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Attualità

Ottocento bambole nude in piazza Libertà

La performance artistica, realizzata da Silvia Gribaudi e Anna PIratti e promossa da B.motion, lancerà una provocazione contro lo sfruttamento e la schiavitù delle donne. I passanti saranno invitati a raccogliere una bambola e a prendersene cura

Pubblicato il 22-08-2012
Visto 4.801 volte

Ottocento bamboline tipo “Barbie”, tutte nude, gettate a terra alla rinfusa per richiamare l'attenzione dei passanti. I quali, se lo vorranno, potranno raccoglierne una alla volta e prendersene cura, vestendola con un abito di fortuna disponibile sul posto, e riponendola in un luogo sicuro per ridarle la dignità di persona.
Accadrà sabato prossimo, 25 agosto, alle ore 16, in piazza Libertà a Bassano del Grappa: a creare l'insolita provocazione sarà la performance “Toys? move on!” ideata dall'artista veneziana Anna Piratti e realizzata assieme alla coreografa e performer torinese Silvia Gribaudi per la sezione “Architetture del corpo” del cartellone danza di B.motion, l'appendice di Operaestate Festival dedicata ai nuovi linguaggi delle arti performative.
Un evento all'insegna dell'“Art in Action” che si propone di attirare l'attenzione sul problema dello sfruttamento delle donne, ovvero - come spiega l'autrice - delle molte donne e bambine in tutto il mondo che “sono trattate come merce, trafficate da un paese all'altro e vendute come fossero giocattoli”.

Una precedente performance di "Toys? move on!" in piazza dei Signori a Padova (foto: annapiratti.com)

Centinaia di bambole saranno quindi “gettate a terra, scomposte, senza abiti, etichettate tutte allo stesso modo con un codice a barre. Un modello unico di corpo plastificato, oggetto di disinteresse e soggetto dei ricordi di gioco di ogni individuo che è stato bambino”.
Un “percorso attivo” che è ispirato all'articolo 4 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo: “Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma”.
E' questo, in definitiva, il messaggio di fondo di una “Toy Story” tutta particolare.

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