo - ha raccontato la giovane siriana-bassanese -. C'è una avvocatessa siriana, Razan Zeitune, che è rimasta nel Paese per denunciare al mondo quanto sta accadendo e che conta tutti i giorni il numero dei morti.”
In attesa di conoscere le decisioni delle varie stanze dei bottoni, e a seguito anche dei ripetuti appelli alla pace del Papa, come districarsi quindi in questo drammatico e intricatissimo puzzle?
“Se aspiriamo al benessere internazionale - ha sottolineato Shady Hamadi - dobbiamo dialogare con l'altra sponda del Mediterraneo, parlare con gli arabi e non degli arabi. Nella comunità internazionale, questa è finalmente l'occasione per l'Unione Europea di avere una politica estera comune, con una coesione diplomatica che sia in grado ad esempio di dire alla Russia di non mandare navi cariche di armi nel Mediterraneo. Un attacco “mirato” di Obama non porterebbe nessun frutto, provocherebbe solo un'escalation della reazione interna del regime e dei pasdaran di Hezbollah mandati dall'Iran in supporto di Assad.”
Senza contare i circa due milioni di profughi siriani, di cui un milione di bambini, rifugiati nei Paesi confinanti: una bomba umanitaria che sta passando ancora sotto silenzio. La Siria, del resto, non è all'altro capo del mondo: si trova a sole quattro ore di volo dall'Italia. “I siriani - hanno concluso Hamadi e El Nasif - ci chiedono solo più solidarietà.”
Sono i due volti della Siria. Non solo quelli dei due giovani scrittori impegnati nella causa della ancora non maturata “primavera siriana”, ma anche quelli di una popolazione che cerca drammaticamente il distacco tra il passato e il presente di una dittatura con un apparato di potere capillare e “14 servizi segreti” e un futuro ancora da scrivere, a sua volta sospeso tra i possibili e opposti scenari della democrazia e del fondamentalismo: per una transizione che, comunque andrà a finire, “durerà decenni”.

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