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Alghe preistoriche risvegliate dopo 7mila anni
Mancano camerieri, cuochi, operai e “as usual” profili specializzati. I tecnici dell’Itis o dello Scotton sono contesi dalle aziende metalmeccaniche, con vere e proprie gare per scegliersi i ragazzi del quarto e quinto anno più in gamba.
Non eravamo però abituati a sentire che anche pizzerie, bar e ristoranti si affidano ai centri per l’impiego e alle agenzie interinali private per trovare camerieri e cuochi.
Questo “buco “sul mercato del lavoro lato offerta, almeno qui da noi nel vicentino e nel bassanese, apre a molte e divergenti interpretazioni. Pizzerie&Co hanno prima messo in cassa integrazione e in molti casi licenziato i dipendenti e questi ultimi in parte hanno trovato nuove occupazioni nelle fabbriche. E da lì, almeno sondando qualche caso specifico di lavoratori e datori di lavoro, non vogliono tornare indietro.

Lara Bisin, vicepresidente di Confindustria Vicenza con delega al Capitale Umano
Rimane tristemente sullo sfondo un piccolo esercito di giovani “Neet” (Neither in Employment or in Education or Training) che non lavorano a prescindere, sia per la mancanza dei titoli giusti sia semplicemente per il fatto che non ne hanno bisogno.
Lara Bisin, vicepresidente di Confindustria Vicenza con delega al Capitale Umano, da un paio di mesi è cittadina bassanese, “molto felicemente”, come dice lei stessa.
Sostiene che «se ci fossero più diplomati e laureati nelle materie STEM a Vicenza si potrebbe avere una disoccupazione giovanile praticamente pari a zero. Le aziende rallentano la produzione non per mancanza di ordini, ma perché non si trovano abbastanza tecnici da impiegare».
La “intercettiamo” al telefono, al termine di una riunione con la sezione giovani edili di Confindustria. «Mi dicono che ci sono pochi iscritti alla “Scuola Costruzioni Andrea Palladio”, ed è un vero peccato perché è una scuola gioiello. Io stessa sono rimasta stupida dalle materie di studio, dalle competenze che si imparano».
Le ultime fotografie che avete a disposizione sul mercato del lavoro giovanile?
«Il problema storico del mismatch tra domanda e offerta è cosa nota. Le imprese devono imparare a raccontarsi meglio, noi imprenditori dobbiamo fare di più per dare informazioni aggiornate su quello che è realmente oggi il mercato del lavoro. Soprattutto ai genitori dei ragazzi più giovani».
Oltre alle croniche carenze di tecnici, post pandemia mancano all’appello camerieri, cuochi, operatori socio sanitari, la lista è lunga. Non manca proprio una classe demografica, di giovani in età lavorativa, che la crescita zero ha quasi estinto?
«Gli imprenditori lo dicono da tempo. Entro il 2033 mancheranno all’appello circa 1,4 milioni di studenti. Ne parlavo con il Provveditore di Vicenza, già ora il problema demografico è evidente nei numeri degli iscritti alle scuole Elementari. L’onda lunga alle Medie e alle Superiori la vedremo tra qualche anno. Se ci aggiungiamo i problemi dell’abbandono scolastico, che è troppo alto anche qui da noi, e dei “Neet”, ovvero dei giovani che non lavorano né studiano, abbiamo di fronte un problema gigantesco per la nostra economia».
Provoco: quanto la convince la tesi che ci sia una non indifferente quota di giovani che in molti casi sta meglio a casa con la mamma e il papà? Semplicemente perché la situazione economico familiare glielo permette.
«Questo è un tema che mi spaventa, non solo come imprenditrice. Possiamo permetterci di avere con questa demografia una parte di giovani “dispersa”? Visto che ha parlato di provocazione, allora mi chiedo: non è che siamo diventati tutti troppo permessivi, a partire dalle famiglie?».
La sua interpretazione?
«I giovani hanno vissuto davvero due anni durissimi. Non penso sia una questione di benessere, è una questione valoriale. Se non trasmettiamo ai giovani i valori positivi di un percorso scolastico di buon livello, della partecipazione alla vita sociale attraverso il lavoro, non possiamo dare la colpa a loro della situazione».
Qui da noi non diamo la colpa al Reddito di Cittadinanza, giusto? Il Veneto è la Regione con la minore erogazione di sussidi.
«Non sono d’accordo, ha avuto un impatto forte anche qui. Molti colleghi durante le selezioni si sentono dire: “Per quella cifra sto a casa”. Ci vuole la consapevolezza dei propri limiti, del proprio curriculum, e ci vuole anche una giusta dose di umiltà. Non possono pretendere stipendi elevati al primo impiego. Molto meglio chiedere un giusto stipendio e un percorso formativo per crescere».
Non c’è uno straordinario problema di salari e stipendi bassi in Italia? Non voglio scomodare ragionamenti antistorici sulla Scala mobile, ma con una inflazione al 7% la questione salariale diventa seria.
«Sì, ma è un problema collegato soprattutto al cuneo fiscale. O si mettono le aziende nelle condizioni di aumentare gli stipendi o non si può pensare di scaricare sempre tutto sui datori di lavoro. Tante aziende fanno molto, moltissimo, anche per il loro welfare aziendale, ma non hanno la forza per farsi carico di tutto».
Arriviamo alle figure STEM. Chi studia materie scientifiche trova subito lavoro. Semplifico: lei dice che è colpa delle famiglie se gli studenti non scelgono questi studi?
«Il problema dell’orientamento è molto più ampio, però ci sono dei dati oggettivi. La Camera di Commercio di Vicenza stima che il fabbisogno delle figure STEM è al 60% del totale richiesto dal mercato. Siamo lontanissimi da questi numeri. Le famiglie sono in parte impermeabili a questi messaggi. Mio figlio deve diventare dottore, lo sentiamo spesso giusto?».
È una aspirazione naturale dei genitori dalla notte dei tempi.
«Certamente, ma bisogna vedere anche quello che il tuo territorio economico mette a disposizione. Quanti altri avvocati rimarranno delusi dalla mancanza di opportunità se continuiamo così? Mi permetta anche un ragionamento di “genere” sulla scuola e sulle opportunità».
Prego.
«Le ragazze devono avere le possibilità di mettere a frutto i propri talenti in tutti gli ambiti, proprio a partire dalle materie STEM. Lo stesso Pnrr mette in campo risorse per le materie scientifiche e la parità di genere».
Il segretario della CISL Raffaele Consiglio afferma che gli imprenditori dovranno chiedere sanatorie e nuove politiche migratorie per portare da noi forza lavoro. Lo pensa anche lei?
«Il problema è già sul tavolo. Dobbiamo diventare sempre di più un territorio attrattivo, per tutti i lavoratori, quelli con alta specializzazione e per la manodopera senza particolari qualifiche».
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