Laura VicenziLaura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it

Interviste

A Sacro Cuore non c'è il mare, ma c'è Tricarico

Il Teatro “Giuseppe Gnoato” di Sacro Cuore di Romano d’Ezzelino ha ospitato sabato 1° marzo una tappa del tour di Tricarico. Il nostro a tu per tu con l'artista milanese

Pubblicato il 02-03-2025
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Ieri sera, sabato 1 marzo, il Teatro “Giuseppe Gnoato” di Sacro Cuore di Romano d’Ezzelino ha ospitato Tricarico in concerto.
Scelta come primo appuntamento di un nuovo ciclo della rassegna artistica e culturale “Le Notti de il Bandito”, organizzata da Gianfranco Gandolfi, è stata una tappa del “Buonasera io sono Tricarico - Teatri Tour 2025”, serata che ha avuto come protagonista il cantautore lombardo, musica, testi e la sua storia, privata e pubblica (qui il nostro annuncio: shorturl.at/dHPcV).

Tricarico a Romano d'Ezzelino (nella foto, con Francesco Bettin)

Francesco+Tricarico, sul palco e di fronte il pubblico, nel corso dello spettacolo offre un racconto allestito in musica da menestrello, inteso come cantore di versi cortesi, e riflette ad alta voce muovendosi in andate e ritorni in una sorta di danza mimata con la sua vita. Tutto fluisce e scorre tra la canzone e il recitativo, in qualche momento il canto è affidato a un flauto traverso.
Di fronte uno specchio, Ticarico disegna con parole e note una moderna commedia umana che narra di un bambino ferito diventato un abile costruttore di mondi fantastici, orbitanti tra realtà e fantasia. Costruito da trame di donne, Francesco ogni tanto deve fare i conti con fili che si rompono e con cuciture-cicatrici, messi ben in evidenza in canzoni come Amo e Mi manchi negli occhi.
L’incontro con questo mondo poetico abitato da persone e da animali ma non del tutto “francescano” (poetico è anche il suo disincanto “disperato”) è stato introdotto dalle canzoni impegnate di Gaetano Nicosia, esibitosi in versione acustica accompagnato alla chitarra da Vincenzo Fiumara.
Una serata da club milanese d’élite, anche un po’ francese nei tratti, migrata non si sa come – per così dire, in realtà si sa bene chi ringraziare – nel bel teatro immerso nel verde di Romano d’Ezzelino.
Tricarico è stato accompagnato da Michele Fazio al pianoforte, anch’egli diventato personaggio di un racconto che ha messo in scena un bestiario notturno inverosimile popolato di paperelle e maialini, cavalli, qualche elefante… L’arca felice, colta naturalmente a “cantare” nella penombra che precede il giorno, dovrà affrontare l’attacco di un lupo, che interpreterà il suo ruolo di lupo – la scelta se quest’ultimo sarà lasciato vivere dopo l’aggressione secondo natura alle più deboli creature l’ha presa dalla platea un bambino: questa volta sì, il lupo è sopravvissuto. Questione di Punti di vista, si canterà poi.
Lettere e appunti e fogli con i testi delle canzoni spesso di mezzo, a testimoniare insieme a una scrivania-banco di scuola l’amore per la scrittura, si è presa il suo spazio in alcuni momenti la voce dell’invettiva, perché il disincanto disperato si traduce anche nelle note alte di qualche imprecazione non rimasticata tra i denti, ma sputata ben forte e ben lontano. Altrove, l’opera di Tricarico vira con leggerezza in tocchi d’assurdo, come accade quando fa ascoltare Pomodoro.
Sane risate, per il gioco di parole fraintendibili che ha fatto rifiutare a Gianna Nannini la canzone scritta con dedica per lei. In una sorta di teatro sommerso, Francesco+Tricarico hanno creato nello spettacolo un amalgama di dramma e comicità, mettendo in evidenza i tratti comuni di un’esistenza nel loro carattere universale, non ignorando le unicità di una non-Vita tranquilla, in cui la musica incontrata da piccoli è stata salvifica.
Qualche domanda al protagonista di questo interessante, artistico e poetico, concerto-reading in forma di concept show musicale: il nostro consueto a tu per tu... con Tricarico.

Dal pianto sconsolato di un bambino ferito sul foglio bianco all’invettiva, dalla maestra p… a un lungo elenco che fa i nomi di cose e genti che stanno sul c…: c’è sempre intorno qualcuno che tradisce.
Sì, non ci avevo pensato, forse sì, c'è una fiducia tradita alla base. Credo ci sia la presa di coscienza di un disincanto. Sullo sfondo c’è l’attesa, la condotta cristallina di Francesco che si accorge che a nessuno interessa veramente di lui. Questa attenzione che si immagina di avere intorno non è di questo mondo, nelle persone che ci circondano. Accade ovunque che ci si possa sentire traditi, soprattutto nel campo politico, ma anche altrove. La maestra doveva stare più attenta, ma c'è di base un tradimento non proprio soggettivo, un po' karmico. Sarebbe bello che ognuno si curasse davvero del prossimo.
Un altro settore difficile, con altri, è quello spettacolo, un contesto complesso dove non si emerge mai da soli. Sono mondi concorrenziali quelli che pratichiamo, dove tutti ambiscono in modo diverso ad avere degli ascoltatori.

