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Brassaï. L’occhio di Parigi

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Brassaï. L’occhio di Parigi

Alessandro TichAlessandro Tich
Direttore Responsabile
Bassanonet.it

All Stars

Il grande Balasso

Un'intervista seria all'Aperitivo teatrale, un mini-show improvvisato al termine della stessa e poi due ore e mezza di esilarante monologo con il suo “Stand up”: a Operaestate Festival a Bassano, Natalino Balasso travolge tutto e tutti

Pubblicato il 09-08-2013
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Brassaï. L’occhio di Parigi

“Spero che ti troverai un lavoro serio in futuro.”
E' la battuta che Natalino Balasso mi spara addosso mentre gli sto scattando la foto per questo articolo, dopo avergli detto solamente un secondo prima che ero un giornalista.
E' un grandissimo e incontenibile oratore il celebre attore e comico di Porto Tolle, “esploso” in Tv una dozzina di anni fa (vi ricordate il pornodivo veneto di Zelig?) prima di dedicare il suo talento a una carriera teatrale - sia in veste di attore che di autore -, e anche narrativa, di tutto rispetto.

Natalino Balasso, mattatore a Bassano (foto Alessandro Tich)

Balasso parla sempre, tanto e volentieri: con il pubblico prima, durante e dopo l'”Aperitivo teatrale” sul belvedere del Castello degli Ezzelini (anteprima del suo spettacolo serale per Operaestate Festival), mentre sorseggia una birra al bar del Castello e anche quando gli scatti una fotografia. Ed è una continua scarica di freddure, di gag improvvisate, di battute di spirito e di acute osservazioni.
“Io continuo a parlare, è la mia terapia” - scherza l'attore mentre si avvicina al bancone del bar all'aperto senza mollare il microfono a filo che fino a qualche istante prima aveva utilizzato per rispondere alle domande di Mattia Pontarollo di Color Teatri, nell'intervista pre-spettacolo abbinata all'“Aperitivo teatrale”.
Intervista nel corso della quale Balasso dimostra di avere cose molto interessanti e molto serie da dire riguardo a temi non certamente leggeri come il rapporto con la religione, il capitalismo, il teatro che “vive nella contemporaneità tra l'opera e il fruitore”, la satira che “o è solo sberleffo, o è la verità che il potere non ti racconta”, le leggi del mercato e della pubblicità che esprimono “il paradosso del commercio, e cioè del plusvalore che diventa valore”, la cultura “che è fatta dalle abitudini di un popolo, per cui quando tiriamo su i capannoni, quella è la nostra cultura” e in generale i fenomeni sociali che traggono origine “dalle catene di cui siamo circondati”.
La prova scientifica del fatto che un artista che fa della comicità - anche se non in modo esclusivo - il filo conduttore dei suoi spettacoli e del suo “essere sul palcoscenico” deve vedere il mondo con occhio critico e severo.
Salvo poi tornare ad essere il Balasso di sempre - ironico, scanzonato e soprattutto divertentissimo - quando meno te lo aspetti: e cioè alla fine dell'intervista “impegnata”, quando si mette lui a fare irriverenti domande al malcapitato intervistatore (“Come si chiama il vostro gruppo teatrale?” “Color Teatri”. “E da dove prende il nome?”. “Da un caffè di Bassano, il Color Caffè”. “Tu mi fai domande sui messaggi della pubblicità, e prendete il nome da un bar?”...) per poi concedere un mini-show fuori programma, sempre col microfono al seguito, al banco del bar di Operaestate (gestito nell'occasione dallo staff del Caffè dei Libri), a beneficio degli astanti.
Solo un piccolo assaggio del grande Balasso che dopo poco più di un'ora, sull'attiguo palco dell'Ortazzo - e con un microfono e una sedia come unica scenografia - travolge tutto e tutti con il suo “Stand up”: quasi due ore e mezza di irrefrenabile monologo che riprende, con l'aggiunta di divagazioni e di improvvisazioni al momento, alcuni pezzi forti del suo repertorio.
Ce n'è davvero per tutti i gusti e per tutte le risate: dall'esilarante racconto dell'Iliade e dell'Odissea (l'episodio di Ulisse nell'isola dei Feaci, dove tutti i nomi finiscono in doppia vocale, “oo” oppure “aa”, è da antologia della sganasciata) alla spassosa predica del prete in “pavano”, dialetto di campagna in cui si usano pochissime consonanti; e dalla serie di scioglilingua dell'improbabile tema storico dei “somari dei sumeri semiti” fino alla tragicomica discesa di Cristo e di San Pietro ai giorni nostri sul Delta del Po e alle disavventure di un famiglia - ovviamente veneta - alle prese coi souvenir portati a casa dalla figlia, di ritorno da un viaggio esotico.
E' un Natalino Balasso in forma smagliante quello che intrattiene il pubblico da tutto esaurito accorso a Bassano per vederlo e ad applaudirlo ad Operaestate Festival. Uno che prende le cose così seriamente da farti capire che molti aspetti della vita sono fatti, fortunatamente, per riderci su.

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