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Laura Vicenzi
Giornalista
Bassanonet.it
AlePop, Minato, Rossi: interviste fuori catalogo
Chiuderà domenica 2 marzo, la mostra allestita nella Chiesa di San Giovanni Battista 3 Ex Ragazzi Visionari
Pubblicato il 01-03-2025
Visto 231 volte
Chiuderà concluso il fine settimana, ultimo giorno di utile per la visita domenica 2 marzo, la mostra 3 Ex Ragazzi Visionari, allestita nella chiesa di San Giovanni Battista, in centro città. Tanti i visitatori che sono entrati a visitarla e ad ammirare le opere presenti create da AlePop, Enrico Minato e Joseph Rossi. Dell’inaugurazione-lampo e del suo contenuto abbiamo scritto qui: shorturl.at/ylztg.
Riportiamo ora, per gentile concessione di Marco Maria Polloniato e Fabiola Scremin, alcuni passi dell’intervista a tre voci rivolta agli artisti contenuta nel catalogo della collettiva, in modo da restituire la parola (mai le da lui odiate didascalie) anche ad AlePop-Alessandro Staffa, morto per malattia il 18 febbraio. L’avvio con il racconto della sua arte.
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l'ingresso alla mostra ospitata nella Chiesa di San Giovanni Battista
“Grafico, illustratore, fumettista, pittore, organizzatore di mostre, editore: qual è la definizione che meglio ti rappresenta?
Sembra che siano un sacco di attività distinte una dall'altra, ma in realtà sono la prosecuzione della mia predisposizione alla comunicazione visiva. Partito come grafico, poi fumettista e illustratore mi sembrava naturale diventare anche un ideatore/editore/organizzatore. Mi ritrovo bene in tutti questi ruoli, che hanno caratterizzato le fasi della mia vita artistica.
Ci sono autori che hanno influenzato in maniera determinante il tuo approccio al segno o alla costruzione dei personaggi e delle storie?
In primis Jacovitti, poi Andrea Pazienza. Una lunga stagione con quel fumetto che proponeva lui e Frigidaire: un fumetto cosiddetto underground, che mi ha coinvolto moltissimo. Poi nell'età un po' più matura ho scoperto due talenti: Keith Haring e Jean-Michel Basquiat, che insieme a Mirò hanno costellato i miei sogni di disegnatore. Poi spero che col tempo si sia realizzato un mio stile personale, che ho chiamato nel 1982 “Sgorbionismo-Idee Zeero, Conteenuti Meeno”. Ironico e dissacrante, perché mi ero stancato del mondo dell'arte così serioso. Ma questa è un’altra avventura.
Sei sempre stato un attento osservatore della condizione socio- politica del paese, attivo in circuiti poco ortodossi e di difficile inquadramento. Ti senti un antagonista per natura?
Non mi sento un antagonista per natura, mi reputo una persona che ragiona con la propria testa e quindi non accetto di essere un lecchino di congrega. Chiaramente sono stato sempre di sinistra, soffrendo per l'inconcludenza di quest'area politica e la spocchia espressa: mi spiace che non riesca più a parlare al mondo. Il disegno politico non l’ho mai fatto; Non ho mai scelto la satira politica e son sempre stato distante da stili ad esempio alla Vauro, Vincino, Forattini, Staino, etc. Ho preferito fare sottile satira di costume ovvero parlare della gente normale e delle sue immense contraddizioni. Quindi non mi sento antagonista, ma un gran polemico e provocatore che non accetta il servilismo di nessun tipo. Penso che concluderò la mia esistenza in questa maniera. Non accetterò mai di ubbidire ai dogmi. L’obbedienza, quella supina, è una qualità infame dell’essere umano.”
Sempre tratta dal catalogo, la presentazione di Joseph Rossi, artista thienese (questo il suo sito: www.josephrossi.com), inerente a nascita ed evoluzione del suo ruolo di comunicatore visivo.
"Qual è stata la scintilla che ti ha spinto a scegliere una professione, il ‘comunicatore grafico’, mai così attuale come oggi?
