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Sono arrivati gli ultimi dati di Veneto Lavoro sull’occupazione. Un ventaglio di informazioni utili per capire cosa sta succedendo e cosa potrebbe succedere dopo lo sblocco dei licenziamenti. Lo spunto da cui partire per questa veloce rassegna del lavoro nel Veneto e nel vicentino me l’ha fornito un post sui social. Si chiede un bassanese: “Se una marea di aziende cerca personale, come mai ci sono tante persone che lo cercano?”. La domanda è semplice, le risposte invece non lo sono affatto. Il mismatch, come dicono gli esperti, è probabilmente una delle risposte di questo tempo: chi offre lavoro non trova le competenze giuste nella platea di chi è in cerca di una busta paga. Ma il sentore comune non coincide perfettamente con la tendenza regionale che Veneto Lavoro ha “fotografato” al 31 luglio: si registra un saldo occupazionale positivo per 6.473 posizioni di lavoro dipendente, un risultato superiore addirittura a quello del 2019 (+5.700). Da segnalare che circolavano in queste settimane molti timori legati allo sblocco dei licenziamenti tenuti congelati per legge fino allo scorso 30 giugno. Certamente in un mese non può cambiare il mondo, ma i dati di Veneto Lavoro danno dei segnali che vanno ben ponderati. Proprio in provincia di Vicenza le associazioni di categoria hanno di recente lanciato un appello pubblico alla ricerca di piastrellisti e posatori, figure ormai pressoché introvabili.
La Scuola di Costruzioni “Andrea Palladio” offre gratuitamente corsi e tirocini a scopo di assunzione per disoccupati e inattivi. In generale manca la manodopera qualificata e le aziende lottano per accaparrarsi personale formato. Il trend in corso sull’occupazione è ben delineato da Tiziano Barone, direttore di Veneto Lavoro.

Tiziano Barone (Veneto Lavoro)
«Vicenza è un territorio a prevalente carattere manifatturiero e in base agli andamenti che stiamo osservando non ci sono, al momento, particolari elementi di preoccupazione. Anche lo sblocco dei licenziamenti, seppure attualmente limitato ad alcune tipologie di imprese, non sembra aver prodotto i temuti scossoni, tanto sul mercato del lavoro regionale quanto nel vicentino».
In effetti, secondo le elaborazioni aggiornate di Veneto Lavoro, il bilancio occupazionale dei primi sette mesi dell’anno (+73.000 posizioni lavorative) è
ormai similare a quello registrato nel pre-pandemia nell’analogo periodo del 2019 (+82.000). Anche il volume delle assunzioni si attesta su livelli simili a quelli del 2019 e mostra anzi un incremento (52.300 rispetto alle 48.700 di due anni fa). Predominano i contratti a tempo determinato: nel mese di luglio di quest’anno se ne contano quasi 40.000 (+12% rispetto al 2019). Cresce anche l’apprendistato (+8%), mentre i contratti a tempo indeterminato mostrano una flessione (-13%). Percentuali da valutare tuttavia in un contesto generale dell’economia veneta, come sintetizza Tiziano Barone.
«Dobbiamo considerare che l’85% della forza lavoro dipendente in Veneto ha un contratto a tempo indeterminato e che tra il 2008 e il 2020 la struttura dell’occupazione in regione non è cambiata. All’ingresso nel mercato del lavoro è normale che spesso ci si imbatta in un contratto a termine, ma per molti lavoratori la stabilizzazione arriva già nei primi anni di lavoro».
Per quanto riguarda l’occupazione giovanile è presto per fare previsioni ma ci sono alcuni elementi positivi da annotare. In aumento a luglio le attivazioni di lavoro intermittente, lavoro domestico, tirocini e collaborazioni. A beneficiare maggiormente della ripresa del lavoro a termine, collegato evidentemente anche al settore turismo, sono appunto i giovani e le donne.
«In Veneto abbiamo un tasso di disoccupazione giovanile storicamente inferiore alla media nazionale. Nel 2020 eravamo al 21,9% rispetto al 29,4% nazionale. Sono percentuali piuttosto elevate, è vero, ma dobbiamo considerare che il balzo lo abbiamo registrato a cavallo della grande crisi del 2008: fino ad allora in Veneto non avevamo mai superato il 13%, mentre dal 2010 in poi non siamo più scesi sotto il 18% e il Covid non ha certo contribuito a migliorare la situazione. Anche in questo caso, politiche attive efficaci e universali, unite ad una formazione che avvicini i giovani al mondo del lavoro, possono rivelarsi un punto di partenza importante per invertire il trend».
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