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Per dirla alla Gianni Morandi, solo un’azienda veneta su due ce la fa.
Stiamo parlando delle offerte di lavoro per il mese di settembre che, secondo le rilevazioni di Confindustria, lasciano scoperto un posto disponibile su due.
Tecnicamente si parla di “mismatch”, ovvero lo scostamento tra domanda e offerta di lavoro, la frattura tra le professionalità ricercate dalle aziende e il “saper fare” della forza lavoro sul mercato.

In Veneto le imprese prevedono nel mese di settembre 52mila assunzioni (+1,2%), ma il 54,4% delle richieste è destinato a restare scoperto.
Gli ultimi dati, elaborati in questo caso da Confindustria Veneto Est, disvelano un problema per il funzionamento dell’economia veneta che potrebbe diventare nel medio termine una criticità strutturale della nostra economia. Sono 51.940 i lavoratori ricercati dalle imprese in Veneto per il mese di settembre: 10.070 a Padova, 9.940 Treviso, 7.990 Venezia e 1.950 Rovigo (sono le quattro province raggruppate da Confindustria Veneto Est), 610 in più (+1,2%) rispetto a quanto programmato un anno fa. Per l’intero trimestre settembre-novembre 2023 le assunzioni previste sfiorano 138mila, in aumento dello 0,8% (1.080 in più) rispetto all’analogo periodo 2022.
«Continua però a crescere – scrive Confindustria Veneto Est - la difficoltà di reperimento segnalata dalle imprese: su 52mila assunzioni previste dopo la pausa estiva, ben 28.260 sono considerate dagli stessi imprenditori “difficili” da realizzare. Siamo al 54,4%: un “mismatch” che ormai riguarda più di un’assunzione su due, in aumento di sei punti percentuali rispetto a dodici mesi fa (era intorno al 35% prima del Covid, nel 2019), con punte comprese tra il 70% e l’80% per molte figure tecnico-scientifiche, ingegneristiche, informatiche e di operai specializzati».
Una delle cause principali del “mismatch” nel mercato del lavoro regionale è riconducibile in parte alla formazione scolastica: i percorsi di studio scelti dalle giovani generazioni non producono le competenze che il sistema produttivo regionale richiede. A questo si aggiunge inoltra una demografia impietosa che restringe anno dopo anno la platea di ragazze e ragazzi che si affacciano al mondo del lavoro, a prescindere dal bagaglio di competenze scolastiche e professionali. Su questo specifico aspetto del lavoro, il dato dell’economia veneta risulta peggiore della media nazionale. A livello nazionale si registra infatti un “mismatch” al 47,6%, nel Sud e Isole al 43,5% e nel Centro al 45,9%, mentre il valore nel Nord Ovest (47,4%) si mantiene vicino alla media. Fonti Unioncamere-ANPAL alla mano, tra le principali regioni in termini di flusso di assunzioni, il Veneto segnala la più alta difficoltà di reperimento, rispetto a Lombardia (122mila contratti e difficoltà di reperimento pari a 46,5%), Lazio (56mila e 38,0%), Emilia Romagna (49mila e 51,9%) e, infine, Campania (42mila e 41,0%).
«Un bollettino che conferma come causa prevalente del mismatch la “mancanza di candidati”, a seguire la “preparazione inadeguata”.
Tutto ciò in un mercato del lavoro che sta tenendo; e con un numero di Neet in Veneto (ragazzi che non studiano, non lavorano) pari al 13,9% (il più basso d’Italia) e un abbandono scolastico in calo ma al 9,3%.
Segnali da non trascurare, vista anche la denatalità in atto (perdiamo 10.000 studenti l’anno), alla vigilia del nuovo anno scolastico che prenderà avvio il 13 settembre.
Non possiamo perdere altro tempo: solo una formazione più aderente al mondo del lavoro può garantire il futuro dei giovani e la competitività del sistema produttivo. I nostri talenti infatti sono un bene prezioso, e purtroppo sempre più raro, dobbiamo saperli formare, trattenere e offrire loro le giuste opportunità, in termini di carriera oltre che economiche. L’investimento in competenze, in primis tecnico-scientifiche, è quindi strategico: più si è formati, e più lo si è in linea con i fabbisogni delle aziende, più si avrà maggior qualità in termini di lavoro e salario», afferma Francesco Nalini, Consigliere delegato Confindustria Veneto Est per l’Education.
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