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Salari sotto pressione, inflazione, pensioni. Intervista al Segretario della CGIL Bassano Emerico Calgarotto

Pubblicato il 18-03-2023
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Dopo anni di relativa quiete e di paralleli sconvolgimenti arrivati all’improvviso (prima la pandemia e dopo la guerra), sembra ritornata sul piano della politica anche quella che un tempo si chiamava questione sociale. Inflazione persistente, costo della vita in fortissimo aumento, sistemi pensionistici da ritoccare (basta dare un’occhiata a quello che sta succedendo in Francia). Nonostante la “visita di pace” della premier Giorgia Meloni al congresso della CGIL, il sindacato guidato da Maurizio Landini ha fatto sapere che non ci sarà nessun tipo riavvicinamento con le scelte del governo e si preannuncia dunque una primavera sociale molto calda. Dal livello nazionale noi dobbiamo evidentemente calarci sul piano localissimo del ragionamento sindacale e lo facciamo con Emerico Calgarotto, segretario della CGIL di Bassano e Marostica. Una realtà sindacale a tutto tondo che va dalla FIOM (metalmeccanici) fino alla FISAC (assicurazione e credito), passando per tutti gli altri comparti, compresa la potente SPI, la sigla che rappresenta i pensionati.
Emerico Calgarotto è succeduto alla storica sindacalista bassanese Fabiola Carletto, prematuramente scomparsa qualche anno fa.
Arriva dall’esperienza delle tute blu della FIOM e oltre alle problematiche del territorio bassanese si occupa anche della categoria FILLEA, i lavoratori delle costruzioni e del legno.

Emerico Calgarotto, segretario della CGIL di Bassano e Marostica


Segretario Calgarotto, la CGIL ha appena chiuso il suo appuntamento congressuale. Sono i salari e gli stipendi dei lavoratori la vostra prima urgenza?
«Salari, stipendi e pensioni sono stati falcidiati dagli aumenti dei beni di prima necessità a dagli aumenti delle bollette. Per noi questa è la prima emergenza da affrontare per evitare che aumentino ancora le famiglie in povertà assoluta e relativa e quindi la disuguaglianza sociale. Nulla ha fatto il governo su questo fronte e per questo abbiamo scioperato a dicembre 2022 contro la legge di bilancio del governo Meloni».

La premier è venuta ad ascoltare le vostre posizioni, un’iniziativa non scontata. Ci riassume qual è la nuova linea della CGIL?
«Servono interventi veri da parte del governo sulle bollette, misure fiscali a favore dei redditi da lavoro e da pensione ed una sanità di qualità. Soprattutto universale e gratuita, per evitare che chi ha meno non si curi per mancanza di risorse. Servono poi i rinnovi dei CCNL per recuperare tutta l’inflazione ed una legge sulla rappresentanza per sconfiggere la piaga dei CCNL “pirata”, firmati cioè da sindacati fasulli e privi di rappresentatività, applicati dalle aziende perché a loro più favorevoli».

Rispetto all’erosione del potere d’acquisto, si moltiplicano i casi di aziende che si muovono sul fronte dei benefit e dei premi una tantum ai dipendenti. Sono più avanti le imprese private delle istituzioni pubbliche?
«Sono iniziative sicuramente utili per affrontare questa emergenza salariale, ma noi pensiamo in primo luogo che vadano negoziati con le RSU e le OO.SS. nella contrattazione di secondo livello. In secondo luogo, pensiamo che queste misure aziendali non debbano essere in sostituzione delle misure strutturali ma aggiuntive».

L’inflazione al 12% si accavalla in Veneto ad una situazione in cui i salari e gli stipendi sono tra i più bassi d’Italia. Tutto questo può rendere più complicata la rappresentanza dei vecchi ceti medi?
«Non è vero che in Veneto le retribuzioni sono le più basse d’Italia, sono inferiori rispetto a regioni come Lombardia ed Emilia, al pari rispetto ad altre e superiori a quelle del Sud. Certo, esiste una forte divaricazione tra le retribuzioni: sono più alte nei settori nei quali la contrattazione collettiva, nazionale e di secondo livello, è presente, quindi soprattutto nell’industria e nelle aziende più grandi. Sono più basse, o meglio ci sono più divari, laddove noi non siamo presenti ed organizzati. Sono più basse mediamente tra le lavoratrici e soprattutto tra lavoratrici e lavoratori con contratti precari e part time involontari».