Niente scintille, ma un fuoco sacro. Ricordo il fascino che avevano per me i pochi cartelloni pubblicitari che punteggiavano i bordi strada nei lunghi viaggi in auto con i miei genitori verso Genova nella mia infanzia. Mi piaceva disegnare, l’ho sempre fatto, fin da bambino. Sono seguiti studi artistici senza una chiara idea di ‘cosa fare da grande’. Mi avvicinai alla tecnica dell’acquarello studiando con attenzione l’opera di Otello De Maria, un bravo paesaggista vicentino. Realizzai scorci di Vicenza che mi permisero di racimolare qualche spicciolo ma, soprattutto, di affinare la tecnica. Così mi avviai all’illustrazione e qui avvenne il primo contatto con la pubblicità. Negli anni ottanta era molto richiesta dalle agenzie pubblicitarie come alternativa alla fotografia e iniziai così varie collaborazioni in Veneto e a Milano. In quel periodo iniziai una collaborazione con l’azienda Zamperla, uno dei principali player mondiali nel mercato delle attrazioni per i parchi di divertimento e per qualche anno dipinsi scenografie per le giostre, lavori enormi, venti metri per quattro, che poi venivano nei parchi di divertimento in tutto il mondo: Coney Island, Eurodisney o Disney World. Furono gli art director delle agenzie con cui collaboravo come illustratore che mi suggerirono di dedicarmi anche alla grafica, al graphic design, offrendomi opportunità che ho accolto con entusiasmo avviandomi a una professione che ancora non conoscevo. Si poteva disegnare e questo mi bastava. Ma la grafica ormai mi aveva sedotto e così abbandonai l’illustrazione per intraprendere questa nuova passione, prima come free-lance, poi con la mia prima agenzia, a Vicenza. Seguii tuttavia un percorso personale lasciando l’agenzia da poco fondata per stringere una stretta collaborazione con Diesel in cui, prima di dare vita all’attuale studio a Thiene, diressi il dipartimento di grafica per anni.”
A Enrico Minato, altro protagonista delle interviste molto interessanti contenute nel catalogo – la pubblicazione presenta anche fotografie di parte delle opere in mostra, emblemi di quella che è stata definita ironicamente dagli stessi autori “boomer art” – una domanda da parte nostra, indagante il comune denominatore che li ha accomunati nella carriera artistica e che creava un legame stretto con l’opera di AlePop, ovvero:
L’ironia, dove compare, che ruolo assume nella vostra arte? Richiede spesso un certo grado di comprensione o di complicità con chi si avvicina all’opera. L’ironia diventa “seria” quando agisce come strumento di decostruzione, poi c’è l’autoironia, territorio che non è praticato da tutti.
L’ironia è una cosa seria! Bisogna avere una grande consapevolezza, conoscenza e poi distacco dalle cose. Non credo ci voglia comprensione o complicità con chi si avvicina all’opera, casomai è il pubblico o meglio l’individuo che deve aprirsi alla comprensione. L’arte non ha mai cercato di farsi capire, l’arte (con il dibattito) crea la cultura e la cultura a sua volta crea il diritto e in mancanza di diritti la società scivola nell’inciviltà. Con l’autoironia ho creato molti lavori con il mio cognome, dal campo Minato (2000) con le mine (scatolette alimentari con al posto dell’etichetta una banconota jugoslava) ai video, alle performance, alle T-shirt.
Riguardo all’attenzione al paesaggio che evidenziano le opere di Minato esposte nella collettiva, il poeta visivo e performer che vive e opera a Crespano (Pieve del Grappa) ha spiegato che ha realizzato dei multipli in serigrafia con l’orizzonte, e ha ricordato le prime esperienze concretizzate all’interno della Land Art. La natura nella forma visiva del paesaggio è sempre stata presente nel suo lavoro.
Informazioni: apertura della mostra sabato e domenica dalle ore 10 alle 12.30 e dalle ore 15 alle 19. L’ingresso è libero.
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