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L’Eni in giornata ha fatto sapere che i flussi di gas russo destinati all’Italia attraverso il punto di ingresso di Tarvisio sono congelati.
Non è ancora chiaro se lo stop derivi da una diminuzione reale voluta da Gazprom o se invece sia l’Austria a trattenere il gas in transito nel suo territorio.
Si sta avvicinando dunque, con segnali sempre più nitidi, lo scenario di una crisi energetica totale, non solo sul fronte dei prezzi ma anche sulle possibilità di mantenere l’attuale standard di consumi energetici. Un’economia di guerra di cui avevamo anticipato qualche tratto all’inizio del conflitto in Ucraina con Andrea Visentin, l’allora presidente degli industriali bassanesi, caratterizzata da razionamenti, lockdown intermittenti per le aziende energivore e bollette devastanti per imprese e famiglie. L’inverno industriale sarà duro, durissimo, in attesa che l’Italia riconfiguri in parte la sua politica di approvvigionamento energetico.

Gas e inflazione taglieranno di quasi due punti il Pil, che per l’anno venturo dovrebbe registrare solo un modesto +0.1%, a fronte di un 2022 che si chiuderà invece ad un comunque molto positivo +3.4%. L’ultimo rapporto di previsione di Prometeia sconta una riduzione nel consumo di gas ed energia elettrica da parte delle famiglie di circa il 7% entro il 2023, sia per l’aumento del loro prezzo sia per rispettare le regole di austerità organizzate a livello governativo. Sempre Prometeia avverte che nel 2022 il peso dei costi a carico delle aziende per energia elettrica e gas sul valore della produzione arriverà al 2.4%, con punte vicino al 15% per alcuni comparti (nel 2019 l’incidenza media era dell’1.1%).
Sugli effetti devastanti del rincaro delle materie prime e dell’energia si è soffermata anche l’ultima indagine congiunturale di Federmeccanica. «Hanno determinato un impatto significativo sui costi di produzione nel 79% delle imprese che hanno partecipato all’indagine. Per oltre la metà (52%), gli elevati costi di energia e materie prime hanno comportato la riorganizzazione del lavoro e dell’attività produttiva, mentre per due su dieci si è verificata una riduzione dell’attività di investimento. Il 7% rischia di dover interrompere l’attività produttiva. Era il 4% nella scorsa rilevazione».
Nel settore metalmeccanico, il maggior utilizzatore di metalli, a giugno i prezzi alla produzione sono aumentati in termini tendenziali del 14,6%. Dinamiche che stanno ridimensionando i margini di profitto delle imprese in combinato disposto con l’incremento dei costi delle bollette energetiche. Il risultato è che il 68% delle imprese interpellate ha registrato una riduzione del margine operativo lordo. I dati delle due indagini che abbiamo riassunto brevemente sono come sempre relativi ai mesi che abbiamo già vissuto, difficili ma comunque ancora caratterizzati da elementi di normalità. Un futuro prossimo con il gas ad intermittenza cambierebbe in un attimo tutte le percezioni sulla gravità della crisi.
Il Nordest delle imprese ritorna dunque ad avere paura del futuro, forse ancora di più di quanto avvenne nella prima parte della pandemia. Per il nuovo governo a guida Fratelli d’Italia, l’economia e la tenuta del nostro sistema industriale sarà il primo severissimo banco di prova.
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