Il Veneto compete economicamente con il treno delle regioni più industrializzate del Paese dell’Europa. È chiaro che è quello il riferimento anche per valutare salari e stipendi.
«Le cause principali sono riferibili alla forte presenza di piccole e piccolissime aziende dedite soprattutto alla subfornitura, che faticano ad effettuare grossi investimenti in innovazione, quindi con un valore aggiunto inferiore rispetto ad altre realtà e settori. Qui si riscontra l’esistenza di un mercato del lavoro con moltissimi contratti precari e moltissimi part-time imposti, quindi con retribuzioni inferiori. In Veneto è ancora presente la cultura del “piccolo è bello” ed una mentalità ostile verso la contrattazione collettiva, fattori che non aiutano certo il giusto riconoscimento salariale di lavoratrici e lavoratori».

Nel bassanese un forte movimentismo delle sigle sindacali si è avuto recentemente con la crisi della casa di riposo ISACC.
«È una crisi di particolare rilievo perché interessa trasversalmente lavoratori ma anche ospiti, familiari, dirigenza e amministrazione comunale. Sono stati applicati rincari inauditi alle rette degli ospiti, unici in tutto il territorio vicentino e questo mentre alcuni servizi agli stessi venivano a mancare, o venivano trasformati a pagamento o in appalti, con conseguente riduzione di quella qualità assistenziale un tempo riconosciuta da tutti. La presidenza persevera nell’affermare che il costo del personale è eccessivo, la verità è che si vuole fare cassa sul costo del lavoro e quindi sulle condizioni e qualità di erogazione dei servizi agli ospiti. Tutto questo mentre vi è carenza di organico ed un clima organizzativo sempre più pesante. Serve un vero, profondo e radicale cambio di passo».

Qual è la vostra posizione aggiornata?
«In sintesi ribadiamo un fermo “No” ad ogni forma di privatizzazione del servizio pubblico. “No” ai rincari delle rette, “sì” a servizi e prestazioni agli ospiti che non prevedano pagamenti aggiuntivi. “Sì” a forme di razionalizzazione delle spese di acquisto o gestione aggregata con altre IPAB per favorire economie di scala. “No” ad esternalizzazioni nascoste dietro la difficoltà a reperire personale. È previsto a breve un incontro con l’amministrazione comunale: siamo fiduciosi che questi punti vengano risolti immediatamente».

Nei prossimi mesi di incertezza economica globale, nel vicentino ci sono comparti che rischiano di più dal punto di vista occupazionale?
«I dati economici relativi al vicentino, territorio manifatturiero per eccellenza, non segnalano per fortuna ancora in modo evidente una fermata dell’attività produttiva, molto temuta e preannunciata nel corso degli ultimi mesi del 2022. È evidente comunque che il permanere di alti costi energetici e delle materie prime colpirà proprio le aziende ed i settori più energivori».

Anche il sindacato vede dunque maggiori problemi sul fronte della mancanza di lavoratori specializzati?
«In generale, sappiamo che in questo momento manca personale per tutte le attività produttive, dall’industria al commercio, dai servizi al pubblico impiego, sanità e case di riposo in particolare.
Da tempo invece il manifatturiero lamenta in particolare la carenza di figure tecniche e di personale con studi scientifici».

Sono necessari nuovi flussi di lavoratori immigrati?
«Sicuramente sarebbe necessaria da un lato una politica migratoria per reperire personale necessario per le attività produttive, visto anche il trend demografico della nostra regione. Dall’altro una politica di accoglienza per gestire il fenomeno migratorio, favorendo veri percorsi di integrazione. Anche attraverso il riconoscimento di nuovi diritti ai migranti, come per esempio il riconoscimento derivante dallo “ius soli”».

Gli infortuni sul lavoro continuano ad essere un dramma di proporzioni troppo ampie anche in Veneto.
«Nel Veneto allarmano i dati INAIL relativi agli infortuni sul lavoro e alle malattie professionali. Nel 2022 abbiamo registrato 113 decessi (+7,62% sul 2021), secondi tra le regioni dopo la Lombardia, 83.885 denunce di infortunio (+20,83% sul 2021), secondi in Italia, 3.917 denunce di malattia professionale (+14,67% sul 2021)».

Nel vicentino?
«La situazione è nella media regionale per decessi, denunce di infortunio e malattie professionali. Sul tema la nostra attenzione è altissima. La nostra iniziativa spinge per chiedere maggiori controlli, per chiedere risorse e personale per gli SPISAL delle ULSS e per costruire una diffusa cultura della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Ad esempio portando, come stiamo facendo, nelle scuole e nei luoghi di lavoro lo spettacolo teatrale “Quanto dura un secondo – Non si scherza sulla sicurezza”, realizzato nell’ambito del tavolo sull’emergenza infortuni sul lavoro costituitosi in Prefettura a Vicenza».

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