“La situazione non è buona”: la speranza nei figli, canta. Davvero? una delega?
Nella canzone lo dico, basterebbe dire di no. La delega del futuro ai figli, è vero, è un po' uno scaricarsi dalla responsabilità, però sento in questa generazione, nei miei figli, una grande sensibilità. Bastebbe essere coraggiosi in tempi così pavidi, così poco gentili. Mi sento tradito in particolare sotto l’aspetto dell’epica umana: non c'è più nulla di eroico ed è terribile, anche la Chiesa ha gettato la spugna di fronte alla mera sussistenza fisica. Si era mai visto nella Storia, che cedessero tutti i valori più nobili? Quelli del coraggio, della sfida, della vita, con loro lo spirito laico, pagano o anche profondamente religioso.
Credo che questi anni vogliano farci perdere l'orientamento, sono in realtà molto orientati per qualcuno. L'obiettivo credo che sia quello di farci perdere i valori più umani, più misteriosi, più belli e degni di nota: dall'amore, al mistero, alla religione, tutte cose che non possono essere quantificate o insegnate dalla tecnologia. Ci sono in campo molti interessi e una tendenza a portare tutto a un livello molto basso, per convincerci della nostra inutilità. Sono discorsi molto complessi, me ne rendo conto. Trovo che sia un momento in cui è importante essere più coraggiosi, temere un po' meno la morte, essere meno vili – al massimo cosa succede? che si muore, ma morire è implicito.

Una carriera eclettica, dove le arti visive hanno avuto ampio spazio di espressione: quale il linguaggio preferito? le canzoni come “visioni” messe in musica?
Sono cose diverse, non si tratta di visioni messe in musica, sono attività sempre andate avanti parallele. Da ragazzino mi piaceva andare per gallerie, ho avuto la fortuna di trovare un professore molto in gamba al liceo musicale del Conservatorio, ci iniziò al mondo dell'arte, delle gallerie, per cui iniziai a dipingere e coraggiosamente andai di persona a portare i miei lavori di arte contemporanea (primordiali a dire il vero). Però mi divertivo molto. Era un'esigenza che avevo, quella di praticare le gallerie più importanti, dove a volte mi rimbalzavano, altre mi davano dei consigli utili. Parallelamente c'era la musica, l’impegno al Conservatorio. Credo che l'arte sia meno razionale rispetto alla musica e alle parole, meno logica, almeno accade nel mio caso, dato che mi dedico all'astratto.
In questi ultimi tempi mi sto impegnando più nella scrittura e nella musica. Sto usando un'area diversa della creatività, un lavorio che poi avrà i suoi ritorni e riscontri nell'arte. Credo che siano due muse gelose l'una dell'altra, inizio a crederci seriamente, per cui mi sto dedicando solo alla musica – non vorrei che se la prendesse perché mi do alla pittura, per cui sono fedele. Torna il tema del tradimento.

Tricarico scrive molto, anche libri. Cosa ama leggere?
Ultimamente leggo poco. D’abitudine leggo di tutto, dai saggi etimologici a testi su amore e odio, alla poesia (Pavese, Montale, Keats), anche romanzi. Non ho una cultura accademica in proposito, per cui sono andato e vado avanti molto in libertà: saggi di matematica non capendo nulla di matematica, film in russo senza capire nulla di russo… mi diverte. Si procede andando dove le cose ci portano, si avanza per incontri, consigli, ma anche seguendo direttive di livello cosmico. Credo ci siano cose imponderabili, misteriose, portano ad accadere cose che se non ci fosse stato prima qualcosa di assolutamente casuale non sarebbero accadute. È il bello della vita. Il mio leggere è legato questa casualità piuttosto “apparente”, direi.

Vita tranquilla Vs vita spericolata: venticinque anni di carriera artistica fanno propendere inevitabilmente verso la prima?
È un augurio che mi sono sempre fatto, quello di avere una vita tranquilla. L'ho molto cercata, ma fondamentalmente ho una vita inquieta, stressata e irrisolta, in senso buono, per cui… “vitale”. Un amico una volta mi disse: “Be', è vita, la vita è questa”. La vorrei più tranquilla, ma rimane così, anche dopo anni e anni riesco comunque a ricreare situazioni destabilizzanti. Spero di capirne la ragione, in fretta.

Progetti proiettati nel futuro?
C'è questo bello spettacolo che sta girando, è interessante: ci sono dei momenti recitati dove parla questo ragazzino, Francesco, e poi un adulto (io, Tricarico). Una formula che coniuga narrazione e musica, con alcuni accorgimenti di tipo scenico. Racconta ciò che sono.



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